Ci sono importanti differenze tra i vari mari che bagnano il Belpaese. Il mare più inquinato risulta l’Adriatico con 27 rifiuti galleggianti per ogni kmq di mare, soprattutto buste (pari al 41%) e frammenti di plastica (22%). Questo è un bacino che si distingue anche per la maggiore quantità di rifiuti plastici derivanti dalla pesca (il 20% del totale) rinvenuta in tutto il monitoraggio sui mari italiani. 

Il Tirreno vanta una densità superficiale di 26 rifiuti ogni kmq e la più alta percentuale di rifiuti di plastica (il 91%). Da notare che in questo mare il 34% dei residui galleggianti è costituito da bottiglie (bevande e detergenti) che superano le buste di plastica (29%). Meglio lo Ionio che conta “solo” 7 rifiuti per ogni kmq di mare. Sono 4 i rifiuti ogni kmq per la tratta transfrontaliera Civitavecchia-Barcellona, monitorata da Accademia del Leviatano dove, però, sono stati presi in considerazione solo i rifiuti maggiori di 20 cm e in ambiente di mare alto. Nelle altre tratte Goletta Verde ha monitorato invece i rifiuti dai 2,5 cm in su (il 75% del totale è costituito da rifiuti inferiori ai 20 cm). 

I tratti di mare maggiormente coinvolti dal marine litter sono: la costa di Castellammare di Stabia (con 150 rifiuti ogni kmq), la costa abruzzese davanti a Giulianova (con più di 100 rifiuti per kmq) e il mare intorno al Gargano tra Manfredonia e Termoli (più di 30). 

Il monitoraggio è stato eseguito secondo il protocollo scientifico elaborato dal Dipartimento Difesa della natura di Ispra e dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, usando la classificazione di rifiuti OSPAR/ TSG-ML. Anche se non siamo ovviamente ai livelli del plastic vortex dell’Oceano Pacifico, la plastica rappresenta un grave problema ambientale per tutti i mari del pianeta. Secondo il Consiglio generale della pesca nel Mediterraneo della Fao oltre 6 milioni di tonnellate di materiali solidi e pericolosi di origine umana vengono scaricati ogni anno in mare. Indiscutibili sono le ripercussioni sull’ambiente, sull’economia e sulla fauna marina. Basti pensare che l’ingestione di rifiuti è tra le principali cause della morte delle tartarughe marine. Senza contare l’impatto delle microplastiche (i frammenti più piccoli che si generano per degradazione dei materiali più grossolani) che, ingerite direttamente o involontariamente dalla fauna marina, entrano nella catena alimentare. 

La grande quantità di rifiuti rinvenuta rende l’idea di quello che nascondono i fondali marini, visto che quelli galleggianti costituiscono solo una minima parte del problema. Si stima che il 70% dei rifiuti che entrano nell’ecosistema marino affondino. A causa delle leggi vigenti
e dell’assenza di sistemi di raccolta e smaltimento nei porti, i pescatori poi sono di fatto incoraggiati a gettare in mare i rifiuti finiti accidentalmente nelle reti. 

Affrontare il problema dei rifiuti marini è una delle priorità europee della Marine Strategy, la direttiva 2008/56 dedicata all’ambiente marino che prevede entro il 2020 il raggiungimento del buono stato ecologico per le acque di ogni stato membro sulla base di 11 descrittori, uno dei quali è proprio relativo ai rifiuti. 

Negli ultimi 30 anni la produzione mondiale di plastica è cresciuta a dismisura e questi manufatti non biodegradabili hanno contribuito enormemente all’inquinamento ambientale e marino. L’Italia negli ultimi anni grazie al bando dei sacchetti di plastica non compostabile ha segnato una discontinuità unica tra i paesi industrializzati, promuovendo innovative politiche industriali di chimica verde e cambiando anche gli stili di vita degli italiani che facevano un uso esagerato di questi manufatti (negli ultimi 3 anni l’uso di sacchetti usa e getta in Italia si è dimezzato). È arrivato il momento che l’Europa adotti in via definitiva la proposta di direttiva già ampiamente discussa e votata in prima lettura nel precedente Parlamento europeo per estendere la buona pratica italiana anche al resto del vecchio continente che deve risolvere anche il problema dell’inquinamento da plastica del mar Mediterraneo. Non è infatti casuale che le buste di plastica rinvenute nel monitoraggio di Legambiente e Accademia del Leviatano della scorsa estate nel mar Tirreno (29% del totale) siano di gran lunga inferiori a quelle trovate nell’Adriatico (41%), mare inquinato anche dai contributi che arrivano dai paesi balcanici dove il bando sui sacchetti di plastica non esiste.

 

La mappa navigabile dell’indagine sui rifiuti nei mari italiani effettuata da Goletta Verde nell’estate 2014 è consultabile su www.legambiente.it/marinelitter