Ci ha pensato il ministro britannico Andrew Bowie a rovinare l’effetto sorpresa per quella che, a conti fatti, è stata l’unica vera notizia uscita dal G7 di Torino: l’annuncio di un phase-out dal carbone entro il 2035. Ciò che Bowie si era lasciato sfuggire ieri in un’intervista, lo abbiamo in effetti ritrovato scritto nero su bianco nel documento finale, rilasciato nel pomeriggio del 30 aprile e ribattezzato la “Carta di Venaria”.

“È la prima volta che viene indicata una data precisa per l’uscita dal carbone”, ha sottolineato il ministro Gilberto Pichetto Fratin durante la conferenza stampa di chiusura alla Reggia di Venaria. Tuttavia, a legger bene, il phase-out non sembra poi così perentorio, e lo ribadiscono, a domanda diretta, sia Pichetto che il ministro giapponese dell’Economia Ken Saitō: si farà, certo, ma “compatibilmente” con le esigenze di sviluppo di ogni Paese e le condizioni geopolitiche del momento.

Per il resto, le oltre 30 pagine della Carta di Venaria non fanno che ribadire una serie di impegni e obiettivi già noti, facendo da ponte fra la COP28 di Dubai e la COP29 in Azerbaijan. E lanciano, infine, alcune iniziative volontarie come la Water Coalition e l’agenda per il tessile circolare, per portare l’attenzione su questioni sempre più pressanti.

Phase out dal carbone, “per quanto possibile”

Cosa dice dunque, esattamente, il documento finale del G7 Clima Ambiente Energia sulla tanto sbandierata uscita dal carbone? Nell’ambito degli impegni per l’agenda net-zero, i Paesi del G7 dichiarano di voler accelerare gli sforzi per un “phase-out dalla produzione di energia da carbone unabated entro la prima metà degli anni Trenta, o in una tempistica coerente con il mantenimento del limite di aumento della temperatura entro gli 1,5°C , in linea con i percorsi net-zero di ciascun Paese”.

La frase contiene delle specifiche che rendono in effetti l’impegno meno stringente.
Innanzitutto unabated significa che il phase-out riguarda solo le infrastrutture che non prevedano tecnologie di cattura, stoccaggio e utilizzo del carbonio (CCUS), sistemi la cui utilità viene infatti ribadita pochi paragrafi più sotto, dove si parla in particolare dei settori industriali hard-to-abate.

In secondo luogo, le tempistiche indicano una certa flessibilità, purché in linea con i percorsi net-zero di ognuno. “Si dichiara che dobbiamo aderire a un percorso progressivo”, puntualizza il ministro giapponese Ken Saitō in conferenza stampa. E a spiegarlo ancora più chiaramente ci pensa Pichetto Fratin, che a domanda diretta, risponde: “L’impegno per il phase-out dal carbone si intende compatibilmente con le condizioni economiche e sociali di ogni Paese”. E inoltre, aggiunge, nel percorso bisognerà tenere in conto ostacoli di natura geopolitica, come le guerre. Insomma, conclude il ministro, si farà “per quanto possibile”.

Nucleare della discordia

Se il nucleare, almeno per la stampa italiana, sembrava uno dei temi caldi di questo G7, la Carta di Venaria non porta invece nessuna novità sostanziale su quelle che erano le posizioni già note. Anzi, l’impressione è che il ministro Pichetto Fratin, grande sostenitore di un revival dell’atomo in Italia, sia rimasto un po’ deluso dalla poca enfasi data al tema.

Il paragrafo dedicato ribadisce in pratica quelle che sono le posizioni espresse dalla COP28, ovvero l’utilità dell’energia nucleare come fonte a emissioni zero per “ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e migliorare la sicurezza energetica”. Questa affermazione viene però in qualche modo depotenziata da una specifica che, dice Pichetto in conferenza stampa, è stata richiesta da uno dei Paesi del G7 in disaccordo con questa visione. Il Paese è chiaramente la Germania, che ha spento un anno fa le sue ultime centrali nucleari, e l’aggiunta richiesta va a precisare che sono solo “quei Paesi che scelgono di utilizzare l’energia nucleare o ne sostengono l’uso” a riconoscerne il potenziale per la lotta alla crisi climatica.

Detto questo, si spendono un po’ di parole sulle tecnologie nucleari di ultima generazione, come gli Small Modular Reactors (SMR) e i microreattori, e sulla necessità di rendere più sicura e resiliente la catena di approvvigionamento per il settore. Infine si passa all’impegno nella ricerca per la fusione nucleare, con la costituzione di un Working Group on Fusion Energy del G7, per condividere risultati e buone pratiche in un campo che, se accende grandi speranze ed entusiasmi, è però ancora totalmente sperimentale (come potrete leggere nel numero 50 di Materia Rinnovabile).

Rinnovabili e gas

Neanche sulle energie rinnovabili ci sono sostanziali novità. Il documento firmato dal Gruppo dei Sette ribadisce gli impegni presi alla COP28 per triplicare la capacità di produzione rinnovabile al 2030 e raddoppiare l’efficienza energetica.
Ci si sofferma però su un paio di punti importanti: la necessità di investire nelle reti e la promessa di contribuire al raggiungimento di una capacità di storage globale di 1.500 GW nel 2030, con un aumento di oltre sei volte rispetto ai 230 GW del 2022. Anche in questo caso si affronta il problema della sicurezza e resilienza delle catene di approvvigionamento delle materie prime critiche, riconoscendo fra le soluzioni l’implementazione o il rafforzamento di pratiche di economia circolare.

Per quanto riguarda il gas, riconosciuto come fonte fossile di transizione (“ne avremo bisogno ancora per i prossimi vent’anni”, dice Pichetto Fratin), si mette nero su bianco la necessità di porre fine alle importazioni dalla Russia e “per questa circostanza eccezionale” si legittimano gli investimenti pubblici nel settore.

Tutto quello che non è energia

Non di sola energia si è parlato al summit di Venaria. Varie iniziative volontarie su temi come la cooperazione, la resilienza idrica e l’economia circolare sono state annunciate o rafforzate durante i due giorni alla Reggia. Per prima cosa, si riconosce la necessità di mobilitare ingenti risorse finanziarie per l’aiuto ai Paesi più vulnerabili agli effetti della crisi climatica e per supportare la transizione energetica delle nazioni in via di sviluppo, con un particolare focus sull’Africa. A questo proposito si sottolinea il ruolo di un ramo un po’ negletto della finanza climatica, che è appunto quello dedicato all’adattamento.

Infine, sono state annunciate due iniziative su temi diventati di stringente attualità. La prima sulla crisi idrica, a cui verrà dedicata una Water Coalition dei Paesi del G7: per il momento solo un nome vuoto senza precisi obiettivi se non la promozione del tema, ma si spera che in futuro possa portare ad azioni concrete.

La seconda è la creazione, entro la fine del 2024, di una Agenda per la moda e il tessile circolari, che si propone di “guidare un cambiamento sistemico e trasformativo nel settore tessile e della moda promuovendo pratiche di economia circolare lungo l’intera catena del valore”. Lo scopo è certamente encomiabile, ma l’iniziativa sarà solo su base volontaria. Si vedrà.

Intanto il ministro Pichetto Fratin si dice soddisfatto dei risultati: “La Carta di Venaria – conclude – è un passo importante da parte del G7 che dimostra come le grandi economia vogliano assumersi il ruolo di guida della transizione e fare da stimolo per gli altri Paesi”.


Immagini: Giorgia Marino

 

© riproduzione riservata