L’indagine è stata eseguita – da aprile a maggio 2015 – dai volontari di Legambiente, secondo il protocollo di monitoraggio messo a punto dal ministero dell’Ambiente e dell’Ispra, su un’area di 136.330 mq, dove sono stati trovati 22.114 rifiuti spiaggiati. Vale a dire 17 rifiuti ogni 100 mq, 5 rifiuti in più ogni 100 mq rispetto all’indagine dello scorso anno.

L’indagine non si è fermata alle 29 spiagge italiane ma ha riguardato anche 25 lidi in altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo, monitorati dalle associazioni che aderiscono a Clean up the Med: l’Algeria, la Croazia, la Grecia, la Spagna, la Turchia, la Tunisia. Un’area di 87.200 mq dove sono stati trovati 8.147 rifiuti spiaggiati, in particolare 14 rifiuti ogni 100 mq. 

Escludendo i frammenti e i resti di plastica e di polistirolo dalle dimensioni minori di 50 cm che sono i rifiuti più trovati (23,5%), a guidare la top ten dei rifiuti integri rinvenuti da Legambiente sulle spiagge italiane ci sono le bottiglie di plastica per bevande (10,3%), tappi e coperchi di plastica e metallo (6,9%), nasse, reti, strumenti da pesca e cassette per il pesce (6,5%). I mozziconi di sigaretta conquistano, invece, il quarto posto con il 5,4%. In quinta posizione troviamo i rifiuti da mancata depurazione (4,9%) come cotton fioc, assorbenti, blister, deodoranti da wc. Ci sono poi stoviglie usa e getta di plastica (4,8%), materiali da costruzione (4%), flaconi di detergenti (3,8%), bottiglie di vetro (3,3%). Sacchetti di patatine e stecchetti di leccalecca e gelati (1,9%) chiudono la classifica.

Uno sguardo particolare lo merita la massiccia presenza rifiuti da mancata depurazione che se da un lato è la diretta conseguenza della scorretta abitudine di “smaltirli” gettandoli nel wc; dall’altra parte rappresenta anche un grave segnale dell’inefficienza dei sistemi depurativi che non riescono a filtrare neanche oggetti di una certa grandezza. Non è un caso, infatti, che l’83% di questi rifiuti sono stati trovati sulle spiagge che sono distanti meno di 1 km dalla foce di un corso d’acqua o molto prossime a scarichi o fossi. E il problema non accenna a diminuire: rispetto al 2014 la presenza di questi rifiuti è aumentata del 5%. 

Ma non mancano neanche i rifiuti legati alle attività produttive. Per esempio nella spiaggia di Eboli – presso l’Area protetta dunale gestita da Legambiente – il 25% dei rifiuti trovati è costituito da resti plastici formati in prevalenza da seminiere in polistirolo espanso, provenienti dalle produzioni agricole della zona. A Trieste, invece, in un transetto della spiaggia di Canovella de’ Zoppoli, il 44% dei rifiuti rinvenuti sono reti per mitili: non a caso proprio di fronte alla spiaggia ci sono i filari di allevamenti di cozze.

Anche sui litorali stranieri è la plastica a guidare la top ten dei rifiuti, seppur in percentuale minore rispetto all’Italia: il 52% contro l’80%. Prime in classifica le bottiglie di plastica (12,5%), a seguire tappi e coperchi sia di plastica sia di metallo (8,6%), shopper di plastica (7,3%), mozziconi di sigarette (5,5%), rifiuti da pesca (3,8%), bottiglie di vetro (3%), lattine di alluminio (2,4%), piccole buste di plastica per alimenti (2%), contenitori di plastica (1,9%) e per finire siringhe (1,6%). Tra i rifiuti spiaggiati all’estero vanno segnalate due nuove entrate rispetto alla classifica italiana: gli shopper in plastica (al terzo posto con il 7,3%) e le siringhe, la cui percentuale si attesta all’1,6%. 

Il primato in termini di più alta densità di rifiuti è andato alla spiaggia turca con 33 rifiuti ogni 100 mq (il doppio rispetto all’Italia). Seguono a breve distanza l’Algeria, con 28 rifiuti e la Croazia con 21 rifiuti ogni 100 mq. Meglio le spiagge della Tunisia (8 rifiuti ogni 100 mq), della Grecia (4), Portogallo (3) e della Spagna con 2 rifiuti ogni 100 mq.

Gravissimi – si sa – sono i danni provocati dai rifiuti spiaggiati all’ambiente e alla fauna, all’economia e al turismo. Tartarughe marine, uccelli e mammiferi marini possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale. Oppure morire per soffocamento a causa dell’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo. Secondo diversi studi, nel Mediterraneo occidentale, l’ingestione di rifiuti è la causa di morte per l’80% delle tartarughe marine e danneggia l’intero ecosistema marino. Inoltre, le microplastiche ingerite dagli organismi acquatici, sono la causa principale dell’introduzione di plastiche nel biota e, quindi, del disequilibrio della catena alimentare.

Quello dei rifiuti spiaggiati è un problema comune da affrontare al più presto. Serve uno sforzo congiunto che coinvolga tutti i soggetti e i territori interessati. L’Italia col bando sui sacchetti di plastica tradizionale ha fatto da capofila. Ora servono azioni sinergiche su tutto il bacino mediterraneo.

La presenza degli shopper è stata poco osservata in Italia, anche grazie alla messa al bando dei tradizionali sacchetti di plastica.

La ricerca Beach litter di Legambiente è consultabile sul sito www.legambiente.it/contenuti/dossier/beach-litter-2015-indagine-sui-rifiuti-spiaggiati