Dalla Roma del Seicento e la prima “architettrice” ai moderni grattacieli di Taiwan, dall’edilizia sostenibile in Alto Adige al Sahara algerino nell’era nucleare, la giornata di apertura del Klimahouse Congress è stato un viaggio nel tempo e nello spazio alla scoperta del ruolo delle donne nell’architettura. Primo dei due giorni del convegno intitolato Build the Future, l’evento si è svolto il 2 febbraio a Fiera Bolzano ed è stato organizzato da Klimahouse in collaborazione con l’Agenzia CasaClima. Presenti sul palco le Prof. Arch. Samia Henni, Melania Gaia Mazzucco, Francesca Galeazzi, Benedetta Tagliabue e Christine Pfeifer.

Progettiste e architettrici tra ieri e oggi

È stato l’intervento della scrittrice Melania Gaia Mazzucco a portare il pubblico nel passato, agli albori dell’architettura al femminile. Risale infatti al Seicento romano la prima donna documentata come progettista. Plautilla Briccia fu infatti la mente dietro la realizzazione di Villa Benedetta, meglio conosciuta come Villa del Vascello. Una storia rimasta sepolta per secoli negli archivi, che Mazzucco ha voluto ritrarre nel romanzo L’architettrice (Supercoralli, 2019), titolo ispirato al nome con cui la progettista era stata al tempo definita.

Un unicum nella storia che non può non condurre a un esercizio di storia controfattuale: cosa sarebbe successo se il ruolo di Plautilla fosse stato riconosciuto fin dall’origine? Forse, suggerisce Mazzucco, l’architettura non sarebbe stata considerata per così tanto tempo ancora una professione totalmente a vocazione maschile.

Oggi, invece, secondo il report La professione di Architetto in Italia nel 2021 realizzato dal Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPP), dei 153.692 architetti italiani il 42,5%, ovvero circa 65.000, è composto da donne. 6,5 punti percentuali in più rispetto alla situazione del 2005. Tra il 2010 e il 2020, le donne iscritte all’albo sono cresciute di ben il +13,9%, vale a dire 8.000 architette in più e, a oggi, negli atenei universitari le studentesse iscritte ad architettura superano numericamente i colleghi uomini.

Decarbonizzare gli edifici connettendo spazi e persone

Il settore delle costruzioni è responsabile per circa il 38% delle emissioni di CO₂ a livello globale, ha ricordato durante il suo intervento Francesca Galeazzi, Associate director & leader climate and sustainability advisory presso Arup Germany. Decarbonizzare il settore è quindi una priorità, ma l’attenzione non va rivolta solo al consumo energetico. “Quando parliamo di emissioni di CO₂ per il settore costruito abbiamo una componente che ovviamente è quella legata al consumo energetico”, ha detto Galeazzi a margine dell’evento a Materia Rinnovabile.

“Quella componente è destinata a decarbonizzarsi anche perché la stessa rete elettrica si sta decarbonizzando grazie alle energie rinnovabili e al transitioning away dalle fonti fossili. C’è però un’altra componente, chiamata embodied carbon che è legata alla produzione di materiali con cui vengono costruiti gli edifici. Un aspetto spesso tralasciato, che avrà sempre più peso, anche rispetto alla futura regolamentazione.”

Il ruolo delle progettiste e dei progettisti secondo Galeazzi è quello però anche di integrare le varie discipline, bilanciando priorità conflittuali e inserendo elementi di inclusività, come quello del gioco. Un tema a cui Arup, società presente in 33 Paesi con 89 uffici e 17.000 dipendenti, ha dedicato le linee guida nel Playful Cities Toolkit. “Quello ludico è un elemento molto importante che bisognerebbe riscoprire e celebrare, non solo nel modo in cui progettiamo gli edifici, le città con gli spazi aperti, ma anche negli uffici stessi”, ha spiegato Galeazzi.

Progettare nel mondo

Il terzo intervento è stato quello dell’archistar Benedetta Tagliabue, che ha raccontato i dietro le quinte – dal processo creativo alla partecipazione delle comunità ‒ di alcune delle sue opere più importanti, tra cui il nuovo edificio del Parlamento scozzese a Edimburgo, il Mercato di Santa Caterina, il padiglione spagnolo per l'Expo mondiale di Shanghai 2010 e il progetto della stazione Clichy-Montfermeil del Grand Paris Express.

Samia Henni, storica degli ambienti costruiti, distrutti e immaginati, ha portato invece i partecipanti attraverso un affascinante viaggio nell'architettura del Sahara algerino, evidenziando la persistenza del colonialismo francese nel suo intervento Designing for the Atomic Age. Secondo Henni la costruzione contemporanea deve fare i conti con la contaminazione tossica e le rovine radioattive che permeano ancora oggi il suolo e l'aria, dopo una lunga serie di esperimenti nucleari. "Quando c'è un sito dove vengono testate armi e tecnologie nucleari, allora l'architettura diventa in qualche modo parte dei test”, spiega a Materia Rinnovabile ricordando i filmati del reporter della BBC Larbi Benchiha, che hanno gettato luce sul riutilizzo da parte delle popolazioni locali dei materiali contaminati utilizzati nella costruzione di siti e strutture su cui verificare il potenziale degli armamenti.

“Questo è successo purtroppo negli ultimi anni, dopo la detonazione dell'ultima bomba nel 1966. E continua ad accadere perché l'esercito francese, e direi anche il Governo algerino, oggi non hanno protetto e non hanno chiuso tutti questi siti radioattivi. Il lavoro che sto facendo è una sorta di appello per sensibilizzare l'opinione pubblica, ma anche per chiedere alla comunità internazionale, al Governo algerino e a quello francese di contenere tutta questa radioattività e di proteggere la salute della popolazione del Sahara. Non solo gli algerini, perché il Sahara è attraversato da Tuareg e da altri tipi di popolazioni nomadi e seminomadi. Quindi non si tratta solo di una questione legata alle persone che vivono intorno a questi siti."

Ultimo intervento quello di Christine Pfeifer, Partner dello studio Pfeifer Partners e Presidente di Vivius, cluster di innovazione per l'edilizia sostenibile nella regione alpina. Durante la conferenza Pfeifer ha presentato tre casi studio: un edificio residenziale a più piani in legno massiccio con particolare attenzione alla selezione dei materiali e all'analisi del ciclo di vita, la ristrutturazione di un condominio con mattoni di canapa, tenendo conto del riciclo dei materiali esistenti e delle materie prime rinnovabili, e la nuova costruzione di una casa unifamiliare con struttura in legno, incentrata sull'uso di materiali locali e sulla gestione del riciclo.

 

Immagine: Marco Parisi, Klimahouse

 

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