Il 16 dicembre la Commissione europea ha presentato la proposta di revisione degli standard Ue sulle emissioni di CO₂ per auto e furgoni, introducendo nuove eccezioni al traguardo del 2035, finora associato alla vendita esclusiva di veicoli leggeri a zero emissioni. Il nuovo impianto prevede che, a partire da quella data, i costruttori non debbano più azzerare completamente le emissioni allo scarico, ma raggiungere una riduzione del 90% anziché del 100%. Il restante 10% potrà essere compensato attraverso l’uso di acciaio a basse emissioni prodotto nell’Unione oppure tramite e-fuel e biocarburanti.
Formalmente, la normativa europea in vigore stabilisce che dopo il 2035 le nuove auto debbano avere “zero emissioni di CO₂”, un obiettivo che può essere raggiunto non solo con veicoli elettrici, ma anche con auto a idrogeno, in determinate condizioni, o alimentate con carburanti sintetici prodotti da elettricità priva di carbonio. Tuttavia, la riduzione della soglia dal 100 al 90% rappresenta un cambiamento politico sostanziale, frutto di forti pressioni industriali volte ad allentare il divieto, in particolare da parte della Germania, dove tra case automobilistiche e indotto nei prossimi anni sono a rischio 200.000 posti di lavoro, secondo quando dichiarato a novembre su Bild dal “Papa dell’auto” Ferdinand Dudenhöffer, Professore and Direttore del Center for Automotive Research (CAR). Riaprendo agli endotermici, la mossa di Bruxelles rischia però di favorire un aumento delle vendite di ibride plug-in e di mettere in pericolo, avverte New AutoMotive, anche la “nascente” industria delle batterie.
Langezaal (ChargeUp Europe): “La traiettoria è ancora irreversibilmente elettrica”
La proposta dell’esecutivo UE si inserisce nel quadro dell’Automotive Action Plan e tiene conto dei contributi raccolti nel Dialogo strategico con industria e stakeholder avviato sotto la guida della presidente Ursula von der Leyen a partire da gennaio 2025, nel segno di una “mobilità pulita con pragmatismo”, spiega un comunicato della Commissione.
“Innovazione. Mobilità pulita. Competitività. Quest’anno queste sono state le priorità principali nei nostri intensi dialoghi con il settore automobilistico, la società civile e gli stakeholder. E oggi le affrontiamo tutte insieme”, ha dichiarato von der Leyen. “Mentre la tecnologia trasforma rapidamente la mobilità e la geopolitica ridefinisce la competizione globale, l’Europa resta in prima linea nella transizione pulita globale”.
Ma per le organizzazioni ambientaliste la scelta è tutt’altro che pragmatica. “L’Unione europea ha scelto la complessità invece della chiarezza”, attacca William Todts, direttore esecutivo di Transport & Environment. “Allevare cavalli più veloci non avrebbe mai fermato l’ascesa dell’automobile. Ogni euro dirottato verso le ibride plug-in è un euro non investito nei veicoli elettrici, mentre la Cina corre sempre più avanti. Aggrapparsi ai motori a combustione non renderà di nuovo grandi i costruttori europei”.
Di segno opposto anche il commento dell’industria della “ricarica”. Per Michiel Langezaal, presidente di ChargeUp Europe e CEO di Fastned, i margini introdotti non cambiano la direzione di marcia: “Nonostante queste flessibilità, la traiettoria è ancora irreversibilmente elettrica. La transizione è saldamente in corso ed è sostenuta da un mercato in crescita. Ora l’attenzione deve spostarsi con decisione sull’attuazione. Il settore della ricarica è già pienamente impegnato e pronto a realizzare il futuro elettrico dell’Europa”.
I numeri sembrano dargli ragione: secondo il “CAM Electromobility Report” del Center of Automotive Management (CAM) le vendite di auto elettriche in Europa crescono di oltre il 26% su base annua, mentre i costi delle batterie sono diminuiti di quasi l’80% nell’ultimo decennio e l’Unione conta oggi oltre 9 milioni di punti di ricarica privati e più di un milione pubblici.
I rischi industriali e il punto di vista dei consumatori
A partire dal 2035, i costruttori automobilistici dovranno garantire una riduzione del 90% delle emissioni allo scarico, mentre il restante 10% potrà essere compensato attraverso l’impiego di acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto nell’Unione europea oppure tramite e-fuel e biocarburanti. Per la Commissione, questo assetto apre la strada alla permanenza, anche oltre il 2035, di diverse tecnologie di propulsione: dai veicoli ibridi plug-in ai range extender, dagli ibridi leggeri fino ai motori a combustione interna, accanto alle auto completamente elettriche e a quelle alimentate a idrogeno.
