“Introdurre un regime EPR nella filiera dell'arredo può portare numerosi benefici, non solo di tipo ambientale: gestire i rifiuti in modo circolare può accrescere la competitività e la redditività delle imprese del settore, anche grazie all’introduzione di nuovi modelli di business, e può alleviare il carico di gestione da parte dei comuni, a favore dell’intera comunità.”
A sottolineare questa prospettiva, intervistato da Materia Rinnovabile, è Roberto Coizet, amministratore unico di Rete Ambiente e punto di riferimento sui temi dell’economia circolare a partire dagli anni Novanta. È anche uno dei responsabili dell’accordo di programma avviato dal Consorzio Nazionale Sistema Arredo (CNSA), un progetto consortile di responsabilità estesa del produttore (EPR). Nato il 31 ottobre 2024 su iniziativa di FederlegnoArredo e di importanti aziende del settore, prevede la partecipazione di tutti gli attori della filiera (produttori, distributori, fornitori e gestori di impianti) con l’obiettivo di organizzare il ritiro, la raccolta, il recupero e il riciclo dei mobili giunti a fine vita, promuovendone il riutilizzo.
Storicamente precursore del cambiamento, il comparto dei mobili e degli altri prodotti di arredo ha deciso di anticipare i tempi e muoversi su base volontaria, trasformando un futuro obbligo di legge in un’opportunità strategica. A che punto sono i lavori?
Dopo la firma dell’accordo di programma con il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica nell’aprile 2025, ha preso il via una fase sperimentale di test propedeutici per la raccolta di dati, opinioni e buone pratiche relativamente all’attuale gestione dei rifiuti di mobili e altri prodotti di arredo. Oltre a programmare una serie di consultazioni con associazioni rappresentative a livello nazionale, nei mesi scorsi è stata condotta un’analisi in quattro zone chiave del paese, ovvero Milano, Treviso, Napoli e Bari. In tal modo è stato possibile mappare in modo ordinato un sistema di raccolta che di fatto è molto eterogeneo, perché, a seconda delle aree geografiche, i mobili vengono gestiti in modo diverso.
Che cosa ne è emerso?
Secondo le nostre stime, effettuate con le imprese del settore, ogni anno vengono immessi al consumo circa 2,4 milioni di tonnellate di prodotti, che si trasformeranno in un tempo medio-lungo in rifiuti. A questo bisognerebbe aggiungere un quantitativo di prodotti non tracciati, che potrebbe portare a un totale complessivo di 3 milioni di tonnellate di immesso al consumo. Per rintracciare queste quantità all’interno dei rifiuti che vengono oggi gestititi in Italia, bisogna cercare in quattro flussi, che vengono tracciati e classificati come tali, ovvero ingombranti, legno, plastiche rigide e metalli. Andando a calcolare quanti rifiuti di arredo sono presenti in ciascuno di questi flussi, secondo i dati ufficiali forniti da ISPRA, il totale disponibile risulta di circa 1,55 milioni di tonnellate: questa differenza dipende dal modo in cui vengono gestiti e classificati i rifiuti o anche dal fatto che una grande quota, prima di arrivare a fine vita, viene rimessa in funzione attraverso il riuso. In sostanza, le cifre non potranno essere precise fino a quando non ci sarà un sistema EPR che riuscirà a tracciare tutta la filiera.
A quanto ammonta la quantità di arredo all'interno di questi flussi?
Dalle nostre analisi sul campo risulta che la quota di arredo in questi flussi di rifiuti è pari in media al 70% ed è una notizia: queste cifre importanti rafforzano infatti l’idea che istituire uno specifico regime EPR per l’arredo sia assolutamente importante. Per quanto riguarda le specifiche differenze territoriali, a Milano la percentuale di arredo presente tra rifiuti ingombranti, legno e metallo è del 74,17%; a Bari la quota sale al 76%, tra ingombranti e legno; a Napoli siamo sul 72%, con questa tipologia di rifiuti che viene associata solo alla frazione degli ingombranti; a Treviso, dove vengono separati anche i componenti in plastica, si scende al 62%.
Quali sono le specificità di questo tipo di rifiuti?
Oltre all’eterogeneità della raccolta, che rende difficile intercettare i flussi, i mobili a fine vita hanno altre specificità, di cui bisogna tenere conto. Innanzitutto la multimaterialità, che complica la separazione delle diverse componenti di un mobile. In secondo luogo, il lungo ciclo di vita di questi prodotti, per cui risulta difficile tracciarli e stabilirne il valore: basti pensare che oggi finiscono nei rifiuti arredi che sono stati prodotti anche svariati decenni fa.
Come sono state affrontate queste difficoltà?
