Lunedì 4 marzo, la presidenza del Consiglio dei Ministri e i rappresentanti del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico provvisorio per un Regolamento imballaggi e rifiuti di imballaggio (Packaging and Packaging Waste Regulation, PPWR). Per la prima volta una norma europea include degli obiettivi vincolanti di prevenzione dei rifiuti.

Tuttavia, le deroghe agli obblighi di riutilizzo e l’abbandono delle restrizioni al divieto di immissione sul mercato per gli imballaggi di carta nei cibi da asporto ‒ introdotte in fase di negoziazione rispetto alla proposta iniziale della Commissione ‒ lasciano dei dubbi sull’efficacia della nuova norma per ridurre la crescita esponenziale di rifiuti da imballaggio.

Il Regolamento imballaggi e rifiuti da imballaggio

Poco più di 13 mesi fa, il 30 novembre 2022, la Commissione europea ha presentato la sua proposta per un Regolamento imballaggi e rifiuti da imballaggio per sostituire l’attuale direttiva imballaggi (Dir. 94/62) e successive modifiche introdotte dalla direttiva 852/2018, che in assenza di obiettivi vincolanti di prevenzione si erano dimostrate insufficienti per ridurre la crescita di rifiuti da imballaggio. Questi erano infatti passati da 66 milioni di tonnellate nel 2009 a 84,3 milioni di tonnellate nel 2021 , cioè un aumento del 27,7%, con previsione di arrivare a 92 milioni di tonnellate nel 2030 e 107 milioni di tonnellate nel 2040 secondo di dati di Eurostat.

La Commissione ha scelto quindi lo strumento giuridico di un regolamento, basato sull’articolo 114 del Trattato del funzionamento dell’Unione europea relativo al mercato interno. Obiettivo: armonizzare le legislazioni nazionali in materia di gestione di rifiuti e prevenire una possibile trasposizione difforme di una direttiva da parte degli Stati membri (così come accaduto, ad esempio, nel caso della direttiva sulle plastiche monouso SUP da parte dell’Italia). Ma le numerose deroghe ed esenzioni introdotte dal Parlamento e dal Consiglio hanno fatto sì che venisse prodotto quello che per alcuni è un “mostro legale”.

Obiettivi vincolanti ma misure insufficienti per raggiungerli

La riduzione dei rifiuti da imballaggio è uno degli obiettivi principali del nuovo Regolamento. L’accordo raggiunto tra Parlamento e Consiglio mantiene la traiettoria di riduzione degli imballaggi proposta dalla Commissione (art. 38: riduzione del 5% di imballaggi prodotti al 2030 rispetto al 2018, del 10% al 2035 e del 15% al 2040). In questo modo per la prima volta in una legislazione europea sono introdotti degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti, mentre le norme precedenti includevano solo obiettivi di avvio a riciclo o obiettivi di riciclo. Restavano dunque sempre a valle del problema della produzione di rifiuti.

Secondo i calcoli della Commissione, se rispettata, tale traiettoria porterà a una riduzione assoluta complessiva del 19% in media nell'UE nel 2030, del 20% nel 2035 e del 37% nel 2040. Tuttavia, come sottolineato da Rethink Plastic Alliance, nello studio di valutazione d'impatto che accompagnava la proposta di regolamento, la Commissione riconosceva che se anche tutte le misure incluse nella sua proposta fossero pienamente attuate, gli Stati membri dovrebbero comunque intraprendere ulteriori azioni per raggiungere gli obiettivi di riduzione del 5% al 2030.

Le deroghe e la posizione dell’Italia

Nell’ambito delle negoziazioni del 4 marzo, inoltre, è prevalsa la posizione del Parlamento europeo, ed è stato trovato un accordo su numerose deroghe sugli obiettivi di riutilizzo (art. 26) e sulla cancellazione degli obiettivi previsti per i prodotti alimentari da asporto. I deputati hanno anche ottenuto che il Consiglio introducesse una deroga generale sul riutilizzo di cinque anni, rinnovabile, in presenza di condizioni specifiche.

