Jeff Passmore

 

Se la biomassa è un elemento essenziale per lo sviluppo della bioeconomia, il paese guidato dal primo ministro Justin Trudeau può rivendicare a ragione un ruolo di leadership nel campo. Non solo: all’abbondante presenza di materia prima rinnovabile, il Canada affianca un’eccellente rete logistica, bassi costi dell’energia e un forte supporto pubblico alle imprese e alla ricerca. 

La pensa così Michael Hartmann, vicepresidente esecutivo di BioAmber, uno dei principali produttori di acido succinico da biomassa a livello mondiale, che proprio in Ontario ha deciso di localizzare il suo impianto commerciale (l’acido succinico oggi è prevalentemente prodotto dal petrolio o dal gas naturale ed è utilizzato in ambito farmaceutico, alimentare e nella produzione di plastiche, ndr) . “Il motivo principale che ci ha spinti a costruire la nostra struttura commerciale in Canada – afferma – ha a che fare con il costo più basso di zucchero ed energia, voci che rappresentano la maggior parte dei nostri costi”. Dopo Arabia Saudita e Venezuela, il Canada è il terzo detentore mondiale di riserve petrolifere, ed è anche il terzo produttore al mondo di gas naturale dopo Usa e Russia (Eni, 2013). Per comprendere come il paese si pone nel processo di sviluppo mondiale della bioeconomia, quali i suoi punti di forza e quali di debolezza, Materia Rinnovabile ha intervistato Jeff Passmore, uno dei maggiori esperti in materia nel paese, già membro del Cleantech Advisory Board del Dipartimento degli Affari esteri e del Commercio internazionale del Canada e presidente dell’associazione canadese dei combustibili rinnovabili. 

 

Quali sono i punti di forza della bioeconomia canadese?

“Il Canada vanta un’abbondanza di biomassa, visto che ha una superficie forestale di 348 milioni di ettari (il 10% di quella mondiale) e 67 milioni di ettari di superficie agricola.

Fino a oggi, i canadesi hanno fatto buon uso di tale risorsa, con la quale – per esempio – producono circa il 6% dell’elettricità e l’8% dei carburanti per i trasporti. Inoltre, l’utilizzo della biomassa sta rivitalizzando le comunità rurali del paese creando posti di lavoro a livello locale e riducendo le emissioni di gas serra. Di fatto, dal 1990 il settore della carta e della pasta di cellulosa ha ridotto le emissioni assolute di gas serra del 66% passando dall’uso delle fonti fossili alla biomassa. 

Inoltre in Canada ci sono anche molti governi provinciali e federali che organizzano programmi di sussidi e prestiti finalizzati a sostenere la messa in commercio di nuove tecnologie, specie di quelle che puliscono l’aria, l’acqua e il suolo e/o riducono le emissioni di gas serra.

Non solo. Il Canada è anche molto vicino al mercato statunitense che rappresenta un grande sbocco naturale per le esportazioni. Le comunicazioni, i trasporti e il commercio tra i due paesi sono ben integrati, il che rende i mercati per le esportazioni di facile accesso. Inoltre, storicamente, il Canada ha sempre esportato molto anche in Europa, quindi le tecnologie nel campo della bioeconomia potranno approfittare anche di questo mercato: in questo senso i progetti rivolti all’estero potranno essere supportati dall’Export Development Canada. 

Ultimo punto: il Canada vanta anche una forza lavoro composta di professionisti con un alto livello di istruzione.”

 

E quali sono i punti deboli, secondo lei?

“Mentre le singole imprese sono passate alla biomassa come risorsa per la generazione elettrica in situ o su larga scala, e ci sono una serie di start-up che operano nell’ambito degli zuccheri cellulosici e dei biocombustibili avanzati, c’è in generale ancora molta ignoranza sulla bioeconomia: manca una strategia nazionale e a livello di provincia, anche se alcune province come la Columbia Britannica e l’Alberta hanno imposto tasse sul carbonio che spesso agevolano la commercializzazione della tecnologia pulita.”

 

Quali politiche vigono in Canada a supporto della bioeconomia?

“Una delle maggiori agenzie che potrebbe supportare progetti legati alla bioeconomia è la Sustainable Development Technology Canada (Sdtc). Per esempio se si riesce a dimostrare che un progetto pulirà l’aria, l’acqua o il suolo e/o ridurrà le emissioni di gas serra, tale progetto potrebbe aver diritto ai finanziamenti dell’Sdtc.

Allo stesso modo se apporta dei benefici al settore agricolo, potrebbe usufruire dei finanziamenti dell’Agriculture Canada. Oppure, se un progetto viene realizzato in Alberta, potrebbe aver accesso ai finanziamenti del Climate Change and Emissions Management Corporation. Così come potrebbe richiedere un prestito all’Export Development Canada se prevede di esportare almeno il 50% della sua produzione. Ma poiché alcuni di questi progetti offrono sussidi e altri prestiti a interessi ridotti, è necessario fare domande separate. È opportuno, però, partire con l’Sdtc perché se vengono approvati i finanziamenti in questa sede, ci saranno più possibilità che si aggiungano quelli di altre istituzioni. In alcuni casi, è possibile ‘accumulare’ questi programmi governativi per un massimo del 60% del costo del capitale totale del progetto. 

