– dai nostri partner –

 

L’attuale crisi finanziaria ha inevitabilmente messo in difficoltà i vecchi modelli economici. Da un lato i fallimenti dei meccanismi di mercato hanno rafforzato l’area dell’economia keynesiana associata a una forte critica sulle disuguaglianze distributive; dall’altro hanno aperto le porte a nuove riflessioni sulla scarsità delle risorse, la difesa degli ecosistemi naturali e le energie rinnovabili (vedi Agliardi e Spanjers, 2016) per fornire soluzioni potenziali alle attuali sfide ambientali. Una delle strategie più in voga per risolvere alcuni fallimenti cruciali del mercato è l’economia circolare.

I casi presentati sono sviluppati all’interno di Cesme, un progetto europeo sull’economia circolare nelle piccole e medie imprese, e analizzati, in tale contesto, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Scienze economiche dell’Università degli Studi di Bologna. La ricerca si è focalizzata sulle piccole e medie imprese: da questa esperienza sta nascendo un e-book che approfondisce i casi e le esperienze di seguito illustrati. Si tratta di un tentativo nuovo di mettere assieme competenze universitarie, esperienze di imprese e visione europea sull’economia circolare.

A livello di processi industriali uno degli strumenti per l’attuazione dell’economia circolare è rappresentato dalla simbiosi industriale e dai parchi eco-industriali, probabilmente una delle direzioni di lavoro più promettenti nei prossimi anni.

 

Tre casi studio

LOWaste (mercato dei rifiuti locali per i prodotti di seconda vita)

Nel Comune di Ferrara, la produzione di rifiuti urbani dal 2010 al 2015 è diminuita da 102.233 tonnellate a 92.678 tonnellate. Nello stesso periodo la raccolta differenziata è passata dal 48,2% (49.305 tonnellate) al 54,35% (50.370 tonnellate), mentre la produzione annuale di rifiuti urbani pro-capite è diminuita da 755 kg /ab/ a 696 kg/ab/.

Il LIFE+ LOWaste rappresenta un modello di economia circolare basata sulla prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti attraverso il partenariato privato-pubblico. È stato implementato nel Comune di Ferrara insieme alla cooperazione del Gruppo Hera, Impronta Etica, La Città Verde, RREUSE e co-finanziato dalla Commissione europea attraverso il fondo LIFE +. Il progetto è durato dall’11 settembre 2011 al 30 giugno 2014. Il bilancio complessivo è stato di 1.109.000 euro, con 554.500 euro finanziati con il cofinanziamento Ue.

Gli obiettivi di LOWaste erano:

  • riduzione dei rifiuti urbani attraverso lo sviluppo di un mercato locale di materiali riciclati o riutilizzabili, promuovendo un ciclo chiuso di gestione locale dei rifiuti incentrato sul lato dell’offerta;
  • sviluppo degli attuali sistemi di appalti pubblici verdi presso le amministrazioni locali con un approccio “da culla a culla”, che collega le procedure di acquisto all’ecodesign di beni e prodotti;
  • promozione della prevenzione sui rifiuti, incoraggiamento al loro recupero e utilizzo di materiali recuperati al fine di preservare le risorse naturali, con particolare attenzione al ciclo di vita, alla progettazione ecologica e allo sviluppo dei mercati del riciclaggio;
  • sviluppo di un sistema per la creazione di un mercato dei rifiuti locali per prodotti secondari che possono essere utilizzati in altri contesti locali;
  • diffondere la conoscenza dei prodotti riutilizzati/riciclati, tra i consumatori, ma anche tra i rivenditori, i produttori e le pubbliche autorità;
  • aumentare la consapevolezza dei consumatori, dei rivenditori, dei produttori e degli enti locali sulla possibilità di ridurre i rifiuti attraverso il riutilizzo o l’acquisto di prodotti riciclati.

 

SQUARe027

SQUARe027 è un marchio di moda di lusso innovativo che, secondo i suoi principi etici, progetta e produce una linea ecologica e vegan. Tra i suoi punti di forza, la produzione fatta a mano Made in Italy. L’obiettivo principale di questa start-up è quello di fornire nuovi prodotti in grado di soddisfare le esigenze delle persone interessate al benessere animale e alla sostenibilità. Per ottenere questo risultato, il designer Marco Zanuccoli ha presentato un paio di scarpe che soddisfano questi requisiti offrendo allo stesso tempo un prodotto di alta qualità e alla moda. L’azienda, fondata nel 2016 a San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena, Emilia Romagna), dichiara come sua missione di “essere in grado di adattarsi all’ambiente e di creare qualcosa che abbia un impatto positivo su tutto l’ecosistema”. Troppe volte l’ambiente in cui viviamo è stato svuotato di risorse: dunque, come si dice, oggi “una ditta di successo dovrebbe agire rispettando le esigenze del nostro pianeta”.

