Gli SDG (Sustainable Development Goals), gli Obiettivi di sviluppo sostenibile che sono al centro dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, sono irraggiungibili. A meno di mettere in moto una trasformazione totale del finanziamento del sistema di cooperazione e aiuto internazionale, riformando il sistema finanziario internazionale e colmando il gap tra esigenze ed effettive risorse disponibili per lo sviluppo con una somma immensa: oltre 4 triliardi di dollari (4.000 miliardi di euro). È questo il tutt’altro che esaltante messaggio che emerge dal nuovo rapporto dell’ONU dal titolo 2024 Financing for Sustainable Development Report: Financing for Development at a Crossroads (FSDR 2024), presentato a New York nei giorni scorsi.

Lo studio, elaborato grazie al lavoro di 60 agenzie delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, chiarisce in modo inequivocabile che il centro della crisi mondiale dello sviluppo sostenibile è la finanza. E che il peso schiacciante del debito per i Paesi in via di sviluppo, con gli elevatissimi e “sconcertanti” tassi di interesse che si devono accollare per ottenere risorse, impedisce loro di rispondere alla concomitanza di crisi che l’umanità sta affrontando. Basti pensare che circa il 40% della popolazione mondiale vive in Paesi in cui i Governi spendono più per il pagamento degli interessi che per l’istruzione o la sanità.

Costa meno raggiungere gli obiettivi 2030 che riparare i danni

Sono dunque indispensabili passi urgenti per mobilitare finanziamenti su larga scala al fine di colmare il divario di finanziamento dello sviluppo, ora stimato a 4,2 trilioni di dollari all'anno. Un gap che è molto cresciuto rispetto ai 2,5 trilioni di dollari stimati prima della pandemia di Covid-19. Nel frattempo, le crescenti tensioni geopolitiche, i disastri climatici e la crisi globale dei prezzi e del costo della vita hanno colpito miliardi di persone, compromettendo, a cominciare dai Paesi più poveri, i progressi ottenuti e ancora raggiungibili in questi sei anni che mancano al target del 2030 nel campo della salute, dell'istruzione e degli altri obiettivi di sviluppo.

“Due recenti rapporti del Fondo monetario internazionale e dell’OCSE chiariscono nettamente che cosa è più conveniente e cosa sia meno conveniente per l’umanità”, spiega a Materia Rinnovabile il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini. “Certamente sforzarci per raggiungere alcuni SDGs come quelli su salute, infrastrutture ed energia avrà un costo importante. Ma sarà molto più costoso, anche in termini economici, accettare di non raggiungerli, o non contrastare il cambiamento climatico e investire in una riduzione delle emissioni in linea con gli accordi di Parigi.” Insomma, la spesa per raggiungere i target dell’Agenda 2030 è nettamente più bassa della spesa per riparare i danni che deriveranno dal non averli raggiunti. “Non c'è dubbio che serva un investimento super per raddrizzare la situazione ‒ è la conclusione di Giovannini ‒ ma, come emergerà anche dal Rapporto che presenteremo a maggio in occasione del Festival ASviS, più si ritarda l'aggiustamento più salato sarà il conto da pagare. Quindi rinviare è una scelta oltre che suicida anche economicamente sbagliata.”

Gli impegni finanziari per il clima non vengono rispettati

"Questo rapporto è un'altra prova di quanto ancora dobbiamo fare e di quanto rapidamente dobbiamo agire per raggiungere l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile", ha dichiarato Amina J. Mohammed, vicesegretaria generale delle Nazioni Unite. "Siamo veramente a una svolta e il tempo stringe. I leader devono andare oltre la mera retorica e mantenere le proprie promesse. Senza un finanziamento adeguato, gli obiettivi del 2030 non possono essere raggiunti.”