Per quanto riguarda i carburanti rinnovabili, dal 2010 il gasolio deve obbligatoriamente contenere almeno il 5% di etanolo. Anche molte province hanno dei vincoli sull’etanolo. Ciò ha portato a realizzare diversi stabilimenti per l’estrazione di etanolo dai cereali. Per legge poi, i carburanti devono contenere almeno il 2% di biodiesel.”

 

Enerkem, Renmatix, BioAmber: queste sono solo alcune delle imprese che hanno abbracciato la bioeconomia e si sono stabilite in Canada. Perché il Canada attira tante imprese?

“Per vari motivi: programmi di finanziamento federali e provinciali; prossimità ai mercati statunitensi; politiche progressiste a livello delle singole città mirate ad attirare le industrie; strutture fiscali allettanti; impegno verso le tecnologie pulite; presenza di ottime università e centri di formazione professionale; ampia comunità di ricerca e sviluppo in grado di offrire opportunità per una continua evoluzione e sviluppo tecnologico. E ancora: opportunità di costruire in terreni agricoli o aree industriali dismesse con la possibilità di sviluppare il progetto con un partner/investitore strategico; forte interesse da parte delle agenzie federali o provinciali e degli istituti di ricerca di collaborare con l’industria per la riuscita del progetto.”

 

Nell’Unione europea gli stakeholder della bioeconomia hanno fatto richiesta che venga adottato un sistema di appalti pubblici verdi a sostegno della domanda di bioprodotti, come è avvenuto negli Usa con il Programma Biopreferred. In Canada c’è un sistema di appalti analogo?

“No, in Canada non c’è nulla di simile al programma statunitense. Tuttavia, visti gli stretti rapporti commerciali tra Canada e Usa, le imprese che producono bioprodotti e biomateriali in Canada possono fare domanda per essere biocertificati al ministero dell’Agricoltura statunitense.

Oltre a questo, Agriculture and Agri-food Canada vanta un programma di prestiti denominato ‘Growing Forward’ attraverso il quale è possibile ricevere finanziamenti per i progetti che sostengono o rinnovano il settore agricolo. A mio avviso, sarebbe una buona strategia imprenditoriale costruire in Canada – approfittando di finanziamenti e regimi fiscali favorevoli – ed esportare nel resto del mondo.”

 

La bioeconomia e l’economia circolare sono due paradigmi economici sempre più diffusi, ma l’opinione pubblica ancora fatica a comprendere questo concetto. Come possono stakeholder e autorità comunicare meglio i vantaggi dei prodotti biobased rispetto a quelli di origine fossile?

“La pubblicità è fondamentale, ma per favorire la disponibilità di bioprodotti occorre un mercato: la cosa migliore che i governi dovrebbero fare è dare il buon esempio. Si consideri proprio il programma Biopreferred che ha lo scopo di incentivare l’acquisto e l’utilizzo di prodotti e materiali biologici. Un aspetto peculiare è che – secondo le leggi federali – tutte le agenzie federali e gli appaltatori devono acquistare bioprodotti certificati in categorie identificate dal ministero dell’Agricoltura statunitense. Ciò ha portato a un aumento della domanda di biomateriali – creando un mercato – il che a sua volta ha ridotto i costi.

Il Canada è sempre stato un solido sostenitore della Ricerca e Sviluppo e delle tecnologie pulite emergenti. Con il nuovo governo federale progressista, c’è un rinnovato impegno verso l’innovazione e la tecnologia pulita. Molti stakeholder hanno parlato al governo del ruolo positivo che la bioeconomia può svolgere per raggiungere l’obiettivo canadese di riduzione delle emissioni di gas serra.”

 

Come viene percepita oggi la bioeconomia dall’opinione pubblica canadese?

“Al momento, pochi canadesi conoscono il significato del termine bioeconomia: sono più propensi a utilizzare l’espressione ‘tecnologia pulita’. Tuttavia, un gruppo di stakeholder del settore bioenergetico (energia elettrica e carburanti) ha richiesto al governo federale di introdurre una strategia nazionale per la bioeconomia che potrebbe favorire il raggiungimento degli obiettivi fissati in materia. La bioeconomia sta acquisendo sempre più slancio: il governo è alla ricerca di imprese che diano l’esempio di come commercializzare tecnologie in questo settore. Grazie anche agli attuali programmi di finanziamento già in atto, è un buon momento per entrare nel mercato canadese.”

 

 

BioAmber, www.bio-amber.com 

Immagine in alto: ©youtube Justin Trudeau – Prime Minister of Canada