La necessità della pace, in Ucraina e ovunque, e il bisogno di costruire una nuova utopia per la sinistra globale. E poi il ruolo dell’Onu e quello del Papa in un mondo di inediti equilibri geopolitici, i faticosi accordi commerciali tra Sud America e Unione europea, i rapporti con l’Italia. E naturalmente la questione climatica, la transizione energetica e la protezione dell’Amazzonia.
Il Presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, in visita a Roma il 21 giugno, dopo un’intensa giornata di incontri istituzionali con il Presidente della Repubblica Mattarella, la Presidente del Consiglio Meloni, la segretaria del Pd Schlein, il sindaco di Roma Gualtieri e Papa Francesco, ha risposto alle domande dei giornalisti (tra cui anche noi di Materia Rinnovabile). In poco meno di un’ora di conferenza stampa, con posizioni piuttosto nette e tono schietto, Lula ha toccato tutti i temi caldi della politica internazionale, portando avanti non solo le istanze del Brasile e del Sud America, ma quelle del Sud del mondo. Nella convinzione che sia giunto il tempo di una nuova geopolitica.

I rapporti tra Brasile e Italia (e un parere su Meloni)

Per cominciare, il presidente Lula ha lanciato una stoccata alle personalità politiche nostrane. “Nonostante il Brasile sia il Paese con il più alto numero di immigrati italiani, ben 30 milioni, poche autorità italiane sono venute in visita – ha ricordato - Così ho invitato personalmente Mattarella e Meloni, che non ci sono mai stati”.
Il viaggio del presidente brasiliano in Italia arriva dunque con il dichiarato intento di rafforzare i rapporti tra i due Paesi. Rapporti che, nel 2022, si quantificano in un flusso commerciale pari a 10 miliardi di euro. “Ma il flusso potrebbe crescere molto, viste le dimensioni dell’economia italiana e della popolazione brasiliana”, ha rilanciato Lula. “Abbiamo già oltre 14mila aziende italiane in Brasile e si potrebbero sviluppare partnership in molti settori, dall’industria all’università alla ricerca scientifica”.

Per quanto riguarda la sua posizione “politica” nei confronti del governo italiano di destra e di Giorgia Meloni, il presidente brasiliano invece non si sbilancia. “Sono qui per parlare con lei in quanto capo di Stato. Ho avuto comunque una buona impressione: una donna giovane e intelligente, in un mondo ancora troppo maschilista” (e di un maschilismo così introiettato, aggiungiamo noi, che lo stesso Lula non riesce a evitare di riferirsi alla presidente Meloni come a “Giorgia”…).

Clima, transizione energetica, Amazzonia: la voce del Sud del mondo

Liquidati i convenevoli, si è passati al primo argomento caldo: la crisi climatica.
“Il Brasile ospiterà la COP30 nel 2025 e sarà la prima conferenza sul clima in uno stato amazzonico”, ha ricordato il presidente Lula. “L’Amazzonia è un tema sulla bocca di tutti, ma pochi la conoscono davvero. Noi daremo la possibilità ai rappresentanti politici e ai delegati di vedere da vicino ciò di cui parlano. E di rendersi conto di come la protezione della foresta amazzonica non riguardi solo la questione climatica, ma anche e soprattutto la tutela della biodiversità”.
Una tutela su cui, secondo Lula, dovrebbero poter mettere bocca prima di tutto le popolazioni indigene, ovvero quei 28 milioni di persone che vivono nelle aree della foresta amazzonica. “È per questo che organizzeremo, nell’ambito della COP30, un meeting degli Stati amazzonici: oltre al Brasile, il Perù, la Bolivia, l'Ecuador, la Colombia, il Venezuela, la Guiana, il Suriname e la Guiana Francese. Discuteremo di quegli aiuti promessi ai Paesi in via di sviluppo sin dalla COP15 di Copenaghen, i famosi 100 miliardi di dollari all’anno per la mitigazione e l’adattamento climatico. E poi parleremo delle altre foreste da proteggere nel mondo, come quelle in Indonesia e nel Congo: tutti questi Paesi dovrebbero unire le forze per un obiettivo comune”.

