Un depuratore dell’area metropolitana di Milano che si trasforma in bioraffineria. Un sito dove vengono trattate le acque reflue di una parte del capoluogo lombardo, che diventa un distributore di carburante. A chilometri zero e a ridottissimo impatto ambientale. 

È il progetto realizzato dal Gruppo Cap, azienda che gestisce il servizio idrico integrato sul territorio della Città metropolitana di Milano – e in diversi altri comuni delle province di Monza e Brianza, Pavia, Varese, Como – nel depuratore di Niguarda-Bresso, a ridosso della prima periferia nord del capoluogo lombardo. E proprio qui, grazie alle competenze tecniche di Cap, alla collaborazione con Austep Spa, alla supervisione scientifica del Cnr e quella tecnologica del Gruppo Fca (Fiat Chrysler Automobiles), è stato realizzato il primo distributore di metano prodotto utilizzando i reflui fognari, cioè i fanghi risultanti dalla depurazione delle acque nere. Metano che è poi stato effettivamente impiegato per fare il pieno a un’auto. 

“Con questo progetto siamo riusciti a estrarre tutto il valore possibile dai fanghi di depurazione”, spiega Alessandro Russo, presidente del Gruppo Cap. “Riteniamo che si tratti di un ciclo sano, circolare. Questo perché andiamo a utilizzare qualcosa che già produciamo e che può essere ulteriormente valorizzato.” 

Il depuratore Niguarda-Bresso raccoglie le acque reflue attraverso la rete di collettamento intercomunale di tipo civile, industriale e di origine meteorica; serve una popolazione equivalente di 220.000 abitanti effettivi e può trattare fino a 300.000 abitanti equivalenti (con la definizione di abitante equivalente, o carico organico specifico, si indica la quantità di sostanze organiche biodegradabili, derivate da un’utenza civile o a questa assimilabile, convogliate in fognatura in un giorno, ndr).

 

Una fonte rinnovabile inesauribile

Il biometano è un gas prodotto dalla digestione anaerobica di biomasse in grandi “stomaci” chiamati digestori che lavorano in determinate condizioni di temperatura, in assenza di ossigeno e grazie alla presenza di particolari batteri. Il processo è lo stesso anche per le acque reflue che entrano nell’impianto di depurazione: una volta separate le due fasi, quella liquida da quella solida, i fanghi vengono trattati all’interno dei digestori dove si forma il biogas, che al suo interno sarà composto in media dal 65% di metano. Con le normali tecnologie di upgrading, il metano viene poi “lavato” fino ad arrivare ad avere un gas con indici di purezza superiori al 99%. Una volta compresso sarà pronto per essere immesso nelle vetture. “Si tratta di un carburante a chilometri zero. E sostenibile perché prodotto da materia praticamente inesauribile”, sottolinea Russo. “Anzi, man mano che aumenteranno gli impianti per la depurazione dei fanghi, aumenterà la capacità di produzione del gas.” 

 

 

Un carburante sostenibile

Se si guardano i dati forniti da Cap, si vede come il solo depuratore di Bresso avrebbe la potenzialità di produrre ogni anno 341.640 chilogrammi di biometano, sufficienti ad alimentare 416 veicoli per 20.000 chilometri. O “l’intera flotta del Gruppo Cap”, sottolinea Russo. 

Ma, allargando gli orizzonti, si può pensare a una produzione a livello nazionale. Sommando, infatti, le varie stime fornite da Enea e Ispra, a livello nazionale si potrebbe arrivare a produrre ogni anno 208 milioni di chili di biometano, che potrebbero alimentare più di 250.000 veicoli (sulla base dei consumi medi di una Fiat Panda a metano e su percorsi medi di 20.000 chilometri l’anno).

 

Il parere del Cib

Il biometano, così come l’intera filiera del biogas, è il carburante che mostra maggiori opportunità di crescita. L’obiettivo, secondo il Cib (Consorzio italiano biogas), è di arrivare a produrre – entro il 2030 – 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, incrementando di una volta e mezzo la quantità di gas naturale autoprodotta dal nostro paese. Coprendo così un quarto del fabbisogno annuo di tutto il territorio nazionale. “Sulla filiera del biogas-biometano si gioca una fetta importante del futuro della sostenibilità del sistema energetico italiano e di quello agricolo”, spiega Piero Gattoni, presidente del Cib. “Gli ultimi sono stati anni difficili, per effetto dei ritardi e della mancanza di visione di lungo periodo a cui la nostra politica ci ha spesso abituato, ma le nostre aziende associate, con la loro presenza, dimostrano che, nonostante il periodo complesso, il nostro è un settore vivo che non rinuncia a fare impresa in Italia e a farlo con la qualità del fare bene che contraddistingue le nostre produzioni agricole e industriali.” 

