Prevenire è meglio che curare” diceva Bernardino Ramazzini, medico visionario che visse nella seconda metà del Seicento. L’espressione, da sempre riferita solo alla salute umana, oggi più che mai si addice alla sfera ambientale e al percorso di transizione ecologica che l’Italia sta affrontando. Linee guida per la prevenzione dei danni all’ambiente e criteri tecnici per un’efficace gestione dei rischi ambientali costituiscono il contenuto della prassi 107 della nuova certificazione UNI Ambiente protetto, sviluppata e pubblicata da UNI e Pool Ambiente e presentata il 18 gennaio presso la Camera dei Deputati. L’obbiettivo è quello di fornire alle imprese di qualunque settore e dimensione uno strumento pratico per rendere più efficace la propria politica di tutela dell’ambiente e in particolare la prevenzione di eventuali danni a suolo, acqua, aria, specie e habitat naturali.

Uno strumento di prevenzione per la tutela dell’ambiente

Da un’analisi condotta da Pool Ambiente su più di 1000 eventi di contaminazioni causati da aziende, è emerso che in più del 73% dei casi l’evento di danno all’ambiente non si sarebbe mai verificato se l’azienda avesse avuto la certificazione UNI Ambiente Protetto. Si tratta di casi molto diversi tra loro e con conseguenze spesso molto gravi per corpi idrici, terreno, specie, habitat e qualità della vita delle persone che vivono in tali aree.
“È un tema spesso assente nella comunicazione ambientale delle aziende e nelle politiche ambientali.– ha dichiarato
Lisa Casali, Manager di Pool Ambiente durante la conferenza stampa presso la Camera dei Deputati – Con questa iniziativa auspichiamo che qualcosa si muova”.
Pool Ambiente è un consorzio che da più di 40 anni offre coperture assicurative per danni all’ambiente e opera con 23 compagnie di assicurazioni.
Affinché la norma fosse concreta e applicabile a qualunque tipologia di impresa, Pool Ambiente e UNI hanno coinvolto diversi esperti che hanno pensato a un set di requisiti tecnici. “L’approccio usato si basa sui potenziali scenari e sugli impianti presenti nelle aziende - continua Casali - che molto spesso sono trasversali e quindi vengono utilizzati in diversi settori”.

Il danno ambientale e i possibili scenari in UNI Ambiente Protetto

Nella giurisdizione italiana la definizione di danno ambientale corrisponde a un deterioramento significativo e misurabile delle risorse naturali. “Con il danno ambientale si crea un regime di responsabilità civile molto severo per gli operatori – dice Antonio Guariniello, Responsabile Area per l’Accertamento, la Valutazione e la Riparazione del Danno Ambientale di ISPRA – Sono previste norme severe che comportano conseguenze importanti anche a livello di riparazione”.
Gli scenari di danno all'ambiente rientranti nel campo di applicazione della nuova certificazione Uni sono: effetti diretti e indiretti legati a incendio causati dai fumi, dalle ricadute al suolo di sostanze chimiche e polveri, dallo scarico di acque di spegnimento e anche dalle fiamme; perdite da serbatoi e vasche interrate; perdite da condutture di adduzione e reflui industriali (interrate e fuori terra); emissioni fuori norma, localizzate e/o diffuse; perdite da depuratori e/o disoleatori aziendali.
“L’idea è colmare un vuoto normativo italiano – ha detto Lisa Casali - La nostra percezione è che ci siano pochi obblighi, incentivi o controlli per le imprese sul tema della prevenzione. La verità è che oggi a un’azienda non conviene fare questo tipo di interventi. Controllare e fare manutenzione degli impianti deve iniziare a convenire economicamente”.

Il nuovo reparto dei carabinieri contro il greenwashing

A moderare l’evento c’era l’onorevole Maria Chiara Gadda, membro della XIII Commissione Agricoltura che ha parlato anche di greenwashing. “La sensibilità ormai è tale che il cittadino media riconosce alle imprese un ruolo importante per quanto riguarda responsabilità sociale, ambientale e di impresa. Con la prassi 107 si scava oltre la superficie, anche con l’obbiettivo di evitare fenomeni di greenwashing”.
Prevenire crimini ambientali e scoprire illeciti da greenwashing è il principale compito del Comando carabinieri per la Tutela ambientale e Transizione ecologica, che nacque nel 1986 con il nome di Nucleo operativo ecologico.
“Nel marzo 2021 il reparto ha cambiato nome – interviene il comandante Massimiliano Corsano – perché coincide con un cambio di competenze. Ci concentreremo anche su temi come l’economia circolare, le quote di emissioni di anidride carbonica e la sostenibilità. Spesso le aziende decantano nei loro rapporti non finanziari i loro risultati green, che però molto spesso non corrispondono alla verità. Il monito che vogliamo lanciare a queste aziende è quello di percepire il rischio che si stanno assumendo attraverso dichiarazioni non finanziarie sulla loro pseudo-sostenibilità, volte alla massimizzazione dei punteggi ESG e obbiettivi per lo sviluppo sostenibile”.