1° Maggio 2022: nell’ambito della fiera Fa’ la cosa giusta, nasce il Manifesto del riutilizzo, un appello rivolto al decisore politico nazionale per promuovere e rendere concretamente fattibile l’uso di contenitori durevoli nell’ambito dei consumi domestici, alimentari e non, nella ristorazione e nei pubblici esercizi.
È il primo risultato dell’attività di
RiC, restaincircolo.org, il tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo che vede come capofila Giacimenti Urbani,
Pcup e Planet Life Economy Foundation, con Associazione Comuni Virtuosi, CDA, Scuola Agraria del Parco di Monza, Università Studi Milano Bicocca e Zero Waste Europe. Il Manifesto è aperto a tutti i soggetti giuridici interessati a sottoscrivere l’appello, mentre per i cittadini, entro il 15 maggio, sarà attiva una petizione su change.org.

Tutte le strade del riutilizzo

Siamo tutti d’accordo sul fatto che il miglior rifiuto è quello che non c’è, come ci insegna la gerarchia europea dei rifiuti? Mi rispondereste sì. Ma questo significa rivoluzionare tutta la filiera, dalle imprese di produzione a quelle di trasformazione, dalla distribuzione (GDO, Esercizi HORECA, Pubblici Esercizi), ai consumatori fino alle imprese di raccolta, riciclo e smaltimento rifiuti.
È appunto ciò a cui vorremmo arrivare, e non siamo soli. La ricercatrice Ellie Moss su ReusableandScape ha censito oltre
400 esperienze di riutilizzo solo in Europa. Mentre in Italia l’associazione Comuni Virtuosi ,insieme ad altre 14 organizzazioni, ha lanciato la campagna A Buon Rendere per promuovere sistemi di deposito cauzionale per i contenitori delle bevande.
Puntare al riutilizzo è una scelta molto sfidante ma necessaria, per questioni economiche, ambientali ed etiche: ragionando in termini sistemici, come può essere conveniente estrarre materia prima per produrre qualcosa che va gettato via subito, con i relativi costi di smaltimento? Se poi parliamo di plastica, un materiale che ha la durevolezza nel suo DNA, si tratta di un ossimoro: durevole ma monouso.
I numeri a favore di questa scelta si sprecano. Innanzitutto è un dato acquisito che il disaccoppiamento della crescita economica dal consumo di materiale (secondo il
Global resources Outlook 2019 il 53% delle emissioni è legata all’attività estrattiva) porterebbe grandi vantaggi in termini ambientali. Da un punto di vista economico, secondo i dati della Reusable Packaging Association (reusable.org) il riusabile è un mercato da 100 miliardi di dollari. Parlando della sola plastica la Ellen MacArthur Foundation ha stimato che convertire il 20% degli imballaggi in plastica usa e getta in imballaggi riutilizzabili è un'opportunità da 10 miliardi di dollari. Eppure c’è ancora molto da fare per rendere il riutilizzo mainstream. Meno del 2% degli imballaggi in plastica dei firmatari del Global Commitment della Ellen MacArthur Foundation è riutilizzabile e più della metà di tutti i firmatari riporta lo 0% di imballaggi in plastica riutilizzabili.

Un appello per colmare le lacune normative

Il riutilizzo è inoltre una delle linee d’indirizzo della Commissione dell’Unione Europea. La Decisone di esecuzione 2022/162 del 4 febbraio 2022 stabilisce le modalità di applicazione della Direttiva SUP, indicando tra le misure per conseguire una riduzione del consumo di tazze o bicchieri monouso e di contenitori monouso per alimenti, la promozione di alternative riutilizzabili a partire da contesti come gli uffici pubblici, i luoghi di lavoro, i grandi eventi.
Per quanto riguarda la
normativa italiana vigente, anche nel Decreto Clima (dl 14 ottobre 2019 n. 111, convertito dalla Legge 12 dicembre 2019 n. 141) si dice: Ai clienti è consentito utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare. L'esercente può rifiutare l'uso di contenitori che ritenga igienicamente non idonei”.
Si tratta di primi indirizzi, ma per passare alla fase operativa è necessario un unico atto che dia forma all’intera materia rispetto alle tematiche della sicurezza alimentare e dell’igiene, delle agevolazioni per la gestione amministrativa e fiscale, nonché, infine, degli incentivi, in una logica di minima burocrazia e massima semplificazione attuativa. Le esperienze di chi, come l’associazione Giacimenti Urbani, sta facendo delle sperimentazioni sul riutilizzo, evidenziano varie lacune normative. Ad esempio non esistono linee guida sanitarie sull’uso dei riutilizzabili negli esercizi commerciali che erogano cibo, né per la ristorazione, e non c’è neppure l’obbligo di evidenziare nello scontrino – cosa utile ai fini dell’aumento della consapevolezza ma non solo – il costo del contenitore monouso, che di fatto ha delle ricadute anche per la comunità in termini di spazzatura da smaltire.
È dunque per
chiedere a gran voce che il Governo intervenga su questa materia che è nato il Manifesto del riutilizzo, disponibile sul sito di Giacimenti Urbani e di restaincircolo.org.

Immagine: Towfiqu Barbhuiya (Unsplash)