Quale impatto hanno i fondi del Pnrr? Quali sono le principali difficoltà degli enti locali nella gestione di progetti e risorse destinati alla transizione ecologica e digitale? Ma soprattutto, c’è preoccupazione per il definanziamento ai Comuni da 13 miliardi di euro annunciato il 27 luglio scorso dal governo?
Per raccogliere le reazioni dei territori Materia Rinnovabile sta compiendo un viaggio lungo l’Italia. Così, dopo la prima tappa nel comune di Trento e la seconda nel comune di Modena, abbiamo intervistato Matteo Lepore, sindaco di Bologna. A Bologna la rimodulazione dei fondi annunciata dal governo potrebbe avere un impatto sui progetti Pnrr del Comune che ammonta a 144.694.386 euro, pari a circa il 22% degli interi finanziamenti destinati all’ente.

Matteo Lepore, sindaco di Bologna. Photo credit: Comune di Bologna

Sindaco, quanti sono i fondi Pnrr stanziati per l’Area metropolitana?

Complessivamente nel territorio di Bologna sono stati assegnati circa 1,2 miliardi di euro di finanziamenti Pnrr. Fondi gestiti da vari enti, non solo da Comune e Città metropolitana. Siamo la città italiana che ha la quota più alta di fondi Pnrr pro capite. Questo ci dà una grande responsabilità e fino a ora su queste risorse i tempi sono stati tutti rispettati.

Qual è l’impatto del definanziamento da 13 miliardi di euro annunciato a fine luglio?

Siamo molto preoccupati per la scelta del governo di mettere in discussione una parte dei finanziamenti. I tempi del Pnrr sono serrati e molti contratti pubblici sono già stati affidati. Nel caso di Bologna il taglio riguarda in particolare Piani urbani integrati tra il Comune di Bologna e i Comuni dell'area metropolitana. Sono progetti nati con il Pnrr, non si tratta di fondi strutturali o progetti precedenti che poi sono stati convertiti. Dunque è difficile per il governo affermare che questi sono progetti che non erano titolati rispetto agli obiettivi della Commissione UE.

Quali progetti sono sopravvissuti ai tagli?

Confermati e non dismessi dal governo ci sono i fondi per due linee di tram, quasi 900 milioni di euro, che dovremo realizzare entro il 2026. Un’infrastruttura, finanziata anche da risorse del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che senza dubbio è il progetto più importante che abbiamo, accanto ai Piani integrati.

Quest’ultimi ci servono per acquisire e rigenerare aree ferroviarie dismesse, anche nell'Area metropolitana, e realizzare la Rete metropolitana per la conoscenza. Quindi spazi per l'abitare, per le imprese e per i centri di ricerca. A Bologna i progetti interessano principalmente l’area del “Ravone”, mentre nel Nuovo circondario imolese un'area dismessa nel centro della città verrà riqualificata attraverso investimenti destinati all’università.

E salendo verso l’Appennino?

Sempre a livello di rigenerazione urbana, all’interno dei Piani urbani integrati c’è la riqualificazione della cartiera di Marzabotto, dismessa da anni, che diverrà un polo dedicato alle energie rinnovabili ed economia circolare. Infine, c’è il centro Enea del Brasimone, uno dei maggiori centri di ricerca a livello nazionale e internazionale dedicato allo studio e allo sviluppo delle tecnologie nei settori della fissione di quarta generazione e fusione nucleare a confinamento magnetico. In questo caso i fondi secondo le nostre proiezioni creeranno un volano di almeno altri 70 milioni di euro di investimenti da privati. Risorse che non vogliamo perdere.

Avete già ricevuto rassicurazioni dal governo sulle coperture?

Il governo ha dato rassicurazioni sul fatto che a ottobre verrà sostituita la voce con un’altra fonte di finanziamento. Quindi, sulla carta non ci dovrebbero essere ripercussioni e anche per questo ci è stato chiesto di andare avanti come se nulla fosse. Noi proseguiamo ma ci permettiamo di dubitare che non ci siano ripercussioni: i fondi alternativi proposti sono sicuramente fondi per lo sviluppo e la coesione (Fsc) o altre partite di fondi strutturali che solitamente sono usati per finanziare progetti sui territori. Ciò vorrà dire sottrarre risorse ad altre progettualità o altre politiche.

Secondo Lei quali difficoltà sconta la pubblica amministrazione nella gestione dei progetti?

Ciascuna esperienza è diversa dalle altre, ma i limiti che dobbiamo affrontare sono tre, come per tutte le pubbliche amministrazioni. Il primo riguarda la necessità di personale e di competenze adeguate a gestire questi fondi, tanto in numeri quanto in qualità. Un secondo aspetto riguarda la collaborazione con gli altri enti pubblici, perché sulla spesa dei fondi europei sono soprattutto i ministeri a essere in ritardo, in particolare sul Pnrr. Sul nostro territorio noi facciamo una programmazione di cantieri o di partnership che non sempre vedono poi i ministeri o grandi enti nazionali rispettare le scadenze.

Difficoltà di programmazione derivano anche dagli imprevisti, come ad esempio l'alluvione. Solo nell'Area metropolitana abbiamo avuto danni per circa 200 milioni di euro. Questo ha impatti sia sulla gestione dei fondi del Pnrr che in generale dei fondi europei. Ad esempio, l’ufficio che si occuperà della ricostruzione delle strade distrutte dall’alluvione nella Città metropolitana è lo stesso che si occupa dei fondi Pnrr.  In questo modo lo straordinario si aggiunge all’ordinario, senza che ci sia nessuna valutazione del carico da parte del governo.

Questi intoppi nel rapporto tra centro e periferia si presentano anche all’interno dell’Area metropolitana, che nel caso di Bologna si spinge fino all’Appennino?

Sui fondi europei abbiamo fatto una cabina di regia metropolitana. Ciò ha significato avere una strategia perequativa, cioè aiutare i Comuni più piccoli o le aree in difficoltà a partecipare e utilizzare i fondi. Questo ci ha permesso di fare un Piano per la montagna che è arrivato a raccogliere circa 170 milioni di euro che si stanno attuando, e successivamente un Piano per la pianura che sta raccogliendo altre risorse.

Abbiamo creato un fondo perequativo metropolitano sull'urbanistica, dove i Comuni più attrattivi versano gli oneri di urbanizzazione a favore dei Comuni in difficoltà e stiamo facendo una regia metropolitana sulla programmazione del territorio. Siamo forse l’unica Città metropolitana ad aver adottato strumenti di programmazione e di perequazione. Per noi questo è un obiettivo di autoriforma dal basso, vista la necessità di portare avanti un istituto come la città metropolitana che è rimasto a mezz'aria. L’abolizione delle province è una riforma che non è mai stata completata, lasciando molti territori in difficoltà.

 

Immagine: Sterlinglanier Iani, Unsplash