Se non si cambia strada, secondo la Task Force on Financing for Development dell’ONU, “dal 2030 quasi 600 milioni di persone continueranno a vivere in estrema povertà, più della metà delle quali donne”. Il rapporto afferma che “nei Paesi meno sviluppati tra il 2023 e il 2025 il servizio del debito ammonterà a 40 miliardi di dollari l’anno, in aumento di oltre il 50% rispetto ai 26 miliardi di dollari del 2022. Nei Paesi vulnerabili i disastri più forti e più frequenti legati al clima rappresentano oltre la metà dell’aumento del debito. I Paesi più poveri spendono oggi il 12% delle proprie entrate in pagamenti di interessi, quattro volte di più di quanto spendevano dieci anni fa”.

E il mondo devastato dal cambiamento climatico e dalle guerre sta facendo passi indietro invece di andare avanti verso la giustizia climatica e sociale. Il rapporto evidenzia che “mentre agli inizi degli anni 2000 gli investimenti nei settori degli SDG erano cresciuti costantemente, le principali fonti di finanziamento per lo sviluppo stanno ora rallentando”. I gettiti fiscali dei Paesi più deboli sono più o meno inchiodati ai valori del 2010, soprattutto a causa dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Le aliquote fiscali sul reddito delle società stanno diminuendo, “con le aliquote fiscali medie globali scese dal 28,2% nel 2000 al 21,1% nel 2023, a causa della globalizzazione e della concorrenza fiscale”. Nel frattempo, gli aiuti allo sviluppo ufficiale dai paesi OCSE e gli impegni finanziari per il clima non vengono rispettati. Sebbene gli aiuti internazionali allo sviluppo (Official Development Assistance, ODA) siano aumentati in cifra assoluta fino a raggiungere un record storico nel 2022, 211 miliardi di dollari (erano 185,9 nel 2021), gran parte della crescita è dovuta agli aiuti ai rifugiati che vivono nei Paesi donatori, e l'ammontare totale è inadeguato per lo sviluppo. Nel 2022 soltanto quattro Paesi hanno rispettato il target ONU di aiuti allo sviluppo, ovvero lo 0,7% del PIL nel 2022.

“Non c’è carenza di denaro ma di volontà e impegno”

La conclusione del rapporto ribadisce che l’architettura del sistema finanziario internazionale, varata alla Conferenza di Bretton Woods nel lontanissimo 1944, non è più in grado di rispondere alle esigenze dell’umanità, e che ora occorre “un nuovo sistema coerente che sia meglio attrezzato per rispondere alle crisi, aumenti gli investimenti negli obiettivi di sviluppo sostenibile, soprattutto attraverso banche multilaterali di sviluppo più forti, e migliori la rete di sicurezza globale per tutti i Paesi”. L’occasione per una svolta ci sarebbe: a settembre si terrà lo United Nations Summit of the Future, mentre a giugno 2025 si terrà la Quarta conferenza internazionale per la finanza dello sviluppo (Fourth International Conference on Financing for Development, FfD4), che sarà il momento critico per capire se i Paesi si impegneranno a colmare il gap di finanziamenti dello sviluppo per investire davvero nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Per Li Junhua, sottosegretario generale ONU per gli affari economici e sociali, “stiamo vivendo una crisi di sviluppo sostenibile, alla quale hanno contribuito disuguaglianze, inflazione, debito, conflitti e disastri climatici. Per affrontare questo problema sono necessarie risorse, e i soldi ci sono. Miliardi di dollari vengono persi ogni anno a causa dell’elusione e dell’evasione fiscale, e i sussidi ai combustibili fossili ammontano a trilioni. A livello globale, non c’è carenza di denaro, piuttosto una carenza di volontà e impegno”. Amina Mohammed lancia un monito ed esprime la speranza che “di qui alla Conferenza FfD4 sia colta l’opportunità che si presenta una volta ogni 80 anni per riformare in modo completo l’architettura finanziaria”.

 

Immagine: UN Photo/Mark Garten

 

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