L’improvvisa riduzione, a circa dieci giorni dalla scadenza del 30 novembre 2025, dei fondi del PNRR per gli impianti destinati in Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) nei Comuni sotto i 50.000 abitanti merita certamente alcune riflessioni che vanno ben al di là dell’aspetto strettamente economico.
Il caos e l’incertezza in cui si sono trovati a lavorare imprenditori, enti vari e cittadini, impone infatti di segnalare subito che, almeno in questo caso, la gestione dei fondi PNRR ha messo a dura prova proprio la resilienza (e la pazienza) degli operatori del settore.
Ma andiamo con ordine e ricostruiamo i passaggi più importanti di questa vicenda.
Tutti coloro che volevano accedere al fondo PNRR in questione sapevano che sarebbe stato «possibile presentare domanda fino al 30 novembre 2025 alle ore 18:00, fatto salvo il preventivo esaurimento delle risorse disponibili pari a 2.200.000.000 euro che verrà comunicato sul sito del GSE»: i due dati certi erano dunque la data di scadenza e l’importo, così come riportati ancora oggi sul sito del GSE. È fondamentale ricordare che la misura di cui si parla era stata estesa ai comuni sotto i 50.000 abitanti soltanto a metà luglio 2025 e che dunque il margine temporale per presentare le domande era già decisamente ridotto.
Accesso al fondo PNRR: che cosa è cambiato
Ebbene, proprio mentre tutti gli interessati stavano correndo contro il tempo per rispettare la scadenza del 30 novembre, lo scenario è cambiato improvvisamente: in data 21 novembre 2025, sul sito del MASE è comparsa la comunicazione secondo cui la dotazione finanziaria non era più 2,2 miliardi di euro, ma 795,5 milioni di euro.
Dunque, la vicenda si può riassumere in una riduzione drastica dei fondi precedentemente previsti per legge, comunicata a ridosso della scadenza, per di più con toni incoerentemente edulcorati a sostegno delle CER (nel comunicato si legge che «Il MASE conferma il proprio impegno a valorizzare lo strumento per la partecipazione di cittadini, enti locali e imprese alla transizione»).
Ora, per comprendere l’impatto di un tale cambio improvviso di rotta, è sufficiente considerare che, se in data 23 novembre 2025 le risorse richieste ammontavano a 864,6 Mln € – e dunque avevano già sforato il “nuovo tetto” –, possiamo dedurre che ad oggi numerosissime istanze rimangono nel limbo dell’incertezza.
Va detto, per completezza di informazione, che il MASE ha lasciato uno spiraglio (dai confini comunque assai incerti): «I progetti che risulteranno valutati positivamente all’esito dell’istruttoria, ma che non potranno essere ammessi a finanziamento per effetto del superamento della dotazione finanziaria aggiornata della misura, saranno comunque considerati idonei ai fini di eventuali scorrimenti anche in relazione a successive ed eventuali integrazioni finanziarie della misura rispetto alla dotazione oggi disponibile».
Le motivazioni del MASE
Quanto alle motivazioni, esse vengono sostanzialmente sintetizzate in un successivo comunicato del 26 novembre, con cui sempre il MASE, da un lato chiarisce che «l’obiettivo originario PNRR di nuova capacità di generazione elettrica da FER pari ad almeno 1730 MW … è stato superato con oltre 1759 MW» e dall’altro lato parla di «risorse riallineate al fabbisogno effettivo della misura». Si tratta di un ragionamento decisamente contraddittorio. Il tetto posto dalla nuova dotazione finanziaria è stato ampiamente superato prima della scadenza e questo dimostra che il “fabbisogno effettivo” è stato sottostimato dal Ministero (d’altronde, nella seduta in Senato del 30.09.2025, il Ministro per gli affari europei aveva genericamente anticipato una possibile rimodulazione finanziaria sulla base di un quadro palesemente incompleto).
Il tutto è ancora più inspiegabile se si considera che tali investimenti si inseriscono in un vero e proprio “boom” delle CER costituite in Italia che, secondo quanto affermato dal Presidente del GSE in una recente intervista, si aggirerebbero intorno alle 2.400.
In poche settimane, tutti i potenziali beneficiari dei fondi PNRR hanno concentrato un lavoro progettuale – con le relative energie economiche e umane – che normalmente richiederebbe molti mesi. Con la decisione di ridurre improvvisamente la dotazione finanziaria, il Ministero sembra non avere ben presenti gli adempimenti, gli investimenti, gli studi di fattibilità, i progetti e i processi decisionali che connotano un percorso come quello che, in questa vicenda, ha portato alla presentazione di tante domande; percorso ancora più complesso per il fatto che parallelamente si doveva individuare o creare una CER.
Dunque, proprio nel momento in cui le misure di incentivo cominciavano a dare i primi importanti risultati, è arrivata la brusca frenata da parte del Ministero con motivazioni che, oltre ad essere economicamente fragili, palesano in questo caso una grave sottovalutazione della portata negativa di un tale cambio di regole in corsa, comunicato in maniera frammentaria e confusa, decisamente poco rispettosa del duro lavoro portato avanti da tutti coloro che hanno creduto in questa misura.
Dopo un anno caratterizzato da progressi significativi, sostenuti anche da norme e iniziative del MASE e del GSE che hanno effettivamente ampliato gli spazi di implementazione e crescita delle CER, dobbiamo questa volta registrare una grave battuta d’arresto.
La credibilità del legislatore
Il punto critico, infatti, non è solo economico. È giuridico, sistemico, culturale. La certezza del diritto passa anche attraverso l’affidabilità e la credibilità del legislatore nella gestione delle risorse a supporto delle misure adottate. Parliamo di un comparto, quello che ruota intorno alle energie rinnovabili, che ha un ruolo fondamentale nella sfida cruciale della transizione energetica e che meriterebbe certamente maggiore stabilità.
Da qualche anno seguo – sotto il profilo legale – lo sviluppo delle CER e partecipo a convegni in cui ho modo di analizzare, dal mio punto di vista, le grandi potenzialità di questo nuovo e innovativo strumento che mira a realizzare congiuntamente risparmio economico, sostenibilità ambientale e coesione sociale; uno strumento che consente a imprenditori, cittadini ed enti vari di condividere la prospettiva ambiziosa della transizione energetica.
Sono fermamente convinto, dati alla mano, che gli errori di un legislatore poco lungimirante potranno forse rallentare ma non fermeranno il processo ormai irreversibile di crescita delle CER, grazie alla determinazione di una società civile sempre più consapevole del ruolo strategico delle energie rinnovabili. Una società civile da cui, proprio quel legislatore, dovrebbe cominciare ad imparare.
