I sussidi per i combustibili fossili all’agricoltura e alla pesca superano i 7 trilioni di dollari ogni anno e rappresentano circa l’8% del PIL globale. Un rapporto della Banca mondiale, intitolato Detox Development-Repurposing environmentally harmful subsidies, ha esaminato il variegato panorama dei sussidi alle imprese dell’agricoltura e della pesca, invitando a intraprendere una veloce e incisiva riforma che possa aiutare a salvaguardare le risorse naturali fondamentali.

Sotto accusa i sussidi alle grandi compagnie ittiche e le politiche europee inefficaci per la riduzione dello sfruttamento delle specie ittiche a rischio. Nel 2022 anche Antonio Guterres, segretario delle Nazioni Unite, riferendosi agli investimenti in combustibili fossili, aveva dichiarato che “certi governi e uomini d’affari dicono una cosa e ne fanno un’altra. Detto in maniera semplice: stanno mentendo. E i risultati saranno catastrofici: questa è un’emergenza climatica”.

“Non sto dicendo di eliminarli tutti”, ha affermatp Ajay Banga, presidente della Banca mondiale, nel corso dell’annuale incontro annuale della Banca, tenutosi nel 2023 in Marocco. “Ritengo che alcuni di questi sussidi siano fondamentali per il contratto sociale con il governo e i cittadini ma non credo che 1,25 trilioni di dollari possano essere considerati tali. Credo solo che il tema dei sussidi debba essere discusso.”

Secondo un rapporto del Fondo Monetario Internazionale pubblicato a fine 2023, i governi di tutto il mondo spendono quasi mezzo trilione di euro all’anno per rendere più conveniente l’uso dei combustibili fossili. Tali sussidi si presentano sotto diverse forme, tra cui agevolazioni fiscali, prestiti a tasso agevolato e tetti al prezzo della benzina che consentono alle fasce più ricche della popolazione di ottenere ulteriori vantaggi, compromettendo piccole imprese e risparmiatori.

I sussidi e la tutela degli stock ittici

Da numerosi anni alcune organizzazioni non governative e associazioni di pescatori artigianali puntano l’attenzione sulle politiche europee dei sussidi alla pesca, che superano i 35 miliardi di dollari all’anno, divenendo un fattore chiave della diminuzione degli stock ittici, delle flotte pescherecce sovradimensionate e del calo della redditività per l’intero comparto ittico.

All’interno dell’Unione Europea i sussidi fiscali sui carburanti consentono anche alle flotte da pesca più inquinanti e distruttive di procedere con le loro attività, dimenticando l’importanza, riconosciuta dalle stesse istituzioni europee, di sostenere una rapida transizione verso una pesca a basso impatto e a basse emissioni di carbonio. La pesca e gli oceani sostengono circa 3 miliardi di persone, ma moltissime delle attività coinvolte sono responsabili di sovrasfruttamento, a causa dei “regimi di libero accesso” e dei sussidi che aumentano la capacità produttiva, senza tener conto dell’impatto sugli stock ittici.

“Dobbiamo riattrezzare, ristrutturare e rinnovare intere industrie, compresa quella della pesca, per tagliare le emissioni del 65% entro il 2030 e limitare il riscaldamento a 1,5 gradi”, ha recentemente dichiarato Rebecca Hubbard, direttrice di Our Fish. Our Fish è il programma europeo, sviluppato in collaborazione con l’organizzazione tedesca Deutsche Umwelthilfe e con la società nederlandese Varda Group, che mira a ridurre la quantità di anidride carbonica nei nostri mari e a tutelare la pesca artigianale.

“L’UE deve abbracciare il pieno potere riparatore dell’oceano per aiutare a mitigare il cambiamento climatico. Fortunatamente, l’UE può passare rapidamente a una pesca a basso impatto e a basse emissioni di carbonio, perché abbiamo già una serie di soluzioni che possono essere realizzate a breve termine: porre fine alla pesca eccessiva, dare priorità all’accesso ai pescatori più sostenibili, eliminare gradualmente i distruttivi pescherecci a strascico che consumano carburante, proteggere gli ecosistemi marini, rimuovere i sussidi fiscali sul carburante nella revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia, e investire in una strategia di decarbonizzazione.”

