Se ne parla da decenni ma finora si è fatto ben poco, eppure efficientare il sistema idrico italiano è doveroso oggi come non mai, considerati le opportunità del PNRR, il prezzo dell’energia ancora molto alto e gli obiettivi di sostenibilità che tutti, dai cittadini agli Stati, sono tenuti a porsi, in un mondo in cui la crisi climatica sta innescando anche una crisi idrica.

In quest’ottica, l’evoluzione del telecontrollo è centrale, perché la qualità delle operazioni dipende dalla qualità dei dati disponibili, che a sua volta dipende dall’uso di tecnologie dedicate e già nate per tale esigenza. È questo, in estrema sintesi, il messaggio che Schneider Electric, premiata ai Global Water Awards 2022 come miglior società tecnologica nel settore idrico, ha voluto lanciare con il suo Smart Operation Tour, un evento a cui hanno partecipato anche Utilitalia, Agici e Osservatorio OSWI, con l’obiettivo di sottolineare l’importanza della digitalizzazione delle infrastrutture idriche.

Il ruolo del PNRR

Digitalizzazione che è percepita come “essenziale” dagli operatori del settore, secondo un sondaggio presentato da Marco Carta, amministratore delegato di AGICI, insieme alla risoluzione delle perdite, al controllo della qualità dell’acqua e al superamento delle costose procedure d’infrazione aperte dell’Europa contro l’Italia. Secondo Carta, il PNRR ha dato “una spinta innovativa importante”, grazie allo stanziamento di “oltre 4 miliardi, destinati al servizio idrico integrato, che sono una cifra non enorme ma rilevante”. La maggior parte di questi arriverà tra il 2024 e il 2026, per lo più destinata al Sud Italia.

I prossimi anni saranno quindi cruciali per la realizzazione dei progetti di ammodernamento del sistema idrico, ma cosa succederà poi? Se lo chiede anche Tania Tellini, coordinatrice del settore acqua di Utilitalia: “Gestire la bolla PNRR è una sfida importante, a un certo punto finirà e non sappiamo cosa verrà dopo, ma dobbiamo essere pronti”.

Piani di sicurezza dell’acqua, inquinamento e EPR

Una data certa è quella del 2029: entro quell’anno l’Italia dovrà attuare su tutti i sistemi di fornitura i piani di sicurezza dell’acqua (PSA), ma “finora l’approccio è stato di tipo volontaristico e non ha dato buoni risultati”. Secondo un sondaggio svolto da Utilitalia su 38 aziende associate, solo il 37,8% ha un piano di sicurezza completato o in approvazione, una percentuale pari a 12,3 milioni di abitanti serviti. Una velocità “che non è sufficiente a rispettare la scadenza prevista: abbiamo bisogno di un'accelerazione che può essere data anche e soprattutto dalle tecnologie innovative, che ci possono per esempio aiutare a individuare e controllare il rischio di inquinamento delle acque”.

Anche per questo Utilitalia sottolinea l’importanza di introdurre in ambito idrico schemi di responsabilità estesa del produttore (EPR), “per finanziare i sistemi alternativi per abbattere gli inquinanti, in particolare i farmaceutici”. Ma i costi previsti sono elevati e l’opzione rientra nella direttiva 91/271/CEE, Urban Waste Water Treatment Directive, il cui testo, pubblicato a Ottobre 2022, è ancora in fase di revisione.

Riuso delle acque reflue e dissalatori

Alla depurazione dell’acqua si collega anche il tema del riuso delle acque reflue, argomento centrale soprattutto in tempi di scarsità delle risorse idriche, in particolare legato al settore agricolo. “Attualmente in Italia il riuso è molto al di sotto delle potenzialità ‒ spiega Tellini ‒ ma c’è una rinnovata volontà di investire in questo settore da parte delle imprese. L'acqua che esce dai depuratori ha necessità di essere raffinata, trasportata e distribuita mantenendo la stessa qualità fino all'uso finale. Quindi servono infrastrutture, sistemi di affinamento ma anche stoccaggio, perché il settore agricolo userà l'acqua in determinati periodi dell'anno”.

Esigenze simili a quelle per la dissalazione. “L’utilizzo di acqua salata in Italia è ancora molto scarso sul totale rispetto a Paesi simili al nostro come in Spagna ‒ spiega Tellini ‒ Attualmente i dissalatori presenti sono soprattutto piccoli impianti a servizio delle isole minori. Ci sono progetti più importanti in corso, come quello dell'Isola d'Elba, ma i costi restano il problema maggiore, perché sono impianti molto energivori. Tuttavia è necessario investire, perché l'acqua può mancare in determinate condizioni e perché purtroppo sempre più spesso si registra intrusione di acqua di mare nelle falde”, soprattutto a causa dell’aumentata siccità.

L’importanza della digitalizzazione

Torna quindi di nuovo il focus sulla relazione tra ammodernamento della rete idrica e cambiamenti climatici. “Efficientare l’uso dell’acqua, ridurre le perdite non sono solo problemi gestionali ‒ commenta Furio Cascetta, prorettore green energy e sostenibilità ambientale all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli ‒ ma anche degli imperativi morali. Serve un cambio di mentalità per rendere tutto il sistema più sostenibile.” Anche per questo “il telecontrollo, o SCADA, non è un’opzione ma una necessità: non si può gestire una rete così geograficamente distribuita e complessa senza tecnologie adeguate”.

Cascetta spiega come negli ultimi vent’anni il telecontrollo si è evoluto: “Grazie alla disponibilità di microprocessori a prezzi accessibili, l’intelligenza si è spostata dal centro alla periferia”. In altre parole: più autonomia e migliore gestione delle emergenze. Un ambito in cui la stessa Schneider Electric si è inserita con GeoSCADA, un apparecchio di telecontrollo con hardware integrato che permette di geolocalizzare il problema, inviare le informazioni all’operatore centrale e avvertire direttamente la squadra di intervento più vicina.

Il telecontrollo deve essere smart

Ma la digitalizzazione non migliora solo la gestione delle emergenze. L’impatto maggiore si avrebbe soprattutto nella rendicontazione dell’acqua effettivamente prelevata dall’utente e in quella che viene persa lungo la rete. “Un sistema che perde danneggia l'azienda, i cittadini, il Paese e l’ambiente ‒ chiarisce Cascetta ‒ l’acqua immessa in rete è un dato digitale, quella che viene prelevata dall’utenza non lo è. Se nel 2023 non riusciamo ancora a misurare le perdite ma le stimiamo, abbiamo un problema grave”.

Anche perché il servizio idrico ha un costo e “un contatore vecchio di 20 o 30 anni sottostima l’utilizzo, facendo perdere all’azienda cifre consistenti”. Un problema che si moltiplica in zone, come il Nord Italia, dove spesso l’utenza è raggruppata, e se in un condominio “il contatore centrale non gira, non gira neanche quello divisionale, amplificando il problema di mancata contabilizzazione”.

Quindi, insomma, non basta sostituire le infrastrutture distributive, è necessario anche adeguare le infrastrutture di telecontrollo. Riuscire a farlo contenendo i costi, curando la cybersecurity e ponendosi target di sostenibilità ambientale ‒ Schneider Electric si è per esempio posta l’obiettivo di ridurre al minimo le emissioni di CO₂ per produrre i propri SCADA ‒ rientra in quei “margini di miglioramento molto ampi” ma assolutamente colmabili che lo Smart Tour Operation ha messo in evidenza.

 

Immagine: Daniel Hooper