Tra queste: lo Stato membro supera di 5 punti percentuali gli obiettivi di riciclaggio da raggiungere entro il 2025 (previsti dalla direttiva quadro sui rifiuti) e si prevede che superi di 5 punti percentuali gli obiettivi di riciclaggio per il 2030; lo Stato membro è sulla buona strada (on track) per raggiungere gli obiettivi di prevenzione dei rifiuti (specificati dall’art. 38); gli operatori hanno adottato un piano aziendale di prevenzione e riciclaggio dei rifiuti che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di prevenzione e riciclaggio dei rifiuti stabiliti dal regolamento. In pratica, un Paese può essere esentato dagli obblighi di riutilizzo se è virtuoso in materia di riciclaggio.

Tale deroga è stata caldeggiata dall'Italia in seno al Consiglio e dai suoi rappresentanti eletti al Parlamento europeo. Il negoziatore del PPE, l'italiano Massimiliano Salini, si è congratulato per aver "disinnescato" una "bomba normativa". A suo parere, "l'Italia è stata salvata" grazie a questo "meccanismo di bonus per i Paesi che raggiungono risultati significativi in termini di riciclaggio".

Per altri osservatori, tali deroghe indeboliscono il Regolamento, e ciò rende ancora più difficile raggiungere l’obiettivo di riduzione dei rifiuti del 5% al 2030. "Questo è un passo nella giusta direzione, ma è necessario un salto molto più grande. La realtà è che la crescita di imballaggi inutili e l'eccesso di confezioni è uno spreco di risorse e il riciclaggio da solo non basta. Abbiamo bisogno di un maggiore sostegno alle opzioni di riutilizzo e ricarica per utilizzare meno materiale e prevenire gli sprechi", ha dichiarato Valeria Botta, Responsabile Economia Circolare e Natura della Coalizione Ambientale sugli Standard (ECOS).

Restrizioni per imballaggi monouso in plastica ma via libera alla carta

L’accordo raggiunto tra Parlamento e Consiglio introduce restrizioni all’immissione sul mercato di alcuni formati di imballaggio (Art. 22, Annesso V), tra cui gli imballaggi in plastica monouso per frutta e verdura, per alimenti e bevande, condimenti, salse all'interno del settore HORECA, per i piccoli prodotti cosmetici e da toilette utilizzati nel settore della ricettività (ad esempio, flaconi di shampoo o di lozioni per il corpo) e per i sacchetti di plastica molto leggeri (ad esempio, quelli offerti nei mercati per la spesa sfusa). Il Consiglio è riuscito a mantenere questo elenco di imballaggi monouso da vietare, che il Parlamento voleva ritirare. Tuttavia, si limita agli imballaggi in plastica, escludendo quelli in carta e cartone e per molti si tratta di una vittoria per il settore degli imballaggi alimentari in carta e per le catene di fast-food che utilizzano questi prodotti, come McDonald's.

La coalizione Rethink Plastic Alliance si “rammarica” che la proposta iniziale della Commissione europea “sia stata annacquata da una pletora di esenzioni e deroghe adottate sotto la pressione delle lobby dell'usa e getta. È particolarmente deludente che l'ambito di applicazione delle restrizioni per gli imballaggi inutili sia limitato solo alla plastica monouso e non a tutti i formati monouso come previsto nella proposta originale (compresi gli imballaggi monouso in carta)”. 

"McDonalds' e l'industria degli imballaggi in carta sono riusciti a distorcere e svuotare un regolamento nato per ridurre gli imballaggi monouso, che ora sta promuovendo, a scapito delle foreste e del clima globale. I lobbisti ora festeggiano, ma i consumatori continueranno a essere sommersi da quantità crescenti di rifiuti nelle loro case, solo, questa volta, fatti di carta", commenta Sergio Baffoni, senior campaigner on Paper Packaging all’Environmental Paper Network.