Per quanto riguarda l’impegno per la mitigazione e la transizione energetica, Lula non ha dubbi su responsabilità, pesi e misure. “L’87% dell’energia elettrica del Brasile – esordisce - proviene da fonti rinnovabili, contro il 27% della media globale; e se includiamo nel conto anche i carburanti, siamo al 50% di rinnovabile contro il 15% globale. Il Brasile ha dunque l’autorità morale per discutere a testa alta di politiche climatiche con il resto del mondo. Abbiamo inoltre un grande potenziale per l’eolico e il fotovoltaico e stiamo sviluppando tecnologie per l’idrogeno verde nel nord-est del Paese, in partnership con università e aziende di Germania, Svezia e Norvegia. Faremo sì che la transizione energetica sia il veicolo per una nuova industrializzazione del nostro Paese”.
“La green economy – continua - è una possibilità reale se tutti rispettano i limiti da rispettare. I Paesi industrializzati, che hanno già abbattuto tutte le loro foreste, hanno un debito storico nei confronti del pianeta molto più pesante delle nazioni di nuova industrializzazione. I Paesi sviluppati, in considerazione di tutta la CO2 emessa in passato, dovrebbero quindi pagare di più per aiutare le nazioni dell’America Latina e dell’Africa, che hanno bisogno di investimenti per sviluppare un’agricoltura a bassa impronta di carbonio”.

Il Mercosur e l’Unione europea: un accordo difficile

Il tema del clima non può non legarsi anche ai rapporti commerciali fra il Sud America e l’Unione europea. L’annosa questione dell’accordo di libero scambio fra UE e Mercosur (cioè il mercato comune dell’America meridionale) dovrà infatti passare attraverso le condizioni imposte dall’Europa circa il rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Una condizione che il presidente brasiliano non esita a definire “punitiva”. “La lettera inviata dall’UE non è accettabile perché ha messo una condizione in più per poter chiudere il trattato con il Mercosur, cioè quella di rispettare pienamente l’Accordo di Parigi. Ma nessun Paese ha rispettato pienamente i target di Parigi né gli accordi di Copenaghen, per cui pensiamo che ci voglia un po’ di flessibilità. Stiamo preparando una risposta e cercheremo un nuovo accordo che favorisca tutti i Paesi e non solo una parte”.
“Su questo punto – ha aggiunto – voglio incontrare anche Macron. È importante che ognuno rinunci a qualcosa per costruire un accordo che migliori la situazione sia dell’UE che del Sud America. Non vogliamo nessuna guerra fredda, come quella che si sta impostando ora tra USA e Cina”.

La guerra, la pace e una nuova geopolitica

E dalla “guerra” commerciale, il presidente Lula è poi passato a parlare della guerra in Ucraina, portando avanti le sue posizioni pacifiste, forte oltretutto del colloquio avuto poche ore prima con Papa Francesco. “Sono d’accordo con il Papa quando dice che bisogna riunire tutti gli attori coinvolti per parlare di pace e portare tutti a un tavolo di negoziato. Il mondo ha 800 milioni di esseri umani che soffrono la fame, non è giusto spendere miliardi di dollari in una guerra non necessaria. Il mio inviato speciale è andato a parlare con Putin e Zelensky e sabato parteciperà a una riunione a Copenaghen con altri Paesi per cercare di trovare un denominatore comune per far cessare la guerra”.
“Il Brasile – ha precisato - ha condannato l’occupazione territoriale dell’Ucraina da parte della Russia. Ma ora è necessario che i due Paesi si incontrino. Un accordo di pace non è una resa: tutti e due i Paesi coinvolti devono guadagnare qualcosa. Ma solo gli ucraini e i russi possono dire quali siano le condizioni di questo accordo”.
Sul ruolo dell’Europa è invece critico. “Credo che l’Unione europea possa lavorare per la pace. Il problema è che tanto l’UE quanto gli Stati Uniti sono coinvolti in questa guerra. Per questo il Brasile sta cercando, per promuovere la pace, l’appoggio di Paesi non coinvolti come Cina, Indonesia, Messico, Argentina, India e gli Stati africani”.

Anche sulla questione Ucraina, come per il clima, nelle parole del presidente Lula si delinea dunque un nuovo assetto geopolitico che vede un maggior peso del Sud del mondo sulla scacchiera internazionale. Un assetto che parte dal sogno di un’America Latina unita - “Vorrei creare in Sud America qualcosa di simile all’Unione europea”, dice Lula – fino ad arrivare ad una riforma radicale degli equilibri all’interno delle Nazioni Unite. “Serve una nuova governance dell’Onu, un Consiglio di Sicurezza in cui siano presenti i Paesi dell’Africa, l’India e nazioni come il Messico, il Giappone, l’Italia che oggi ne sono escluse. La geopolitica che avevamo nel 1945 non esiste più, il mondo è cambiato – chiosa – Per fare in modo che l’Onu continui ad avere importanza, serve una nuova geopolitica”.

Immagine: il Presidente Sergio Mattarella con il Presidente della Repubblica Federativa del Brasile, Luiz Ignácio Lula da Silva (ph Quirinale)