Si è svolta mercoledì 20 luglio, presso il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, la Notte del Gambero d’acqua dolce, organizzata nel territorio del Comune di Casina.

I partecipanti sono stati guidati dagli esperti del progetto Life Claw in un breve itinerario sportivo e conoscitivo notturno per monitorare e conoscere il delicato habitat fluviale del gambero d’acqua dolce.  Grazie ai numerosi progetti di ripristino della fauna autoctona dei corsi fluviali, come la recente progettualità di Life Claw o del WWF del Ticino, numerosi esperti, istituzioni, comunicatori ambientali e cittadini stanno riscoprendo l’importanza del gambero di fiume e del suo ruolo chiave nel mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi acquatici.

Una progettualità di recupero ambientale che accompagna il percorso di numerose imprese, organizzazioni e università dal Nord al Sud della nostra Penisola. I gamberi appena nati vengono successivamente trasferiti nei ruscelli scelti appositamente per tornare a ripopolare la specie.

I progetti di tutela nel Nord Italia

Recentemente, il programma di cooperazione transfrontaliero Ticino-Piemonte (Interreg IVa) sostenuto dalla Fondazione Bolle di Magadino, in collaborazione con il WWF, ProNatura Ticino e l’Ufficio caccia e pesca, ha promosso, elaborato e pubblicato studi e proposte concrete per il recupero di specie particolarmente minacciate e rare, con un focus specifico dedicato proprio al gambero d’acqua dolce.

Tra le varie iniziative nazionali meritevole di attenzione ritroviamo il lavoro che sta svolgendo il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente di Pavia, e in particolare il Laboratorio di Acque Interne guidato dal professore Roberto Sacchi, con un censimento della popolazione del gambero di fiume europeo, analisi e valutazione sulle minacce che ne stanno causando l’estinzione.

Nell’estate dell’anno 2020 furono effettuate tre campagne di monitoraggio, durante le quali furono valutati circa 30 corsi d’acqua, alcuni dei quali con una popolazione già presente di gambero d’acqua dolce. Furono presi campioni biologici per la valutazione dello stato sanitario e genetico di circa 300 animali.

Invece, l’allevamento e la commercializzazione sostenibile del gambero di fiume della Venezia Orientale, crostaceo con esoscheletro robusto, di colorazione bruno-verdastra, provvisto di chele lunghe, potenti e finemente dentellate, rappresenta, nel Veneto, un metodo di organizzazione produttiva e di valorizzazione del patrimonio liquido dell’ecosistema fluviale di antica tradizione. Una delle opere più pregevoli sull’argomento, a testimonianza dell’antico rapporto del gambero di fiume con le attività umane, è quella dell’Ultima Cena affrescata nella chiesa di S. Giorgio di San Polo di Piave, opera attribuita al pittore Giovanni di Francia e risalente al 1466.

Nel mantovano inoltre noto è il gambero di fosso, un piccolissimo gambero lungo circa due centimetri, che vive nelle acque sorgive della pianura padana. Viene pescato in alcuni torrenti del mantovano e soprattutto nei canali attorno al Comune di Roncoferraro, cucinato dai bravissimi mastri risottai da cui la ricetta viene gelosamente custodita, valorizzando anche la qualità del riso locale coniugato alla selezione della polpa di pesce gatto.

La situazione al Sud

Nel corso dell’emergenza sanitaria nuovi progetti di recupero furono intrapresi anche nel Cilento e presso il fiume Sarno. In queste località, il gambero d’acqua dolce preferisce i letti ghiaiosi o sabbiosi ma dotati di rive in cui siano presenti anfratti e luoghi sicuri, rappresentati spesso da fronde di alberi caduti o foglie, per potersi nascondere e riposare.

Nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano il gambero d’acqua dolce è stato rinvenuto nel bacino del Bussento e si ha notizia della sua presenza anche in località Tramonti. Le Grotte del Bussento di Morigerati presentano un fiume sotterraneo, gole e valle fluviale. La vegetazione all’interno delle gole è caratterizzata dalla presenza di muschi e felci e da arbusti di ontano e salice. Nelle acque limpide del fiume sono presenti trote, gambero di fiume, granchio di fiume e si possono individuare i segni del passaggio della lontra. Il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano monitora e controlla lo stato di salute delle popolazioni di gambero d’acqua dolce.

L’obiettivo dei vari progetti descritti è quello di comprendere lo stato di salute delle acque dolci e approfondire il delicato rapporto che sussiste tra la pulizia dei fiumi e le specie acquatiche, indicatrici delle condizioni di fiumi, laghi e sorgenti. Il gambero di fiume è in grado di influenzare la densità e la distribuzione degli altri organismi, attraverso il suo comportamento onnivoro, oltre a rappresentare una fonte alimentare importante per pesci, uccelli e mammiferi.

Nel Medioevo, i gamberi avevano un interesse commerciale in qualità di risorsa alimentare, tanto che in alcuni stagni e fosse erano allevati per il consumo. Oggi, alcune imprese innovative stanno riproponendo il consumo sostenibile del gambero d’acqua dolce per una ristorazione di qualità e di nicchia.

Gambero di acqua dolce, una specie a rischio

Purtroppo, i gamberi di fiume autoctoni sono diventati una vera e propria rarità, a causa della peste del gambero e dell’inquinamento, e i progetti attuali devono riuscire a conciliare la promozione del prodotto, l’allevamento per il ripopolamento e la fornitura del prodotto per la ristorazione. Questi crostacei costituiscono da sempre una risorsa alimentare importante per le economie locali di molti Paesi in tutto il mondo.

La tipologia di gambero di fiume italiano preferisce le acque poco profonde e non troppo soggette a correnti, con rive ombreggiate, il cui terreno argilloso o calcareo presenti possibilmente buche dove trovare riparo. L’habitat tipico è costituito da piccoli torrenti collinari a corso lento, ma anche i laghi, naturali o fiumi artificiali, qualora ricevessero un ininterrotto apporto di acque fresche da fiumi immissari, possono venire colonizzati dai gamberi.

Il gambero di fiume italiano è una specie autoctona, la cui sopravvivenza è gravemente compromessa a causa della crescente antropizzazione degli ecosistemi acquatici e dell’introduzione di specie aliene invasive. Nello specifico, i gamberi alloctoni invasivi costituiscono una forte minaccia, in quanto portatori asintomatici della peste del gambero, una malattia responsabile della rapida diminuzione delle popolazioni autoctone italiane ed europee.

I progetti e le ricerche in corso stanno consentendo di ripopolare alcuni territori e sviluppare start up innovative legate al mondo agroalimentare, alla tutela della biodiversità e alla ricerca scientifica.

Immagine: William Gomez, Pexels