Siamo come la proverbiale rana nella pentola. Continuiamo a stare a guardare – o, meglio, purtroppo è la grande maggioranza dell’umanità che resta a guardare ‒ mentre intanto la temperatura dell’acqua in cui nuotiamo, più o meno placidamente, continua a salire e salire. Nei giorni scorsi due notizie, diverse nella loro natura e qualità, ma messe insieme davvero esplosive, hanno rappresentato in modo eloquente che cosa significhi nei fatti l’emergenza climatica, e che pericolo rappresenti per il pianeta.

La prima, il record di 62,3°C di temperatura percepita a Rio de Janeiro, in Brasile. La seconda, il record nella temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (marzo 2023-febbraio 2024), la più alta mai registrata.

Il caldo record in Brasile

Cominciamo dal Brasile, che in questi giorni sta vivendo contemporaneamente un’ondata di caldo soffocante e piogge torrenziali di proporzioni notevolissime nel sud del Paese, nello Stato del Rio Grande do Sul. Domenica 17 marzo, così, a Rio de Janeiro, alle 9.55 di mattina nel quartiere occidentale di Guaratiba è stata raggiunta una temperatura percepita di 62,3° (mentre quella effettivamente raggiunta ha toccato i 42,3°C).

La temperatura percepita, a differenza di quella misurata, è una stima di come percepiamo la temperatura sulla base di altri fattori ambientali oltre alla temperatura dell'aria misurata, come l’umidità, il vento e l’esposizione diretta alla luce solare. Si sa che la forte umidità elevata fa sentire l'aria più calda di quanto lo sia, impedendo la rapida evaporazione del sudore, che ha un effetto raffreddante, così come il vento.

Per sfuggire al caldo soffocante la popolazione ha preso d’assalto le spiagge di Rio, a cominciare da quelle di Ipanema e Copacabana, mentre chi poteva ha cercato refrigerio nel parco della Tijuca, un’area verde montuosa nel cuore della città. Inevitabile un massiccio ricorso all’aria condizionata, e grandi disagi nelle aree più povere della grande città.

Contemporaneamente, alla frontiera con Uruguay e Argentina si sono verificate fortissime piogge, con inondazioni, alluvioni e un’ondata di freddo. Gli scienziati attribuiscono questi eventi estremi e l’instabilità meteorologica al cambiamento climatico e El Niño, un fenomeno climatico ciclico che vede il riscaldamento del Pacifico centro-orientale di almeno 0,5° per circa 7-9 mesi. El Niño impatta su vaste aree della Terra, ma andrà a concludersi dopo maggio 2024.

Il riscaldamento globale ha superato gli 1,5°C

Ma passiamo alla temperatura misurata. Secondo i dati dell’osservatorio climatico dell’Unione Europea Copernicus e del CNR-ISAC (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima), il nostro pianeta non è mai stato caldo come negli ultimi 12 mesi. Per la prima volta, infatti, il riscaldamento globale ha superato la media globale di 1,5°C in modo continuativo nel periodo tra marzo 2023 e febbraio 2024. Per la precisione, la temperatura media è risultata di 0,68°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020, e addirittura di 1,56°C al di sopra della media dell’era tra il 1850 e il 1900, considerato il periodo di riferimento.

Il mese di febbraio 2024, secondo l’analisi dell’Istituto europeo per le previsioni del tempo, è stato il febbraio più caldo registrato a livello globale, con una temperatura superficiale dell’aria media di 13,54°C, ovvero di 0,81°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 e di 1,77°C oltre la media del periodo 1850-1900.

Non è certo una sorpresa per gli scienziati. Come spiega il direttore del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus (C3S), il climatologo italiano Carlo Buontempo, “il continuo riscaldamento del sistema climatico porta inevitabilmente a nuovi estremi di temperatura. Il clima risponde alle attuali concentrazioni di gas serra nell’atmosfera e quindi, a meno che non si riesca a stabilizzarle, ci troveremo necessariamente di fronte a nuovi record di temperatura globale e alle loro conseguenze”.

Nuovi record di temperatura significano infatti fenomeni climatici sempre più estremi e sempre più vaste conseguenze. Tra questi, il riscaldamento degli oceani, con una temperatura superficiale marina media globale (lontano dai Poli) a febbraio 2024 di 21,06°C, la più alta per qualsiasi mese nella storia dei dati, più dei 20,98°C dell’agosto 2023. O l’estensione del ghiaccio marino nell’Artico, che nell’ultimo anno è stata del 2% al di sotto della media, non ancora ai minimi raggiunti nel febbraio 2018 ma molto sotto ai valori osservati degli anni Ottanta e Novanta. Soffre anche il ghiaccio marino nell’Antartico, al minimo mensile annuale, con un 28% sotto la media, non lontano dal minimo storico del febbraio 2023 (-33%).

E infine, soffre anche l’Italia. In particolare, secondo i dati CNR-ISAC sia febbraio che l’inverno meteorologico sono stati i più caldi mai registrati dal 1800 a oggi, rispettivamente +3.09°C e +2.19°C rispetto alle medie del periodo 1991-2020. Magari sono numeri aridi ma ‒ a proposito di percezione ‒ visibilmente sotto gli occhi di tutti e che sentiamo tutti sulla nostra pelle. La transizione ecologica è troppo lenta, è partita troppo tardi, ha troppi avversari. E il prezzo lo pagheranno tutti gli esseri viventi del pianeta.

 

Immagine: Envato

 

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