Il 3 novembre 2023 un terremoto di magnitudo 6.4 ha colpito la provincia di Karnali, nel Nepal occidentale. Immediatamente dopo aver ricevuto la notizia, il ministero degli Affari interni nepalese ha chiesto a Sentinel Asia di inviare dati di rilevamento da remoto, cioè informazioni acquisite da sensori satellitari in grado di monitorare e catturare immagini ad alta risoluzione. Attivare questo servizio ha permesso alle squadre di soccorso nepalesi di identificare con precisione le zone colpite e pianificare la fase emergenziale con interventi mirati.

Dietro alle catastrofi naturali in passato si vedeva la volontà divina e tutto ciò che rimaneva da fare era pregare. Oggi, l’enorme flusso di dati satellitari che ci bombarda costantemente dallo spazio è così prezioso da permetterci di prevedere e mitigare gli effetti delle calamità naturali. L’utilizzo dei servizi satellitari per la gestione e l’analisi del rischio è un fronte su cui tutte le più importanti agenzie spaziali governative del mondo stanno investendo da tempo.

L’allerta sui terremoti in Nepal e Giappone

Uno dei frutti di questo impegno è Sentinel Asia, un’organizzazione nata nel 2005 su iniziativa della Asia-Pacific Regional Space Agency, che condivide quasi in tempo reale tutte le informazioni satellitari relative alle calamità più rilevanti che colpiscono i Paesi asiatici bagnati dal Pacifico. Dalle attività vulcaniche alle alluvioni, dai cicloni agli incendi. Nel ciclo di gestione di ogni disastro ci sono diverse fasi nelle quali i servizi satellitari possono trovare applicazione e utilità.

“A oggi Sentinel Asia ha avuto particolare successo nel facilitare lo scambio di dati satellitari tra l’agenzia spaziale e le autorità a disastro avvenuto – spiega a Materia Rinnovabile Koji Suzuki, direttore esecutivo dell’Asian Disaster Reduction Center – Tuttavia ci sono altre fasi nel ciclo di gestione delle catastrofi, come la preparazione attraverso sistemi di allerta precoce, la mitigazione del rischio e la ricostruzione, che possono fare la differenza e su cui stiamo concentrando gli sforzi.”

Se, per via di una maggiore attenzione mediatica, fondi e decisioni politiche tendono a privilegiare per lo più la riposta emergenziale, è più difficile catalizzare risorse per le fasi di preparazione e mitigazione del rischio. In questo è straordinario il Giappone che, vista la sua alta sismicità, in materia di prevenzione è diventato uno dei Paesi più all’avanguardia. Nel 2013, infatti, è stato lanciato un piano nazionale con l’obiettivo di rendere gli edifici più resilienti alle scosse e di sviluppare strutture dedicate alla gestione post sisma. Inoltre, per sensibilizzare i cittadini sono state promosse campagne di comunicazione ed esercitazioni collettive da replicare durante l’emergenza.

Per quanto riguarda i sistemi di allerta (early warning system) esistono due tipi di predizione attraverso cui l’Agenzia meteorologica giapponese notifica il pericolo: uno è in grado di ipotizzare terremoti anche a distanza di una settimana, l’altro manda un’allerta immediata ai cittadini prima che scosse di una certa magnitudo colpiscano gli edifici. Tutto grazie ai dati captati dagli oltre 2.000 sensori sparsi in tutto il Paese. 

Il problema, però, è che ancora non si riesce a predire con accuratezza la potenza del terremoto e quindi l’eventuale pericolosità. “A oggi diversi centri di ricerca stanno lavorando a un sistema di forecasting in grado di misurare anche la scala – aggiunge Koji Suzuki – ma ha raggiunto una precisione solamente del 50%.” In un Paese dove si verificano circa 1.500 scosse all’anno, per Sentinel Asia è stato molto complicato fissare una soglia di allerta standard.

Ricostruire il Pakistan alluvionato

Era l’agosto del 2022 quando le immagini satellitari di Sentinel Asia catturarono l’alluvione più devastante della storia del Pakistan, capace di mettere sott’acqua quasi il 30% del Paese e provocare la morte di oltre 1.700 persone. Con più di 8 milioni di sfollati e danni incalcolabili, oggi il programma di ricostruzione coordinato dalla Banca Mondiale sta cercando di mappare le aree più colpite e selezionare gli interventi più urgenti.

I dati satellitari vengono forniti ed elaborati dalla CIMA Foundation, un centro internazionale di monitoraggio ambientale che studia modelli matematici per migliorare la prevenzione dei fenomeni alluvionali e non solo. Già in occasione dell’alluvione del 2010, la fondazione aveva collaborato con la World Meteorological Organization per aiutare il Pakistan a spendere in modo mirato i cospicui aiuti erogati dalla comunità internazionale.

“Con le tecnologie di allora coprire un territorio così vasto fu uno sforzo enorme – dice Roberto Rudari, direttore di programma per CIMA – Oggi, dopo tanto lavoro e investimenti in strumenti innovativi, siamo in grado di fare un monitoraggio quasi del tutto automatico, continuo e su un’area estesa come l’intero Pakistan.”  Per questo la Banca Mondiale, che sta coordinando il programma di ricostruzione dopo l’alluvione del 2022, ha chiesto a CIMA di integrare i dati di monitoraggio sull’inondazione con quelli relativi alla densità di popolazione e alle infrastrutture. Le autorità avranno così la possibilità di dare priorità ai villaggi più colpiti.