Per essere un’azienda del genere, SQUARe027 applica alcuni principi dell’economia circolare. In primo luogo, l’economia circolare richiede di modificare il concetto di spreco: quello che una volta veniva visto come qualcosa da gettare via, dovrebbe ora essere considerato come un insieme di componenti biologici, chimici e materiali da recuperare. Ogni unità di materia ha un valore intrinseco che non scompare al termine della vita.

 

Ecopneus 

Ecopneus è una società senza scopo di lucro per la tracciabilità, la raccolta, il trattamento e il recupero degli pneumatici fuori uso (Pfu), formata dai principali produttori di pneumatici operanti in Italia. Si basa sull’articolo 228 del Dlgs 152/2006 che obbliga i produttori di pneumatici e gli importatori a gestire una quantità di Pfu uguale a quanti pneumatici hanno immesso sul mercato l’anno precedente.

Ecopneus è nata dalla collaborazione dei produttori e degli importatori di pneumatici più importanti per affrontare la giusta gestione dei Pfu su tutto il nostro territorio nazionale, garantendo la loro raccolta, trattamento e recupero. I fondatori di Ecopneus sono aziende molto importanti, come Bridgestone, Continental, Goodyear-Dunlop, Marangoni, Michelin e Pirelli. La procedura per la partecipazione alle iniziative di questa società sarebbe stata allargata anche ad altri soggetti importanti nella produzione e nell’importazione di pneumatici.

Negli ultimi anni, Ecopneus ha raccolto una quantità di Pfu superiore a quella definita dalla legge. In tabella sono disponibili alcuni dati.

In Italia, la produzione di Pfu ammonta a 350.000 tonnellate all’anno (corrispondenti a 38 milioni di pneumatici) e fino a ora circa il 20% di essi è stato raccolto e inviato a impianti specifici per il recupero dei materiali. Circa il 50% viene destinato al recupero di energia, mentre il 25% a circuiti non controllati che escono dalla rete elettrica nazionale. 

 

 

Parchi eco-industriali: una soluzione promettente, ma serve una buona chimica

L’idea di un parco eco-industriale è sostanzialmente semplice, in quanto coinvolge le imprese in una regione che collaborano per produrre sinergie tra le proprie operazioni e fanno corrispondere gli input e gli output al fine di ridurre i costi, l’utilizzo delle risorse, gli sprechi e gli impatti sulle emissioni. Questa forma di “simbiosi industriale” è spesso paragonata ad un ecosistema in cui diverse specie di imprese condividono le sostanze nutritive o le abbandonano lungo la catena alimentare. Anche se questa è un’immagine avvincente, forse è necessaria un’altra analogia per catturare la complessità di questa organizzazione industriale. Quando due o più imprese interagiscono si comportano in modo simile ad una reazione chimica: combinano i reagenti per creare un prodotto (per esempio rilasciare energia o, nel caso delle imprese, generare entrate) ma anche alcuni residui sotto forma di rifiuti e emissioni. Una reazione richiede una certa quantità di energia di attivazione e, perché ne valga la pena, dovrebbe essere esoergonica, cioè dovrebbe rilasciare più energia di quella utilizzata per avviarla. Il ragionamento sui parchi eco-industriali è quello di trovare reagenti fortemente reattivi l’uno rispetto all’altro, cioè individuare le imprese con ingressi, uscite e procedure compatibili che consentano loro di operare congiuntamente per generare più prodotti (soprattutto ricavi ma potenzialmente anche conoscenze, posizioni di lavoro e altri beni socioeconomici) rispetto a ciò che potrebbero fare separatamente, nonché di ridurre le esternalità negative (leggi: impatti negativi) sull’ambiente e sulle comunità locali. Vorremmo esplorare le principali caratteristiche della simbiosi industriale e dei parchi eco-industriali in particolare, delineando i vantaggi promessi dalle loro formazioni e la loro gamma di applicazioni.  

 

 

Info

www.square027.com

www.lowaste.it

www.ecopneus.it

www.interregeurope.eu/CESME

 

Bibliografia

  • Agliardi E. e W. Spanjers, Rethinking the Social Market Economy - A Basic Outline, 2016, RCEA Series 16-01, pp. 1-21.
  • Boons F., Janssen M., “The Myth of Kalundborg: Social Dilemmas in Stimulating Eco industrial Parks”, Van Den Bergh J. e Janssen M. eds. Economics of Industrial Ecology - Materials, Structural Change, and Spatial Scales, 2004, MIT Press, Cambridge, pp. 235-247.
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