“Essere in grado di vivere bene nel limite naturale è la grande sfida del nostro secolo, che richiede un cambio di modello di sviluppo. Occorre fare propria la cultura della produzione e della conservazione, andando oltre quella della dissipazione e dello scarto. Bisogna superare i nostri limiti tecnologici per essere in grado di vivere nel limite delle risorse disponibili, avendo chiare la consapevolezza della responsabilità delle nostre azioni sui cambiamenti della natura e l’essenzialità e centralità delle risorse naturali per l’umanità.” Lo afferma in questa intervista Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont e vera e propria guida della bioeconomia italiana. Anche nel suo ruolo di consigliere di amministrazione di Fondazione Cariplo con delega alla ricerca scientifica, la manager umbra si sta occupando di sostenere attività per favorire lo sviluppo della bioeconomia e dell’economia circolare e la creazione di nuovi posti di lavoro “verdi”. 

 

Investire in ricerca e innovazione. È questa la ricetta per uscire dalla crisi, secondo la quasi unanimità degli economisti. Quanto è importante, dal suo punto di vista, investire in ricerca scientifica oggi per assicurare lo sviluppo della bioeconomia nei prossimi decenni?

“Essere in grado di vivere bene nel limite naturale è la grande sfida del nostro secolo, che richiede un cambio di modello di sviluppo. Occorre fare propria la cultura della produzione e della conservazione, andando oltre quella della dissipazione e dello scarto. Bisogna superare i nostri limiti tecnologici per essere in grado di vivere nel limite delle risorse disponibili, avendo chiare la consapevolezza della responsabilità delle nostre azioni sui cambiamenti della natura, e l’essenzialità e centralità delle risorse naturali per l’umanità. La conoscenza e le tecnologie, se a servizio di un progetto condiviso di sviluppo, possono fare la differenza. Pensiamo alla bioeconomia, considerata secondo un approccio dell’economia circolare e delle filiere integrate, interconnesse e interdisciplinari, dove la terra, la sua qualità e biodiversità e l’uso efficiente delle risorse – nel rispetto della dignità delle persone – diventano il centro di una rigenerazione culturale oltreché industriale, ambientale e sociale. Questo tipo di cultura si forma sul campo, condividendo progetti di territorio dove il fatto di costruire e imparare insieme genera fiducia e rispetto tra gli interlocutori, nonché ricchezza per molti, senza scarti. La ricerca consente di creare conoscenza e di sviluppare nuova imprenditorialità diffusa, nuovi modelli di interazione tra industria, agricoltura e ambiente. La formazione collegata alla ricerca scientifica quanto più allargata permette inoltre di superare le abitudini consolidate e di capire che ognuno di noi può fattivamente contribuire a vincere la sfida, creando nuove opportunità di lavoro nel rispetto dell’ambiente e all’interno della cultura dei territori.” 

 

In questo quadro, in un periodo di forti tagli alla ricerca in Italia, un ruolo essenziale è giocato da soggetti privati quali le fondazioni bancarie. In qualità di consigliere della Fondazione Cariplo (la maggiore fondazione di origine bancaria in Italia) con delega alla ricerca scientifica, può dirci quali sono le principali iniziative intraprese per sostenere la ricerca nel campo della bioeconomia e dell’economia circolare?

“Fondazione Cariplo ha sviluppato negli anni un sistema virtuoso di bandi e di selezione dei progetti all’altezza del sistema di valutazione dell’Unione europea, che permette di premiare le proposte di vero valore. Sta provando anche a stimolare la cultura brevettuale diffusa con iniziative che permettano alla Fondazione di seguire i diversi progetti nella loro evoluzione. Inoltre, essendo la Fondazione una realtà che conosce profondamente il territorio in cui opera, ogni progetto ha un effetto sistemico rilevante, nonché di modello e di stimolo per altre realtà territoriali. Nel campo della bioeconomia un progetto particolarmente significativo è stato Ager: un’iniziativa per sviluppare conoscenza nelle filiere alimentari, promuovendo anche lo studio delle tecnologie correlate e della trasformazione di scarti in risorse. Il progetto ha coinvolto ben 18 fondazioni e altrettanti territori. 

A seguito del successo di Ager abbiamo deciso di proseguire, destinando 1,5 milioni di euro per il sostegno a progetti di ricerca nel comparto dell’acquacoltura, con l’obiettivo di contenere i costi di produzione, ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti e migliorare la qualità del prodotto finito. 2,5 milioni di euro, poi, sono andati a progetti nel comparto olivicolo finalizzati al miglioramento produttivo degli impianti, alla valorizzazione dell’olio extra vergine di oliva e al riutilizzo dei sottoprodotti ottenuti. Inoltre, insieme alla fondazione francese Agropolis, abbiamo portato avanti alcuni progetti, realizzati in collaborazione tra scienziati italiani, francesi e di paesi in via di sviluppo, sul riso e sui cereali nella logica di filiera integrata. E infine ricordiamo tutti i progetti a supporto dei giovani ricercatori o di iniziative scuola-lavoro, nonché a sostegno dei ricercatori universitari per concorrere a livello europeo ai grants dello European Research Council. Si tratta di iniziative particolarmente rilevanti, che spesso vedono come cofinanziatore la Regione Lombardia.” 

 

 

Ricerca scientifica a parte, quali sono le iniziative di Fondazione Cariplo che supportano, o che intendono supportare in futuro, la bioeconomia e l’economia circolare?

“Sarà sempre più importante nell’ambito della bioeconomia l’interazione tra l’area Ambiente della Fondazione e quella della Ricerca scientifica. Questo perché la bioeconomia è interdisciplinare e interconnessa e ha bisogno di progettualità calate sul territorio, che vedano la ricerca a servizio di un uso sempre più efficiente delle risorse, nel rispetto della biodiversità e degli ecosistemi.” 