Ma c’è chi invita a non sopravvalutare l’impatto delle deroghe. Jean-Philippe Hermine, direttore dell’Institute for Mobility in Transition di IDDRI, osserva: “Ciò che emerge da questo pacchetto è la riaffermazione della traiettoria tecnologica verso l’elettrificazione. Non bisogna sovrastimare la portata delle flessibilità concesse né l’interesse di lungo periodo delle ibride plug-in o degli agrocarburanti, che resteranno strettamente regolamentati e relegati a mercati di nicchia nel 2035, probabilmente concentrati nelle fasce di prezzo più elevate”. Secondo Hermine, l’apertura rischia anzi di creare incertezze per i costruttori europei: “Avvicinandosi al 2035, potrebbero trovarsi davanti a scelte difficili sulla diversificazione delle motorizzazioni, con il rischio di disperdere risorse, moltiplicare gli sviluppi e, in ultima analisi, perdere competitività».
Anche dal lato dei consumatori, la posizione è netta. Agustín Reyna, direttore generale del BEUC, gruppo ombrello che riunisce 45 organizzazioni indipendenti di consumatori provenienti da 32 paesi, sottolinea i benefici economici dell’elettrico: “Le auto elettriche sono un buon affare per i consumatori e stanno già aiutando a risparmiare. L’interesse dei consumatori cresce rapidamente: quasi un terzo delle nuove auto vendute nell’Ue è ormai elettrico. Proprio per questo dovremmo concentrarci sul rendere le auto elettriche accessibili, invece di distrarci con false soluzioni come le ibride plug-in o i biocarburanti”. Secondo Reyna, obiettivi più ambiziosi per le flotte aziendali potrebbero accelerare l’arrivo di veicoli elettrici a prezzi più bassi sul mercato dell’usato, dove si concentra la maggior parte degli acquisti.
Batterie e investimenti: una sinergia con automotive da non rompere
Sul fronte delle batterie, l’esecutivo europeo mette sul piatto 1,8 miliardi di euro: il programma Battery Booster punta ad accelerare la costruzione di una catena del valore delle batterie interamente realizzata nell’Unione. Nell’ambito dell’iniziativa, 1,5 miliardi di euro saranno destinati ai produttori europei di celle attraverso prestiti a tasso zero.
La posta in gioco riguarda insomma l’intera filiera industriale. Il rapporto Europe’s Battery Economy, pubblicato oggi da New AutoMotive, evidenzia che oltre 82 miliardi di euro sono già stati destinati a gigafactory in Europa, con l’UE27 in prima linea. Entro il 2030, questi impianti potrebbero garantire più di 1,2 TWh di capacità produttiva annua, rendendo l’Europa autosufficiente e potenzialmente esportatrice. Ma il rapporto avverte: le norme sulle emissioni dei veicoli funzionano come un vero e proprio “contratto di investimento” tra l’Europa e l’industria delle batterie. Indebolirle o diluirle ora significherebbe minare la fiducia degli investitori proprio nel momento più delicato.
“Gli standard di CO2 (…) sono la ragione per cui il capitale privato è affluito nelle gigafabbriche, negli impianti di catodi e nei progetti di riciclo. Se ora l'Europa strappa quel contratto, scoraggerà gli investimenti, bloccherà lo sviluppo della catena di approvvigionamento e consegnerà il vantaggio agli Stati Uniti e alla Cina. L'Europa ha creato questo slancio e ora deve proteggerlo”, ha dichiarato Ciara Cook, responsabile della ricerca presso New AutoMotive.
Il nodo dei carburanti rinnovabili e la posizione italiana
Sul fronte dei carburanti alternativi, anche l’italiana Assogasliquidi-Federchimica accoglie con cautela l’apertura. “Riteniamo sicuramente apprezzabile e in linea con quanto da noi richiesto la valorizzazione dei carburanti rinnovabili per compensare le emissioni”, commenta il presidente di Assogasliquidi-Federchimica Matteo Cimenti. “Ma i limiti indicati se confermati dai documenti tecnici e il fatto che tale valorizzazione sembrerebbe essere garantita solo dal 2035 non ci sembrano proprio coerenti con il principio di neutralità tecnologica”.
Più favorevole la lettura del governo italiano. Per il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto, l’orientamento della Commissione rappresenta nel complesso “un segnale positivo”, pur in attesa del testo definitivo. Una linea che, secondo il ministro, l’Italia sostiene da tempo: soluzioni diverse dall’elettrico puro - come ibridi avanzati, idrogeno ed e-fuel - possono contribuire a tutelare la competitività industriale e accompagnare una transizione “equilibrata, anche sotto il profilo economico e sociale”.