Fondamentale è stata la collaborazione con i produttori, grazie ai quali abbiamo potuto identificare una dozzina di categorie chiave in cui suddividere i rifiuti, a seconda della loro destinazione d’uso, per esempio cucina, living, bagno. Abbiamo quindi creato dei prototipi virtuali dei prodotti più diffusi, identificandone le caratteristiche medie. Per esempio, come è composto mediamente un divano? A quel punto abbiamo moltiplicato i materiali utilizzati per il numero di divani immessi sul mercato. Si tratta chiaramente di stime, ma questo ci ha permesso di ipotizzare delle cifre, che poi sono state verificate attraverso lo studio delle quattro città campione, piuttosto complicato proprio per la diversità della raccolta, in alcuni casi aggregata, in altri separata, a seconda delle aree geografiche.
Quali vantaggi può offrire una maggiore circolarità?
Buona parte di questi rifiuti viene destinata al recupero energetico: introdurre una maggiore circolarità significa aumentare la sostenibilità ambientale, ma anche alleggerire i comuni dal punto di vista economico-amministrativo, considerato che lo smaltimento energetico ha un costo, che poi si ripercuote sul contributo che viene chiesto ai cittadini.
E dal punto di vista delle imprese? La filiera dell'arredo è uno dei pilastri del sistema industriale italiano, con un fatturato di 27 miliardi, di cui 14,5 destinati all’esportazione. Dazi, prodotti asiatici, direttive EU, però, complicano il futuro a breve e lungo termine.
Essere più sostenibili è una scelta importante anche per accrescere la credibilità all’estero, considerato che l’export globale rappresenta oltre il 50% del comparto. Ci sono mercati maturi in difficoltà [Francia -2,4%; Germania -0,4%; fonte: Centro studi FederlegnoArredo, dati di agosto 2025 rispetto ad agosto 2024, nda] e mercati emergenti che offrono nuove opportunità, come Emirati Arabi Uniti, Canada e Africa. Bisogna prepararsi al meglio per cogliere queste opportunità.
Aprirsi a una maggiore circolarità vuol dire anche innovare e introdurre nuove linee di business: quali?
Il riuso, prima di tutto. Oggi esiste già un mercato di questo tipo, ma non coinvolge i produttori, perché passa attraverso negozi dell’usato, e-commerce, collezionisti e svuotacantine. Le aziende potrebbero invece gestirlo in modo diverso, allestendo un vero e proprio mercato integrato, in modo da verificare anche la qualità dei mobili, organizzare accurati servizi di riparazione e offrire garanzie di qualità e durabilità. In quest’ottica diventerà sempre più importante l’attenzione dei produttori verso l’ecodesign dei prodotti, che favorisce il riutilizzo e la riparazione. Inoltre, un’altra strada è quella del noleggio dei mobili, un’opzione che potrebbe essere interessante in diversi casi, come uffici, strutture ricettive di varie dimensioni e navi da crociera, tutte realtà che effettuano frequenti turnover degli arredi.
Come funzionerà lo schema italiano per l’EPR arredo?
Per sostenere economicamente il futuro sistema EPR si ricorrerà a un contributo ambientale, che sarà incluso nel prezzo del mobile alla vendita: sarà proporzionale a dimensione e tipologia di prodotto e verrà stabilito in base ad archetipi, dalle sedie alle cucine di grandi dimensioni, per esempio. Chi realizzerà mobili più sostenibili e circolari pagherà un contributo inferiore: una premialità che incentiverà soprattutto la riciclabilità, la riparabilità e il contenuto riciclato nei mobili nuovi.
In Europa c’è l’esperienza della Francia: nel 2024 sono stati raccolti 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti, solo per quanto riguarda i mobili domestici, il 97% dei quali è stato recuperato attraverso riutilizzo, riciclaggio e recupero energetico. Che cosa suggerisce questo modello?
In Francia è attivo da tempo questo rodato modello di EPR, che si basa su due diversi consorzi: Ecomaison per la frazione di rifiuti di mobili domestici e Valdelia per quelli non domestici, provenienti per esempio da ospedali, uffici e alberghi. Per aumentare l’efficienza della raccolta francese negli ultimi anni è stato introdotto un sistema di incentivi per i distributori, in modo da favorire il ritiro dei mobili senza che il costo vada a gravare sui cittadini. Inoltre, è stata firmata una serie di convenzioni con associazioni benefiche, a cui vengono regalati i mobili: un modo per favorire il riuso, che in Francia ammonta al 5% del mercato.
Oltre all’Italia, in Europa altri paesi si stanno già muovendo, senza aspettare l’obbligatorietà della responsabilità estesa del produttore per il comparto dell’arredo: in quale direzione?
Ci sono stati UE che hanno emanato una specifica legislazione, come Spagna e Portogallo, mentre altri si stanno focalizzando su determinati settori, come Belgio, Germania e Ungheria, che stanno mettendo a punto un sistema efficiente di raccolta e riciclo dei materassi. Accanto a quello francese, credo però che il modello italiano sia comunque destinato a far scuola a livello comunitario: sarà, tra l’altro, uno dei consorzi più grandi tra quelli del nostro paese.
In copertina: Roberto Coizet fotografato da Marghertia Gallon
