Fin dalla sua nascita, oltre 30 anni fa, un punto di forza del Consorzio obbligatorio degli oli usati è stato la scelta del modello giuridico. Il Coou è una struttura societaria di diritto privato che consorzia, in via obbligatoria, tutti i principali attori che operano nel settore dei lubrificanti: dalle grandi industrie petrolifere, a quelle che operano nella rigenerazione degli oli usati, fino a coloro che commercializzano oli lubrificanti. Il Consorzio è sottoposto al controllo pubblico di quattro ministeri: Ambiente, Sviluppo Economico, Economia e Finanze, Salute che hanno propri rappresentanti in Consiglio di Amministrazione.

Una configurazione, quindi, dove le competenze, l’obbligatorietà, l’esclusione del fine di lucro, insieme all’obbligo di una gestione sana e trasparente sul piano industriale ed economico, hanno potuto creare una sinergia efficace nel conseguimento degli obiettivi di legge.

Fin dall’inizio al Coou sono state attribuite competenze ampie: assicurare la raccolta anche in condizioni non accessibili in una logica di mercato; monitorare e rendicontare alle autorità di controllo gli andamenti complessivi del fenomeno sul territorio nazionale; operare per l’informazione e l’educazione dei cittadini e degli operatori sugli aspetti di interesse ambientale. Raccogliere i lubrificanti usati non solo affinché non danneggino l’ambiente, ma anche perché possano tornare nel ciclo economico, industriale e di consumo con le modalità più vantaggiose per la comunità nazionale. In pratica: raccogliere più olio possibile; destinarlo ai processi di recupero e riuso più convenienti; ridurre al minimo le quantità e le tipologie di inquinanti residui, disponendone lo smaltimento in modo sicuro e nel rispetto di tutte le normative.

Quale sia stata la performance ambientale del Consorzio è ben evidente nella figura 1 che mette a confronto il dato relativo all’olio usato teoricamente prodotto in Italia con la quantità effettivamente raccolta dal 1984 al 2008. 

 

Qualche numero: in trent’anni di attività sono state raccolte – e interamente acquisite nel ciclo del riutilizzo – 5,238 milioni di tonnellate di olio usato. Di queste – con i processi di rigenerazione – 4,341 milioni di tonnellate (l’83% nei 30 anni, 91% negli ultimi 10) sono ritornate a essere olio lubrificante (ma anche gasolio e bitume); 0,565 milioni di tonnellate hanno sostituito fuel e carbone nella combustione; 0,028 milioni di tonnellate sono state avviate a termodistruzione poiché irrimediabilmente inquinate. 

Dalla rigenerazione sono state prodotte 2,592 milioni di tonnellate di basi rigenerate che entrano nelle formulazioni del 27% dell’olio lubrificante consumato in Italia. La raccolta, il trattamento e il riutilizzo di olio usato hanno portato il nostro paese a risparmiare circa 3 miliardi di euro sulle importazioni di prodotti petroliferi, ai valori 2014.

Ma c’è un’altra e più importante faccia della medaglia. Si tratta della sostenibilità del nostro percorso che possiamo sintetizzare nei minori consumi di acqua, materia, suolo ed emissioni di CO2. In particolare: si è avuto un risparmio netto cumulato di 2,3 miliardi di metri cubi di acqua; si è evitato il consumo di 6,4 milioni di tonnellate di materia prima vergine; si è registrato un risparmio netto cumulato di emissioni climalteranti di 1,1 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e infine, in termine di consumo di suolo, sono stati risparmiati 7.306 ettari di terreni, rimasti nella loro configurazione originaria. 

 

 

Occorre saper cambiare quando è necessario

Questi risultati, nella maggioranza dei casi, non derivano dalla circostanze o dalla fortuna, ma dalla scelta strategica di concepire il Consorzio come una struttura flessibile, in grado di affrontare il cambiamento quando necessario. Negli anni della mia esperienza di presidente, iniziata nel 2003, il Coou ha accentuato questo ruolo di supporto alla filiera, mettendo le proprie capacità al servizio delle aziende del comparto per compiere, di comune accordo, la metamorfosi che veniva richiesta dai mutamenti della realtà industriale e del mercato. 

In quegli anni, anche il nostro settore veniva coinvolto nella grande svolta che ha caratterizzato il mondo dei rifiuti all’inizio del terzo millennio: molti flussi di materiali cominciavano ad avere caratteristiche e qualità interessanti per il mercato e alcuni di essi valevano più del costo di raccolta determinando una serie di cambiamenti importanti all’interno dell’economia dei rifiuti. Dopo anni di stabilità stavano intervenendo sostanziali cambiamenti nei profili normativi, nell’organizzazione dei mercati e negli assetti delle aziende del settore, tali da configurare un sostanziale mutamento di scenario.

C’era quindi la necessità di un riposizionamento strategico e anche la struttura operativa del Consorzio andava riformulata. Se da un lato, infatti, si evidenziavano inefficienze organizzative determinate dagli eccessivi costi e tempi di gestione della raccolta e stoccaggio dell’olio usato, dall’altra erano evidenti gli spazi di miglioramento del Consorzio nell’assolvere al suo mandato istituzionale. Per fare questo si è scelta la strada più radicale, ma più sicura: avviare uno studio di Bpr (Business process reengineering, riprogettazione dei processi aziendali) complessivo delle attività, rimettendo in discussione le modalità operative e le scelte, al fine di ridisegnare una struttura del Consorzio più idonea a rispondere alle esigenze di un contesto in rapida evoluzione. Si sono quindi rivisti i target settoriali, la politica di comunicazione, e studiate le necessarie modifiche strutturali (personale, organizzazione, sistemi informatici). 

