Tempismo perfetto. Dopo oltre un anno e mezzo di attesa, il MASE ha pubblicato oggi, 13 dicembre, la Carta Nazionale delle Aree Idonee per la realizzazione del Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi. Viene difficile pensare a un caso, visto che la notizia arriva proprio nel giorno dell’approvazione del Global Stocktake alla COP28, e dopo che la premier Meloni e lo stesso ministro Pichetto Fratin, entrambi a Dubai, hanno speso parole ed entusiasmi per un ritorno italiano all’energia dell’atomo

Congiuntura internazionale a parte, l’annuncio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica è un vero punto di svolta nella ormai ultra-trentennale storia del decommissioning nucleare italiano. La Carta, che comprende 51 aree individuate in 6 regioni diverse, è una sorta di short list di siti che sarebbero adatti per la costruzione del Deposito. Ma il decreto legge 181, approvato solo qualche giorno fa, potrebbe aprire l’elenco a nuovi possibili candidati.

51 siti per un Deposito

Per arrivare a definire la rosa delle aree idonee a ospitare tutte le scorie nucleari italiane ci sono voluti anni. A guidare il processo è stata Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning nucleare italiano, nonché della futura realizzazione del Deposito Nazionale, in cui, ricordiamolo, verranno stoccati definitivamente tutti i rifiuti a media e bassa radioattività e in via temporanea (in attesa di un più adatto deposito geologico) anche i rifiuti ad alta radioattività provenienti dalle ex centrali.
Il primo passo è stata la definizione della CNAPI, ovvero la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee, approvata dall’ISIN sulla base di diversi parametri di sicurezza, come la densità di popolazione, la distanza dalle città, il rischio sismico e la stabilità idrogeologica. 

Sogin ha quindi avviato, nel settembre 2021, un percorso di consultazione pubblica – esperimento unico nel nostro Paese – che è durato due anni ed è approdato alla definizione della Carta delle Aree Idonee. Quest’ultima, senza essere prima divulgata, è stata trasmessa da Sogin al MASE nel marzo 2022 per l’approvazione definitiva e solo oggi viene resa ufficialmente pubblica e consultabile.

I 51 siti individuati dalla CNAI sono distribuiti in 6 regioni: Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Le province interessate sono: Alessandria, Viterbo, Matera, Potenza, Taranto, Bari, Trapani, Oristano e vari Comuni del sud della Sardegna.

Perché un sito venga effettivamente scelto per la costruzione del deposito, il Comune deve tuttavia presentare la propria auto-candidatura, il che potrebbe rendere il processo ancora molto lungo.

Il caso di Trino Vercellese

A sparigliare le carte è però arrivato nei giorni scorsi il decreto legge 181 (Decreto Energia), che all’articolo 11 prevede la possibilità anche per gli “enti territoriali le cui aree non sono presenti nella proposta di CNAI” di avanzare la propria auto-candidatura e chiedere una rivalutazione del proprio territorio.
Un articolo redatto praticamente ad personam per il caso di Trino Vercellese, dove il sindaco Daniele Pane (area centrodestra), si è dichiarato interessato ad accogliere il Deposito Nazionale.
Fino a questo momento è il primo sindaco italiano a volere i rifiuti radioattivi nel proprio cortile. C’è un motivo in realtà, e anche abbastanza logico. Sul territorio di Trino, infatti, già ci sono in via “temporanea” da oltre trent’anni i rifiuti della vecchia centrale Enrico Fermi, costruita negli anni ‘60, e Pane vorrebbe “sistemarli” in via definitiva. Ma la zona non era stata presa in considerazione da ISIN per la CNAI in quanto troppo vicina all’alveo del fiume Po e a rischio esondazioni.
Il paradosso parla da solo. Ora vedremo se il buon senso arriverà a una soluzione.

Immagine: Envato Elements