E i numeri danno ragione al Cib: l’Italia oggi è il secondo produttore europeo di biogas, dopo la Germania e il quarto a livello mondiale, dopo Cina, Germania e Usa. Secondo i dati forniti dal Cib, circa l’80% degli impianti in esercizio è alimentato da liquami zootecnici, residui agro-industriali, o colture di integrazione; mentre la quota restante utilizza la frazione urbana dei rifiuti solidi urbani, i fanghi di depurazione e il biogas captato dalle discariche.

Una trasformazione, quella del depuratore di Bresso-Niguarda che non rimarrà unica, non appena la legge consentirà l’immissione in rete anche di biometano prodotto da reflui fognari. Il Gruppo Cap, infatti, punta a trasformare gradualmente i principali depuratori – tra i 61 oggi operativi – in bioraffinerie capaci di produrre non solo biometano, ma anche fertilizzanti, energia elettrica e nutrienti come fosforo e azoto. Dalla gestione integrata dell’acqua nascono nuovi giacimenti, dalle potenzialità tutte da sfruttare. Così il ciclo si chiude e presto si potrà fare il pieno all’auto recuperando e depurando l’acqua.

 

Fino al 95% di CO2 in meno

Anche nel settore automotive il metano può rappresentare un’alternativa. In particolare in Europa si crede molto nelle potenzialità del gas naturale per la mobilità sostenibile, ritenendolo una scelta tecnologica efficace – e subito disponibile – per risolvere i problemi di inquinamento delle aree urbane e ridurre le emissioni di CO2.

In questo contesto l’Italia è considerata un esempio di best practice per lo sviluppo del gas naturale tra i carburanti alternativi, come dimostra la continua crescita sia delle vendite di autoveicoli alimentati a gas, sia del numero di distributori di metano. Tra il 2005 e il 2015 questi ultimi sono più che raddoppiati, mentre sono quasi triplicati i veicoli a metano venduti, per una filiera che in Italia occupa circa 20.000 addetti e fattura circa 1,7 miliardi di euro l’anno, coinvolgendo più di 50 piccole-medie imprese e circa 5.000 officine specializzate.

Con il biometano prodotto a partire da rifiuti urbani o da attività agricole e zootecniche anche il gas naturale entra di diritto nel novero delle fonti energetiche rinnovabili. Il biometano concorre quindi a risolvere il problema del recupero di scarti e rifiuti in un’ottica di economia circolare, contribuendo anche – senza sottrarre risorse alimentari – a ridurre la dipendenza energetica dal petrolio. Con importanti benefici anche per gli agricoltori, che possono utilizzare il combustibile ricavato dagli scarti delle loro attività per alimentare le proprie macchine agricole e processi produttivi, utilizzarlo come biofertilizzante oppure venderlo. Uno scenario del tutto coerente con l’obiettivo stabilito dalla Ue di arrivare a utilizzare entro il 2020 carburanti rinnovabili nella misura del 10% del totale.

Inoltre, in termini di impatto ambientale il biometano produce circa il 20% in meno di emissioni dirette di CO2 rispetto alla benzina. Ma il vero vantaggio si evidenzia considerando questa risorsa sull’intero ciclo di vita: in questo caso la riduzione di CO2 può superare anche il 95% a seconda della materia prima di origine. In un’ottica well-to-wheel, i veicoli a biometano producono pressoché le stesse emissioni di CO2 di un veicolo elettrico alimentato con energia da fonti rinnovabili. Considerando una miscela metano-biometano al 40%, le emissioni di CO2 si allineano a quelle di un veicolo elettrico alimentato con energia proveniente dal mix energetico degli impianti di produzione europei.

Fca è tra i leader in Europa nel campo dei veicoli a metano, con più di 690.000 automezzi venduti (autovetture e veicoli commerciali) tra 1997 e il 2015. Con l’attuazione della direttiva europea Dafi sullo sviluppo dell’infrastruttura per i combustibili alternativi, ci si aspetta un ulteriore incremento nel numero di distributori per il metano nei prossimi anni. In questo contesto, Fca, Cnh Industrial e Snam hanno firmato a novembre 2016 un Memorandum of Understanding finalizzato a sviluppare ulteriormente il gas naturale per l’autotrazione in Italia.