Sì ai sistemi di deposito cauzionale

Un accordo sull’obbligo di istituire dei sistemi di deposito cauzionale (Deposit Return System, DRS) per bottiglie monouso in plastica e lattine di metallo era già stato raggiunto durante la riunione di negoziazione del trilogo del 6 febbraio scorso al fine di garantire la raccolta differenziata di almeno il 90% all'anno di tali contenitori per bevande. L’obiettivo di raccolta differenziata del 90% per le bottiglie in plastica è in linea con quanto già previsto dalla direttiva europea sulle plastiche monouso SUP, la quale però non prevede l’obbligo di istituzione di un DRS. I requisiti minimi per i sistemi di deposito non si applicheranno ai sistemi DRS già esistenti prima dell'entrata in vigore del regolamento, se i sistemi in questione raggiungeranno l'obiettivo del 90% entro il 2029.

Su pressione della Francia, è stato inoltre concordato di aggiungere un'esenzione dall'obbligo di introdurre un DRS per gli Stati membri che raggiungono un tasso di raccolta differenziata superiore all'80% nel 2026 e che presentano un piano di attuazione con una strategia per raggiungere l'obiettivo generale del 90% di raccolta differenziata. "Tuttavia tale esenzione è temporanea  spiega un'osservatore a Materia Rinnovabile ‒ infatti la Commissione ha la facoltà di imporre comunque il DRS agli Stati membri che non raggiungono il 90% di raccolta differenziata per 3 anni di seguito."

Requisiti di sostenibilità e contenuto riciclato negli imballaggi

Il testo dell'accordo provvisorio mantiene la maggior parte dei requisiti di sostenibilità per tutti gli imballaggi immessi sul mercato e gli obiettivi principali proposti dalla Commissione. Rafforza i requisiti relativi alle sostanze presenti negli imballaggi, introducendo una restrizione all'immissione sul mercato di imballaggi destinati al contatto con gli alimenti contenenti sostanze alchiliche per e polifluorurate (PFAS) oltre determinate soglie. Per evitare sovrapposizioni con altri atti legislativi, i colegislatori hanno incaricato la Commissione di valutare la necessità di modificare tale restrizione entro quattro anni dalla data di applicazione del regolamento.

L'accordo provvisorio mantiene gli obiettivi principali del 2030 e del 2040 per il contenuto minimo di materiale riciclato negli imballaggi in plastica. Per le bottiglie di plastica l'obiettivo è del 30% entro il 2030 e del 65% entro il 2040. Per gli altri imballaggi in plastica, l'obiettivo è del 35% e poi del 65%. I colegislatori hanno deciso di esentare da tali obiettivi gli imballaggi in plastica compostabili e quelli la cui componente in plastica rappresenta meno del 5% del peso totale dell'imballaggio. La Commissione dovrà rivedere l'attuazione degli obiettivi per il 2030 e valutare la fattibilità degli obiettivi per il 2040. L'accordo prevede inoltre che la Commissione valuti, tre anni dopo l'entrata in vigore del regolamento, lo stato dello sviluppo tecnologico degli imballaggi in plastica a base biologica e, sulla base di tale valutazione, stabilisca i requisiti di sostenibilità per il contenuto a base biologica negli imballaggi in plastica.

Le nuove norme ridurranno gli imballaggi inutili fissando una percentuale massima di spazio vuoto del 50% negli imballaggi raggruppati, per il trasporto e per il commercio elettronico, e richiedendo ai produttori e agli importatori di garantire che il peso e il volume degli imballaggi siano ridotti al minimo, ad eccezione dei modelli di imballaggio protetti (a condizione che tale protezione fosse già in vigore alla data di entrata in vigore del regolamento). La proposta della Commissione indicava una percentuale massima di spazio vuoto del 40%.

L'accordo raggiunto il 4 marzo tra Parlamento e Consiglio è provvisorio, in attesa dell'adozione formale da parte di entrambe le istituzioni. Mentre le prime reazioni dei principali gruppi parlamentari sono state abbastanza positive, indicando una maggioranza nella votazione, è più incerto come l'accordo sarà accolto dagli Stati membri. Sicuramente deluderà i Paesi più ambiziosi, che sono riluttanti ad accettare deroghe generali come quella sul riutilizzo. Ma d’altronde, "è impossibile ottenere una maggioranza su questo tema”, ha detto un osservatore.

 

Immagine: Envato

 

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