Anche gli imballaggi hanno trovato spazio nel Pacchetto europeo sull’economia circolare, approvato lo scorso aprile dal Parlamento europeo e che prevede la revisione della direttiva speciale1994/62/CE in materia di rifiuti di imballaggi (gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire le nuove norme). Tra le principali novità: l’obbligo per ciascun Paese di istituire schemi Epr (Extended Producer Responsibility) per il sistema di riciclo degli imballaggi a partire dal 2025, nuovi obiettivi di riciclo e la centralità del tema degli imballaggi riutilizzabili, per i quali vengono fornite delle indicazioni sulle misure che gli Stati membri possono mettere in campo per incentivarne l’immissione sul mercato. “Complessivamente il giudizio di Conai su questa revisione è positivo: oltre 20 anni di operato ed esperienza sono stati messi nero su bianco in una direttiva europea, nel tentativo di dare uniformità ai diversi sistemi europei che si sono evoluti nel tempo e nei modi” afferma Giorgio Quagliuolo, presidente di Conai, il Consorzio italiano per la gestione dei rifiuti da imballaggio. “La nuova direttiva di fatto riconosce ai Sistemi per il riciclo e recupero degli imballaggi come Conai, istituiti ai sensi dell’art. 7 della direttiva stessa, il ruolo di pionieri degli schemi Epr. Sarà comunque delicata la fase di recepimento delle nuove disposizioni nel Testo Unico in materia ambientale”.

 

I nuovi obiettivi

I nuovi obiettivi al 2025 e 2030 per il riciclo degli imballaggi sono rispettivamente del 65% e del 70% dell’immesso al consumo complessivo in peso, con sotto-obiettivi per le diverse filiere (grafico 1).

Si tratta di obiettivi che dovrebbero essere a portata di mano per l’Italia, se si analizzano i risultati relativi al 2016 (grafico 2): 8,4 milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggio avviati a riciclo, pari al 67% dell’immesso al consumo complessivo; obiettivi al 2025 già raggiunti per le singole filiere di vetro, carta, acciaio, alluminio e legno. 

Per la scadenza del 2030 risultano aver già oggi raggiunto gli obiettivi le filiere alluminio e legno. Tutto questo in base all’attuale metodologia di calcolo, che però in futuro potrebbe essere modificata. Con la revisione della direttiva verranno infatti definite regole comuni tra i diversi Stati membri sul punto di misurazione dei dati e sulla trasparenza del reporting allo scopo di permettere un confronto più uniforme tra le diverse performance nazionali. “Sarà fondamentale chiarire l’esatto punto di misurazione dei flussi avviati a riciclo, che secondo il nostro giudizio dovrà considerare o il flusso in ingresso all’impianto di riciclo, o quello in uscita dagli impianti di selezione, con criteri che codifichino la qualità del materiale”, afferma Quagliuolo.

 

La sfida della plastica

È la filiera della plastica la più distante dagli obiettivi al 2025 e sarà quindi cruciale individuare strumenti e misure strutturali per ottenere un salto di qualità. Al riguardo, lo scorso gennaio è entrato in vigore il contributo diversificato per gli imballaggi in plastica  che distingue tra imballaggi oggi selezionabili e riciclabili  agevolandoli dal punto di vista del contributo che deve essere sostenuto dalle aziende per la loro valorizzazione a riciclo/ recupero, e imballaggi che invece presentano maggiori criticità al riciclo, sui quali intervenire con iniziative specifiche di promozione di R&S, come ecodesign, design for recycling.

“Per chiudere il cerchio – afferma Quagliuolo – è fondamentale che l’industria della valorizzazione abbia materiali in ingresso sempre più di qualità, motivo per cui promuoviamo l’incremento della raccolta differenziata, accompagnata però da standard sui sistemi di raccolta che ne garantiscano un adeguato livello qualitativo per il riciclo. In proposito, è stata recentemente pubblicata la norma tecnica UNI 11686 Waste visual elements, che si pone l’obiettivo di promuovere e armonizzare la raccolta differenziata in Italia e non solo.” 

 

L’Italia del riciclo degli imballaggi: una best practice europea

“Come sistema di consorzi, che ha funzionato mettendo in atto la responsabilità condivisa tra i diversi attori della filiera, coinvolgendo in primis i produttori e gli utilizzatori di imballaggi, crediamo di poter ancora dare un importante contributo” prosegue Giorgio Quagliuolo. “Ciò a maggior ragione se si considera che la nuova direttiva, proprio sulla base dei positivi risultati conseguiti, prevede l’obbligatorietà della istituzione di sistemi di gestione dei rifiuti d’imballaggio analoghi al nostro (Epr). Fra i fattori successo che hanno consentito all’Italia, anche grazie al contributo di Conai, di fare negli ultimi 20 anni numerosi passi in avanti, fino a diventare tra le best practice europee nel riciclo in particolar modo negli imballaggi, svettano un contesto normativo chiaro e con pari regole per tutti, la natura privatistica e imprenditoriale di Conai, da cui deriva la sua autonomia d’azione per il perseguimento degli obiettivi di riciclo e recupero, e il suo carattere no profit, che consente di incidere sull’intera filiera con misure di prevenzione”. 

Fermo restando che in Italia sarà comunque necessario continuare a investire sul potenziamento dei livelli qualitativi e quantitativi nelle aree in ritardo rispetto agli obiettivi di legge, in particolare nel Centro-Sud, dove le percentuali di riciclo sono ancora più basse rispetto alla media europea, nonostante siano sempre più numerose le buone pratiche anche in questa area del Paese. Bari, Catanzaro, Potenza, sono solo alcuni dei comuni con cui Conai sta collaborando da alcuni anni e dove sono stati ottenuti risultati positivi già nel breve-medio periodo.  

 

Conai, www.conai.org