 

 

La svolta nel 2009

Nel mese di settembre 2009 viene promulgato il Dl 135/09, per sanare i rilievi che la Commissione europea ha fatto all’Italia, riguardanti – tra l’altro – l’accisa agevolata sui prodotti energetici derivanti dall’attività di rigenerazione degli oli usati. Per il Consorzio si tratta di un importante incremento di competenze. Il decreto infatti, oltre a unificare l’accisa gravante su tutti gli oli lubrificanti, vergini o rigenerati a 750 euro/ton, riafferma l’obbligo del Consorzio di destinare alla rigenerazione tutti gli oli ritenuti idonei allo scopo e di riconoscere alle raffinerie un corrispettivo per il trattamento (vera novità); e quello di destinare a combustione tutto l’olio usato non rigenerabile.

Un secondo importante cambiamento del quadro di riferimento è indotto dal drammatico calo del consumo dei lubrificanti, dai quali, alla fine del ciclo di vita tecnica, si origina l’olio usato. Dal 2000 a oggi i consumi di lubrificante si sono ridotti del 40% (260.000 tonnellate in meno). Un fatto non marginale ma traumatico, in quanto parte di un fenomeno strutturale e non congiunturale. Era dunque indispensabile una rilettura complessiva del contesto: meglio accelerare la razionalizzazione della filiera per dare alle imprese nuova competitività indispensabile per affrontare un mercato aperto agli operatori esteri. 

Lo scenario, infatti, si complica per l’interesse di rigeneratori stranieri all’olio usato italiano. Il Consorzio affronta un tema nuovo: ripartire la raccolta di olio usato rigenerabile tra operatori non solo nazionali. Entra in crisi il faticoso equilibrio raggiunto dalla filiera e sono a rischio gli importanti risultati ambientali ed economici raggiunti. La raccolta di olio, già in forte flessione, non basterà a mantenere in equilibrio economico le raffinerie italiane. 

Viene richiesto al Ministro dell’Ambiente di interpretare le previsioni fornite dalla Direttiva europea in materia. In risposta viene emanata una circolare (la 0023876 del 26 marzo 2013 GAB) che argomenta in dettaglio l’opportunità ambientale di bloccare l’esportazione di olio usato italiano. Ma soprattutto offre una opportunità che va al di là degli obiettivi di tutela dell’ambiente, in quanto concede alle aziende della filiera olio usato il tempo tecnico necessario per ripensare il loro futuro, ovvero riprogettarsi in termini dimensionali diversi, macro e non micro. Purtroppo non tutte le aziende comprendono immediatamente l’entità del cambiamento: non basta più la capacità e l’esperienza ma occorre fare i conti anche con la globalizzazione. 

Ma c’è un terzo e altrettanto importante tema da risolvere: il fatto che il Consorzio, gestendo praticamente tutto l’olio usato nazionale, possa rappresentare un elemento di distorsione del mercato. Infatti, dovendo ripartire l’olio usato tra tutte le imprese richiedenti, proprio perché in posizione dominante, vincola queste società al ritiro di quantità di olio usato non solo fisse, ma anche in riduzione essendo il mercato dei lubrificanti italiano in forte contrazione. In questa complessa situazione, quindi, non solo l’aspetto operativo della “filiera olio usato” è cambiato, ma anche tutti i relativi equilibri economici.

 

 

Il sistema uguale a se stesso da tanti anni sembra entrare in crisi: il Coou comincia a pensare che, a certe condizioni, può anche non essere più l’acquirente unico dell’olio usato raccolto in Italia. Dall’analisi emergono linee guida che confermano il Consorzio nel ruolo di assicurare e incentivare la raccolta, favorendo contemporaneamente il passaggio alla libera contrattazione tra gli operatori del mercato (raccolta e rigenerazione) l’acquisto/cessione degli oli usati. Per mantenere in equilibrio il sistema in ogni condizione al contorno, il Consorzio si impegna a intervenire in via sussidiaria, nei casi di fallimento del mercato garantendo il servizio universale affidatogli dalla legge. Con questo nuovo modello, è il mercato a stabilire quando sia necessario che il Consorzio svolga il suo ruolo di sussidiarietà verso la raccolta e la rigenerazione; tuttavia ogni variazione è sempre visibile con largo anticipo. Il Consorzio quindi modifica il proprio modello di gestione; l’olio usato comincia lentamente a essere conteso tra i rigeneratori – non più ripartito tra tutti i richiedenti – in un mercato che sta diventando sempre più libero, mentre la raccolta sarà garantita, per quanto congiunturalmente necessario, da un acquirente di ultima istanza. 

Una conferma della bontà della scelta viene da quanto detto dal professor Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), in una audizione al Senato a novembre 2014, “… una possibile soluzione che contemperi le esigenze di rispettare i principi concorrenziali e garantire gli oneri di servizio pubblico potrebbe dunque essere data dalla ristrutturazione del sistema consortile verso un modello di consorzio di ultima istanza, come sembra stia avvenendo da ultimo nel mercato degli oli usati, in cui si è passati dal modello del Consorzio obbligatorio – in cui questo prelevava l’olio usato dalle aziende di raccolta per assicurarlo alla rigenerazione – a un sistema che vede prevalere il contatto diretto tra aziende di raccolta e impianti di rigenerazione, nell’ambito del quale si pone come ‘intermediario di ultima istanza’, che interviene cioè solo qualora il mercato non sia in grado di autoregolarsi…”.

 

Autorità garante della concorrenza e del mercato, www.agcm.it

Info

www.coou.it