L’Italia sostiene la pesca artigianale e le regole europee

Nel corso della primavera del 2023, l’Italia ha sostenuto e votato una modifica all’Accordo di Marrakesh sulla pesca. La modifica mirava a contrastare le attività illegali e il sovrasfruttamento delle specie ittiche più vulnerabili. L’eliminazione dei sussidi e delle agevolazioni fiscali per le compagnie di pescatori che trattano gli stock sovrasfruttati è divenuto un elemento centrale, spingendo i governi europei a tassare i carburanti per il settore della pesca non artigianale. Il passaggio giuridico importante è che tra le attività relative alla pesca è stato inserito anche la fornitura di carburante.

Per quanto riguarda l’area del Mediterraneo, il riferimento agli stock sovrasfruttati copre quasi tutte le specie pescate nel Mediterraneo, rilanciando l’importanza di bloccare e non sostenere la pesca industriale, soprattutto la pesca a strascico. I sussidi per il carburante consentono ai pescherecci industriali di solcare l’oceano e catturare risorse nelle acque degli stati costieri o in alto mare quando la maggior parte di queste attività non sarebbero da sole economicamente redditizie, alimentando l’eccesso di pesca e svalutando la qualità dei prodotti ittici.

“Il sostegno pubblico alle attività economiche quali la pesca e l’agricoltura da parte dell’Unione Europea è fondamentale e va proseguito senza alcun dubbio”, ha dichiarato a Materia Rinnovabile Roberto Russo, presidente della Federazione Internazionale per lo Sviluppo Sostenibile e la lotta contro la Povertà nel Mediterraneo-Mar Nero (FISPMED). “Dobbiamo però garantire degli standard di qualità che vanno condivisi e non imposti, attraverso attività efficaci e costanti nel tempo di informazione e formazione, creando legami tra il mondo della produzione, il mondo della trasformazione, quello dei consumatori e delle autorità pubbliche.

“Occorre regolamentare ‒ prosegue Russo ‒ non solo la parte della produzione ma anche della commercializzazione, favorendo l’ingresso nel territorio europeo solo di prodotti che assumono a carico dei produttori le regole europee, scoraggiando invece provenienze da luoghi ove la qualità non è elemento centrale, nell’interesse della salute delle cittadine e dei cittadini europei e della solidità economica degli operatori. La FISPMED in questo scenario sta lavorando per creare una rete multistakeholder denominata Bioeconomia, alla quale invitiamo le lettrici e i lettori a aderire come singoli oppure rappresentanti delle società civili del Mediterraneo e del Mar Nero.” Negli ultimi anni, le realtà politiche più impegnante nella distribuzione di sussidi dannosi sono stati la Cina, l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Corea e il Giappone.

Le proposte UE e l’elettrificazione dei porti

Dall’anno 2021, la Commissione europea sta puntando sulla sostenibilità e la digitalizzazione per il tessuto imprenditoriale dell’Europa. Nell’ambito delle iniziative giuridiche legate all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e del Green Deal, la Commissione ha proposto l’introduzione di una tassa di soli 3,6 centesimi al litro sul carburante per le imprese. Francia, Spagna e Cipro si sono opposte sostenendo che tassare i carburanti di origine fossile non porterebbe un grande impatto in termini di sostenibilità, generando danni economici alla filiera ittica e non innescando alternative concrete di diversificazione energetica e di combustibili alternativi.

Tuttavia, le stesse istituzioni europee e le organizzazioni per la tutela del mare e della pesca artigianale stanno lavorando a un’alternativa politica e infrastrutturale per la decarbonizzazione, chiedendo di accelerare sui processi di elettrificazione per i porti, di procedere nell’alimentazione da terra delle navi e di promuovere l’utilizzo di strumenti da pesca più efficienti, capaci di ridurre fenomeni come il bycatch, la pesca accessoria di animali non utilizzabili ma che spesso, catturati, muoiono, generando un problema alla biodiversità marina. Le navi producono il 13,5% delle emissioni di gas climalteranti generate dai diversi mezzi marittimi nell’Unione europea. I vantaggi ambientali dell’alimentazione da terra sono considerevoli: consentono alle navi di spegnere i motori delle imbarcazioni e di connetterle alla rete elettrica locale, evitando la produzione di emissioni da parte dei generatori diesel, migliorando la qualità dell’aria e riducendo l’inquinamento acustico, molto dannoso per la biodiversità marina.

 

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Immagine: Erik Mclean, Unsplash

 

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