Oltre mezzo miliardo di euro per i prossimi cinque anni. Il Gruppo CAP, l'azienda pubblica che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano ed è oggi una delle monoutility più importanti d’Italia, ha annunciato il suo Green Deal. Un ambizioso piano di investimenti per infrastrutture, ricerca, economia circolare e simbiosi industriale che punta a fare dell’ acqua un volano per la ripresa economica e sociale del territorio. Il presidente Alessandro Russo, alla guida del gruppo dal 2014 e appena riconfermato per un altro triennio, racconta a Materia Rinnovabile la sua #Waterevolution.

AlessabdroRusso CAP

Alessandro Russo, qual è il bilancio di questi primi sei anni?
È un bilancio che vede il Gruppo fortemente trasformato nel rapporto con i cittadini, con i sindaci e con gli azionisti. In questi anni abbiamo provato a trasformare quello che era il business dell’acqua, inteso in senso classico, in un sistema di servizi a 360°. Il nostro compito non si esaurisce semplicemente nel portare l’acqua potabile a casa dei cittadini. Gestire un bene primario ed essenziale alla vita significa interconnettere un intero territorio in un’ottica di sostenibilità. Significa occuparsi di molteplici aspetti, che vanno dall’approvvigionamento energetico alla gestione di emergenze come gli allagamenti, fino alla comunicazione e informazione ai cittadini. Un approccio a 360° che mette l’acqua al centro di una grande sfera di interessi dei cittadini. Anche dal punto di vista del bilancio economico, abbiamo deciso di puntare sull’interconnessione dell’acqua con gli altri mondi e misurarci sulla qualità degli investimenti.

Il Gruppo CAP ha infatti appena approvato un piano da oltre 500 milioni di euro per i prossimi 5 anni. Lo avete annunciato come il Green Deal della Città metropolitana di Milano. Quali sono i punti salienti?
Il primo punto è il miglioramento della qualità del servizio e la gestione intelligente ed efficiente delle infrastrutture, per evitare sprechi e perdite idriche. Poi ci stiamo aprendo in modo importante verso settori che affiancano il servizio idrico, come la valorizzazione dei rifiuti. In questo ambito stiamo lavorando per utilizzare parte dei nostri impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, come ad esempio il biometano ricavato dalla Forsu (la frazione organica dei rifiuti urbani). Inoltre c’è la questione della riqualificazione energetica dei nostri edifici, che vede forti investimenti nel fotovoltaico e in altre soluzioni per ridurre i consumi e produrre parte dell’energia di cui abbiamo bisogno. Di fatto, con questo piano di investimenti riprendiamo le linee tracciate dal Green Deal della Commissione Europea, integrandole con quelle che già erano nostre strategie sviluppate in questi anni, come prova ad esempio la realizzazione della nuova sede del Gruppo, certificata LEED. L’obiettivo finale è di aiutare la ripresa economica del territorio di Milano, particolarmente provato dall’emergenza Covid. Vogliamo però superare il concetto keynesiano del “fare le buche e ricoprirle” tanto per far girare l’economia. L’idea è: facciamo delle buche utili, che generino effetti positivi per i cittadini e il territorio.

CAP Milano sede small
La nuova sede del Gruppo CAP a Milano

Nell’ambito di questo Green Deal ci sarà anche un cospicuo investimento - 34 milioni di euro - per impianti dedicati all'economia circolare. Di cosa si tratta nello specifico?
Diciamo, innanzitutto, che abbiamo cercato di andare oltre il classico approccio circolare dei gestori dell’acqua. Il grado base è prendere l’acqua dal terreno e riportarcela, a fine ciclo, depurata. Potremmo limitarci a questo, invece siamo andati ad analizzare tutta la filiera del nostro “prodotto” per capire quali siano i punti in cui si può creare valore in ottica di economia circolare. La nostra idea di circolarità non è, per dirla con un’immagine, il singolo cerchio, ma una serie di cerchi che insieme formano un anello. La principale area di interesse che abbiamo individuato è la generazione di energia da materiale di scarto, nella fattispecie da fanghi di depurazione, che produciamo in grandi quantità. Se fino a 4 o 5 anni fa finivano tutti in discarica, oggi li trattiamo non più come scarti ma come materiale a valore aggiunto. E saremo presto in grado di arrivare a un ciclo integrato Zero Waste.

In questo ambito si inserisce la Biopiattaforma di Sesto San Giovanni, un grande progetto di simbiosi industriale...
È il progetto più evoluto, che abbiamo cominciato a studiare nel 2017: sarà un grande impianto integrato per la gestione di acqua e rifiuti, che tratterà fanghi di depurazione e frazione umida dei Comuni. In questo momento a Sesto San Giovanni sono presenti due impianti: un nostro depuratore e un termovalorizzatore, divisi solo da una recinzione. L’obiettivo è trasformare il sito in un unico polo. La prossima primavera, non appena sarà concluso l’iter delle autorizzazioni, demoliremo il termovalorizzatore e ne realizzeremo uno nuovo per trattare i fanghi di depurazione e produrre energia. Dalle ceneri della termovalorizzazione invece potremo recuperare l’azoto, oggi non recuperabile perché troppo diluito nei fanghi. Ci sarà inoltre una linea di trattamento dell’umido, che utilizzerà lo stesso impianto di depurazione per filtrarne lo scarto, dopo che il processo di digestione anaerobica avrà prodotto biometano.
Nel nostro settore, questo sarà il primo esperimento italiano di simbiosi industriale, ispirato ad altri già attivi in paesi nordeuropei come Austria e Germania o in Scandinavia. Creeremo valore per tutti gli stakeholder, a partire dai Comuni dell’area metropolitana milanese, che saranno incentivati a produrre frazione organica invece di rifiuti indifferenziati. Sarà un vantaggio per i cittadini stessi, perché l’area verrà riqualificata e verrà realizzato un termovalorizzatore moderno, riducendo drasticamente i fumi inquinanti e le emissioni di CO2 (di oltre il 90%). E sarà ovviamente un vantaggio per CAP, che potrà chiudere il cerchio della propria filiera trattando i fanghi di depurazione “in house”.

Perché è importante valorizzare la cultura dell'acqua?
Nonostante sia essenziale alla vita e quindi inestimabile, in un contesto come quello italiano, in cui il suo valore economico è scarso, non è semplice far passare il concetto che l’acqua vale in realtà molto molto di più di quanto viene pagata. È quindi attraverso la cultura, più che con l’economia, che si può creare il valore dell’acqua.

Il vostro slogan è #Waterevolution. Cosa vuol dire?
È un gioco di parole che comprende i concetti di rivoluzione ed evoluzione. La “revolution” è, come ho spiegato, la messa in discussione delle pratiche classiche di gestione dell’acqua, attraverso forme innovative di economia circolare e un nuovo rapporto con i cittadini. E l’evoluzione sta proprio nella rivoluzione. La mia riconferma alla guida di CAP non sarà all’insegna della continuità, ma dell’evoluzione, in un percorso di sostenibilità in cui ogni anno si aggiunge un nuovo traguardo sulla strada della rivoluzione.