Con 200 voti favorevoli, 112 contrari e 3 astenuti la Manovra di bilancio 2024 è stata approvata definitivamente dalla Camera, il 30 dicembre, alla chetichella, come sempre in un momento in cui i cittadini sono distratti, tra panettoni e auguri per il nuovo anno. Se nel 2023 il neoeletto Governo non aveva ancora avuto modo di definire le proprie priorità, con la nuova legge di bilancio si mette in piena mostra per quello che ritiene l’indirizzo strategico del Paese, dove le vittime illustri sono ambiente, cultura, genere e società.

Materia Rinnovabile ha voluto analizzare alcuni dei punti più rilevanti contenuti nella Manovra, legati nello specifico allo sviluppo sostenibile, alla decarbonizzazione e all’economia circolare.

Ambiente, niente risorse per il clima

Partiamo da clima e biodiversità, dove è evidente che il Governo non vuole mettere i denti alle iniziative sbandierate dal MASE, dal Piano per l’adattamento al Fondo per il Clima, passando per sussidi alle fossili e risorse per la biodiversità. Basta vedere come l’ambiente non compaia nemmeno nella lunga lista di interventi della Manovra elencati nel sito del MEF.

Si parte dal depotenziamento del Fondo Italiano per il Clima, che vede una riduzione delle garanzie della Cassa Depositi e Prestiti e riprogramma le risorse pari a 840 milioni di euro l’anno spostandole al 2027. Nelle 90 pagine della manovra in Gazzetta Ufficiale, poi, non viene previsto nessun finanziamento per le azioni prioritarie di adattamento al cambiamento climatico, in previsione dell’approvazione definitiva del Piano, come la delocalizzazione degli edifici residenziali e delle attività produttive costruiti in aree a rischio, mentre vengono rafforzate solo alcune garanzie assicurative di fronte alle catastrofi naturali.

Nessun riferimento all’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, in particolare quelli subito eliminabili – come da documento siglato a Dubai a COP28 – che sarebbe servito per accelerare la transizione ecologica. Secondo Legambiente sussistono ben 122 diverse voci di sussidi alle fossili per complessivi 94,8 miliardi di euro, compresi quelli previsti per l’emergenza energetica ed economica, prima e dopo l’aggressione militare russa in Ucraina. Di questi circa 18,8 miliardi potevano essere recuperati già nel biennio 2024-2025.

“Un tesoretto importante – spiega Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – che avrebbe potuto far camminare più velocemente il processo di decarbonizzazione del Paese, trasformando alcuni sussidi in incentivi all’innovazione tecnologica. È il caso degli incentivi alle caldaie che nel 2021 sono stati pari a 3,2 miliardi di euro, che invece avremmo dovuto destinare all’acquisto delle pompe di calore per elettrificare il riscaldamento degli edifici e ridurre i consumi e le importazioni di gas fossile.”

Infine nulla di definito per la partecipazione italiana al fondo sulla Biodiversità, di cui si parlerà alla COP16 in Colombia a ottobre, né nuovi impegni per le aree marine o terrestri protette. A essa verrà destinato solo lo 0,5% (118 milioni di euro) del totale della Manovra.

 

Leggi anche: LE POMPE DI CALORE CONVENGONO MA L’ITALIA CONTINUA A DARE SUSSIDI ALLE CALDAIE

 

Plastica, edilizia, energia: tra bonus e tasse

Arriva, nero su bianco, il rinvio della Plastic Tax, che era già stata ribassata da 1 a 0,45 centesimi di euro per chilo di plastica e rinviata già quattro volte. Intanto in Spagna la tassa è entrata in vigore il 1° gennaio (con importo uguale a quello italiano), mentre nel Regno Unito lo è già dallo scorso aprile. Secondo il governo di Rishi Sunak, tale provvedimento dovrebbe far crescere del 40% l’anno il ricorso a imballaggi fabbricati con materiale riciclato, facendo risparmiare circa 200.000 tonnellate di emissioni di gas serra. Come per la Sugar Tax sulle bevande rimandata a luglio 2024, così sarà la Plastic Tax, che dovrebbe (si sottolinea il condizionale) entrare in vigore dal 1° luglio. Un eterno rinvio, su cui in molti promettono battaglia (a favore e contrari).

Presente l’aiuto straordinario, riconosciuto per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2024 ai clienti domestici titolari di bonus sociale elettrico per un totale di spesa di 200 milioni di euro per l’anno 2024. Le predette risorse sono trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali entro il 28 febbraio 2024.