Monitoraggio, previsioni e sistemi di allerta

Se l’alluvione del 2022 è stata particolarmente disastrosa, anche le piogge monsoniche dell’agosto 2023 hanno causato gravi allagamenti, provocando l’esondazione del fiume Sutlej e sommergendo centinaia di villaggi della provincia del Punjab. Le dighe che avrebbero dovuto contenere le migliaia di metri cubi d'acqua scaricati nel fiume dai serbatoi indiani (anche loro alle prese con le piogge) hanno ceduto.

Un monitoraggio in tempo reale delle condizioni di queste infrastrutture è sicuramente parte delle attività di mitigazione di rischio idrometeorologico che, specialmente in Pakistan, possono salvare vite ed evitare ingenti danni. “Per alcune infrastrutture come argini e dighe è possibile implementare monitoraggi continui – aggiunge Rudari – Per esempio nei Paesi Bassi si utilizzano sensori a terra che lavorano in tandem con quelli satellitari.”

Il pericolo, però, esiste anche monitorando 24 ore su 24 le infrastrutture. Ecco perché sono importanti sistemi di allerta dedicati ai cittadini, come quello sviluppato da Google nel 2018. FloodHub è una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale che permette a livello locale di visualizzare le previsioni di inondazioni fluviali rilevanti fino a 7 giorni prima, indicando quando e dove si verificheranno in 80 Paesi. La tecnologia combina il modello idrologico, che prevede la quantità di acqua che scorre in un fiume, e il modello di inondazione, che prevede quali aree saranno interessate e quanto sarà profonda l’acqua.

Mappare gli incendi boschivi in Grecia

Se il Pakistan è alle prese con piogge monsoniche sempre più violente, negli ultimi anni la Grecia deve fare i conti con devastanti incendi boschivi che stanno regolarmente trasformando le estati elleniche in incubi senza fine. Esacerbati da intense siccità, gli incendi del 2021 hanno bruciato in particolare l’Attica, regione dove FireHub, un sistema di allerta in grado di mappare le aree più a rischio, è stato attivato ben 14 volte.

“Abbiamo sviluppato un modello basato sull’intelligenza artificiale che integra i dati forniti da Copernicus [il programma di osservazione della Terra dell'Unione europea, ndr] con l’archivio di tutti gli incendi scoppiati in Grecia dal 2010 al 2020”, spiega a Materia Rinnovabile Stella Girtsou di Beyond, il centro di ricerca greco che insieme all’Osservatorio nazionale di Atene ha progettato FireHub. “Sfruttiamo una serie di indici e parametri come lo stato della vegetazione, l'altitudine, il vento e l’umidità per mappare ad alta risoluzione le aree più a rischio. Così quando un incendio scoppia, scatta subito l’allarme.”

Con il 95% di precisione il sistema monitora la diffusione degli incendi e fornisce previsioni su come si svilupperanno nelle successive ore. “Inoltre con l’aiuto di immagini che provengono da satelliti più vicini alla Terra, disegniamo poligoni che circoscrivono l’area interessata, così da facilitare il lavoro dei pompieri – precisa Girtso – Stiamo lavorando anche per incorporare nei modelli le causalità dell’incidente umano, cercando di capire quali sono gli hotspot vicini ai centri abitati in cui una persona, volontariamente o no, può appiccare un fuoco potenzialmente pericoloso.”

Una chiamata satellitare per le pubbliche amministrazioni

Esperienze come FireHub non sono molto conosciute nelle pubbliche amministrazioni. Sensibilizzarle sul tema è compito di Eurisy, un’associazione fondata dall’Agenzia spaziale europea (ESA) per promuovere l’utilizzo di soluzioni satellitari per l’analisi di rischio dei disastri naturali. “Sviluppiamo campagne di sensibilizzazione per le pubbliche amministrazioni e la protezione civile – commenta Annalisa Donati, segretaria generale di Eurisy Il nostro obiettivo è creare un ponte tra le applicazioni spaziali e la società”.

Organizzando workshop e incontri, Eurisy presenta alle municipalità alcuni servizi che il Copernicus Emergency Service mette a disposizione su semplice richiesta. Il Rapid Mapping, per esempio, fornisce informazioni geospaziali che permettono di mappare le aree a rischio incendi o alluvioni, a supporto delle attività di gestione delle emergenze. Galileo è invece un sistema globale di navigazione satellitare dell’Unione europea. Interamente concepito per usi civili, è in grado di rilevare con un’accuratezza inferiore ai 10 centimetri quelle persone in distress che durante le operazioni di ricerca e salvataggio sono difficili da localizzare.

Questi dati satellitari, integrati con tecnologie di machine learning, forniscono ai decisori politici e ai corpi di protezione civile informazioni obiettive e tempestive. Preziosissime per prevenire, mitigare e rispondere efficacemente alle calamità naturali del XXI secolo. Sempre più intense, sempre più frequenti.

 

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Immagine: Nasa, Unsplash

 

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