 

Cib, www.consorziobiogas.it

Info

www.gruppocap.it

 


  

Intervista a Alessandro Massone, amministratore delegato di Austep

A cura di R. B.

 

“Sviluppare una rete di biometano su scala nazionale”

 

Austep è una società di ingegneria specializzata nella progettazione, realizzazione, gestione e controllo attiva – tra gli altri – anche nel settore del trattamento delle acque di processo e acque reflue. Nell’impianto di Bresso ha fornito la tecnologia per l’upgrading del biogas a biometano. 

 

Qual è stato il ruolo di Austep nella realizzazione dell’impianto?

“L’obiettivo di Austep era affrontare la problematica dei fanghi di depurazione e trovare una soluzione che valorizzasse questo scarto. Il Gruppo Cap, che gestisce più di 60 impianti, ha mostrato grande interesse verso la nostra tecnologia, proponendoci una collaborazione che portasse allo sviluppo di soluzioni innovative e all’avanguardia. Negli ultimi anni, grazie anche all’introduzione di normative che incentivano la produzione di biometano da fonti rinnovabili, l’interesse verso queste tecnologie è cresciuto in maniera esponenziale. È così che abbiamo pensato di applicare la nostra tecnologia b:UP al biogas prodotto da fanghi di depurazione, rispondendo alle molteplici richieste del mercato, e risolvere il problema degli scarti di depurazione delle acque nere.”

 

Quali sono le caratteristiche tecniche dell’impianto?

“Il modulo pilota utilizzato presso l’impianto di Bresso ha una capacità di trattamento di circa 25 metri cubi/ora. La tecnologia b:UP sfrutta le diverse dimensioni molecolari e, grazie a una serie di membrane, separa in due flussi distinti il biometano e l’anidride carbonica. Le molecole di anidride carbonica, più piccole rispetto a quelle di biometano, riescono a passare attraverso le membrane e proseguire il loro percorso, mentre le seconde, più grandi, vengono bloccate e convogliate in un flusso secondario. In questo modo all’uscita del modulo avremo due flussi, uno ricco di biometano e l’altro ricco di anidride carbonica.”

 

Quali sono le potenzialità a livello nazionale della produzione di biometano da fanghi di depurazione?

“Una volta che i test che stiamo conducendo presso l’impianto di Bresso saranno conclusi e avranno restituito i risultati attesi, sarà possibile realizzare il primo distributore di biometano su scala nazionale. L’idea è arrivare a una soluzione che possa essere replicata in maniera modulare presso tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue, così da facilitare la diffusione di questa tecnologia. Con tutti i vantaggi che comporta.” 

 

Cap21, la sostenibilità secondo Cap

Ogni giorno il Gruppo Cap serve tramite acquedotto 2.186.450 cittadini e tramite la fognatura 1.916.589. Un bacino d’utenza che necessita di adeguati e costanti controlli, anche attraverso le ultime tecnologie oggi disponibili (fibra ottica, il WebGIS, il MibSit, e lo smart metering): in questo modo Cap garantisce l’efficienza, la trasparenza e la qualità del servizio. 

Ma è anche attraverso il programma Cap21, con cui l’azienda ha deciso di sottoscrivere 21 impegni concreti di sostenibilità, che il tema della gestione sostenibile dell’acqua ha preso piede in maniera sostanziale. Si tratta di una chiara presa di posizione sui temi oggi più attuali: cambiamenti climatici, gestione degli eventi meteorologici estremi, riduzione della disponibilità delle risorse naturali. 

Tra questi fondamentale importanza ha – e avrà – la gestione sostenibile dell’acqua. Ecco perché Cap ha messo in atto 21 azioni, che in realtà ne racchiudono molte altre al loro interno, e che rappresentano l’impegno quotidiano dell’azienda nella gestione industriale, pubblica ed efficiente del servizio idrico integrato. Un investimento di 600 milioni di euro in cinque anni per arrivare a ridurre i consumi, riutilizzare l’acqua, recuperarne i nutrienti, reindirizzare l’energia e ricostituire l’ambiente circostante.

 

www.austep.com