 

Il bando Ambiente sulle comunità resilienti assegnava una priorità a quei progetti con ricadute in termini di opportunità occupazionali nell’ambito dei green jobs. Ci sono altre iniziative della Fondazione finalizzate alla creazione di “lavoro verde”?

“Nell’ambito della collaborazione tra area Ambiente e area Ricerca sta uscendo il nuovo bando sui green jobs, che si pone l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei giovani sulle opportunità offerte dalle professioni verdi, migliorare l’offerta formativa in linea con le competenze richieste dalla green economy e favorire l’incontro tra domanda e offerta. È una iniziativa su cui molto si può costruire provando a lavorare con le altre fondazioni e i territori. Sarà anche possibile una forte interazione con imprese particolarmente interessate al tema, creando progetti di formazione su aspetti specifici nell’ambito dei green jobs. In questo caso una partnership pubblico-privata ampliata al massimo potrebbe generare opportunità di lavoro dipendente e imprenditoriale importanti. E su questo stiamo lavorando alacremente.” 

 

Tema connesso alla ricerca scientifica e alla creazione di nuove opportunità occupazionali è quello del trasferimento tecnologico. Cosa si dovrebbe fare per favorire in Italia un migliore collegamento tra accademia e industria? In questo, che ruolo può avere una fondazione bancaria come la Fondazione Cariplo?

“Quale leva di crescita e occupazione occorrerebbe contribuire alla creazione di un ecosistema orientato all’innovazione che tragga vantaggio ‘dall’incrocio dei saperi’ tra imprese tradizionali (Pmi e grandi aziende), imprese sociali, imprese culturali, scuole, enti di formazione, ambienti di educazione informale (musei, FabLab), incubatori/acceleratori, università, centri di ricerca, distretti tecnologici ecc.

Il progetto green jobs, per esempio, connette accademia e industria attraverso progetti concreti: è il modo migliore per crescere insieme e creare ponti solidi basati su necessità reali e attuali. Altra realtà importante sono i Poli tecnico-professionali (Ptp): previsti da una legge del 2012, poi specificata da leggi regionali, sono alleanze collaborative tra istituti tecnici, imprese interessate alla disponibilità di diplomati con competenze tecniche e soft skills adatte alle loro esigenze, e altre istituzioni del territorio, quali università e associazioni. La finalità dei Ptp è di agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro dei diplomati negli istituti tecnici. 

In questo ambito Fondazione Cariplo ha finanziato con un bando da un milione di euro le migliori attività di alternanza scuola-lavoro e di formazione su soft skills pianificate dai Ptp della Lombardia. La Regione Lombardia, coinvolta nel bando, ha messo a disposizione 2 milioni del Fondo garanzia giovani per le imprese aderenti ai Ptp che assumeranno i diplomati al termine del percorso formativo.

Più in generale, la Fondazione può contribuire a validare un nuovo modello di innovazione, differente dal tradizionale modello a tripla elica basato sulla (spesso scarsa) interazione tra pubblico, privato e accademia, dove il terzo settore e la società civile fungono da catalizzatori per coinvolgere i diversi stakeholder in percorsi di ricerca e innovazione responsabili, in grado di perseguire innovazione sociale.” 

 

L’interesse di una fondazione grant making non si esaurisce con la selezione e l’approvazione dei progetti. Come vengono monitorati e valorizzati i risultati conseguiti nell’ambito delle iniziative finanziate? 

“Quest’ultimo aspetto risulta fondamentale per Fondazione Cariplo, considerato il principio di pubblica utilità che muove il suo operato. Per far ciò la Fondazione si è dotata, da tempo, di: una policy di open access, che si pone l’obiettivo di favorire la diffusione del sapere e la fruizione democratica dei risultati delle ricerche finanziate, e una policy sulla tutela della proprietà intellettuale. Quest’ultima si prefigge di incoraggiare la valorizzazione economica delle innovazioni nel rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e obbliga i destinatari dei contributi che hanno conseguito un brevetto nell’ambito di un progetto finanziato da Fondazione Cariplo a re-investire i proventi – eventualmente generati dallo sfruttamento – per ulteriori attività di ricerca e sviluppo.”

 

In conclusione, un riferimento all’attualità più stretta: come giudica la risoluzione sull’economia circolare approvata dal Parlamento europeo lo scorso luglio? Quali punti – se ci sono – ritiene debbano essere migliorati?

“La risoluzione rappresenta un segnale positivo, poiché testimonia come oggi l’Europa sia compatta sulla necessità di un modello che metta al centro l’utilizzo efficiente delle risorse. Quello che ancora manca, e che mi auguro possa trovare spazio in una nuova e più ambiziosa iniziativa europea, è una definizione di bioeconomia declinata attraverso il concetto di regioni sostenibili, basata sulla rigenerazione territoriale e sulle filiere integrate, capace di dare vita a nuovi modelli di produzione e di consumo. Una bioeconomia che parta dai terreni marginali, poco fertili e incolti, da colture valorizzabili in tutte le loro componenti, da siti industriali non più competitivi, riqualificando i territori nel rispetto delle loro specificità e della loro biodiversità e agganciandosi anche all’economia più tradizionale con nuove prospettive di innovazione. Il punto, insomma, è incidere davvero sui punti di maggiore debolezza della Ue trasformandoli in motori di questo nuovo sviluppo nei limiti delle risorse naturali.”

 

 

Progetto Ager – Agroalimentare e ricerca, progettoager.it

Info

www.fondazionecariplo.it/it/index.html