Rimane in manovra il Superbonus edilizio che nel 2024 scende al 70% e al 65% nel 2025, ultimo anno in cui si potrà usufruire ancora dell’agevolazione. Resta in vigore, ma con una stretta sul tipo di interventi previsti e fino al 2025, quello sulle barriere architettoniche al 75%. Confermato invece l’ecobonus al 50% per serramenti e caldaie, con un tetto massimo fino a 60.000 euro. Per i condomini l’ecobonus prevede uno sgravio del 70% e limita a una spesa massima di 40.000 euro “per l’isolamento termico delle parti comuni opache con incidenza superiore al 25%”.

Da notare, per chi è interessato all’installazione delle colonnine di ricarica, il bonus dedicato con un contributo pari all’80% del prezzo di acquisto e posa delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli alimentati a energia elettrica (come ad esempio colonnine o wall box). Il limite massimo del contributo è di 1.500 euro per gli utenti privati e fino a 8.000 euro in caso di installazione sulle parti comuni degli edifici condominiali.

Energie rinnovabili

La Legge di Bilancio dispone a decorrere dal 1° gennaio 2024 la tassazione dei contratti di diritto di superficie di durata ventennale utilizzati nel settore delle fonti rinnovabili e necessari per affittare le aree destinate agli impianti FER. “Oggi l’affitto di tali aree è classificato come compravendita di un patrimonio e quindi è esente da tasse. La Legge di Bilancio stabilisce invece che il canone del diritto di superficie percepito dal proprietario dell’area sia considerato non più come patrimonio, ma come reddito soggetto a una tassazione che potrebbe arrivare anche al 43%”, spiega ANIE Rinnovabili, in una nota.

“Un onere che rappresenta un costo ulteriore per progetti che dovrebbero essere considerati strategici e un rischio per uno degli strumenti di aiuto sociale come le comunità energetiche rinnovabili”, commenta Ciafani. Infatti, Per un impianto da 1 MW, le CER potrebbero essere costrette a pagare 10.000 euro di oneri, dicendo addio ai vantaggi economici e sociali previsti. “Il tutto per un incasso di appena 200 milioni di euro, quando solo eliminando i sussidi ambientalmente dannosi legati all’esonero del pagamento di royalties, adeguando le stesse cifre più in linea con lo sfruttamento di risorse minerarie e adeguando i diversi canoni, lo Stato incasserebbe almeno 500 milioni di euro”, conclude Ciafani.

Oggi l’affitto di tali aree è classificato come compravendita di un patrimonio e quindi è esente da tasse. La Legge di Bilancio stabilisce invece che il canone del diritto di superficie percepito dal proprietario dell’area sia considerato non più come patrimonio, ma come reddito soggetto a una tassazione che potrebbe arrivare anche al 43%. L’aggravio di tassazione espone i proprietari delle aree a costi non preventivati e ciò determinerà un aumento dei costi delle aree stesse, compromettendo anche i progetti i cui procedimenti autorizzativi sono tuttora in corso e quelli già autorizzati per i quali il contratto definitivo del diritto di superficie non si perfezionerà entro il 31 dicembre 2023, inficiando completamente il lavoro svolto sino a oggi sia dalla pubblica amministrazione sia dagli operatori.

Fondo per la Crescita

Tra le buone notizie l’aumento della dotazione del Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’articolo 23 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, incrementata di 110 milioni di euro per l’anno 2024 e di 220 milioni di euro per l’anno 2025, andando a sostenere ricerca e sviluppo, internazionalizzazione e riqualificazione tecnologica. A conti fatti però rimangono briciole per il sistema Paese. Specie se confrontati con l’unica grande opera su cui il Governo Meloni sta spingendo l’acceleratore, cioè il Ponte sullo Stretto di Messina a cui destina nel 2024 780 milioni, sottraendo preziose risorse destinate alle vere priorità sulla mobilità sostenibile del Sud Italia e dell’intero Paese. Soldi allocati peraltro a un progetto per cui la reale fattibilità economica rimane molto incerta.

Cultura e educazione green

Dalla retromarcia sul Piano Nazionale di Digitalizzazione alla soppressione della Digital Library, fino ai tagli al settore cinematografico e un generale disinvestimento futuro nelle diverse articolazioni del settore culturale, sono tanti gli ambiti colpiti dalla scure di Giorgia Meloni. Unico sopravvissuto, più come promozione del Made in Italy che della cultura, il settore delle spese per la diplomazia culturale, che oggi versa in uno stato pessimo, affidato spesso a personale incompetente e poco qualificato, molto raramente giovane. Nessun contributo per la cultura legata all’ambiente con buona pace del New European Bauhaus.

 

Immagine: media gallery governo.it