La forte presenza dell’industria chimica (il sesto paese dell’Ue per fatturato, secondo l’associazione europea Cefic, e il primo al mondo su base pro capite), con grandi impianti di fermentazione come quelli di AlcoBiofuel e BioWanze, una buona disponibilità di biomassa, una rete logistica integrata in una delle aree più sviluppate del continente, dove i porti di Ghent e Anversa giocano un ruolo strategico. E ancora: una ricerca pubblica e privata di eccellenza, cluster dedicati e impianti pilota che consentono lo scale-up industriale delle tecnologie. Sono queste le caratteristiche principali della bioeconomia in Belgio, dove è la Regione delle Fiandre a esercitare una vera e propria forza di traino.

Archiviati gli anni dell’economia basata sul carbone, oggi il Paese ha individuato nell’impiego delle fonti rinnovabili la leva per un nuovo sviluppo economico sostenibile, anche se ancora manca una strategia nazionale su questo meta-settore. 

 

Le Fiandre alla guida della bioeconomia belga

Le politiche sulla bioeconomia in Belgio riflettono il carattere federale del paese, ma soprattutto il diverso livello di sviluppo tecnologico e industriale che caratterizza le due principali regioni. Mentre in Vallonia la bioeconomia è considerata nel più ampio contesto della green economy e non esiste ancora una strategia correlata, le Fiandre negli ultimi anni hanno preso diverse iniziative volte a sostenere il settore, con una prima bozza di una strategia dedicata (Bioeconomy in Flanders), presentata nel 2014 grazie a un gruppo di lavoro interdipartimentale composto da diversi ministeri e agenzie governative come VITO (l’Istituto fiammingo per la ricerca tecnologica) e OVAM (l’Agenzia pubblica per i rifiuti), che hanno collaborato con istituzioni di ricerca, associazioni industriali e società civile. 

Il documento individua cinque aree prioritarie per promuovere la bioeconomia fiamminga. La prima consiste nella rimozione di tutti gli ostacoli regolatori e nel coordinamento delle misure legislative più rilevanti per il settore. La seconda sottolinea la presenza delle infrastrutture, della ricerca e dell’innovazione come elementi fondamentali per favorire lo sviluppo della bioeconomia. Ciò significa anche una forte attenzione verso la formazione di esperti e la valorizzazione dei risultati della ricerca, evitando un conflitto nell’allocazione delle risorse per cibo, materiali ed energia. La terza riguarda l’uso efficiente della biomassa, con lo sviluppo di criteri di sostenibilità e territorialità. La quarta prevede la creazione di un mercato e di una consapevolezza tra l’opinione pubblica. La quinta, infine, è la cooperazione interregionale e internazionale per favorire il trasferimento tecnologico e di conoscenze. Tutto ciò dovrebbe portare la regione, nella visione del governo, a essere nel 2030 una delle più competitive in Europa in ambito bioeconomico e tra le più importanti a livello di ricerca e innovazione. 

I temi dell’economia circolare, dell’energia e di Industria 4.0 rientrano anche tra le sette priorità di transizione individuate dal governo fiammingo nel piano strategico Vision 2050. A long-termstrategy for Flanders. Lo sviluppo di una bioeconomia competitiva producendo biomassa in modo sostenibile e (ri)-utilizzando scarti e residui per alimenti e mangimi, materiali, prodotti ed energia è incluso in modo esplicito nel documento CircularFlanders approvato lo scorso 24 febbraio.

Il punto di partenza è molto incoraggiante, perché già oggi la bioeconomia è una realtà notevolmente sviluppata nelle Fiandre. La regione contribuisce al 58% del prodotto interno lordo totale belga (dati 2013: 229,9 miliardi di euro su 395,3 totali), e al 61% delle spese globali in Ricerca e Sviluppo (dati 2013: 5,8 miliardi di euro su 9,6 miliardi totali). Nel 2015, il fatturato del settore chimico, delle plastiche e delle scienze della vita ha raggiunto i 42 miliardi di euro, con 59.500 posti di lavoro diretti e oltre 100mila indiretti, 1,6 miliardi di euro per la Ricerca e Sviluppo e 11 miliardi di valore aggiunto lordo (il 30% del totale dell’industria). Di 60 miliardi di euro è il fatturato dell’industria agroalimentare, che dà lavoro a 145.500 persone e contribuisce per 8,2 miliardi di euro al valore aggiunto lordo fiammingo. 

 

Il Flanders Biobased Cluster

L’ambizione fiamminga di essere uno dei centri di punta della bioeconomia europea risale almeno al 2005, anno di fondazione della Ghent Bio-Energy Valley, chiamata a soddisfare la richiesta del governo di produrre biocarburanti sul territorio belga. Da qui è nato anche il Rodenhuizebiorefinery cluster nel porto di Ghent, che ospita l’impianto per la produzione di bioetanolo di Alco Biofuel ed è oggi uno dei più grandi siti europei di produzione bioenergetica. La regione di Ghent è responsabile del 90% della produzione totale dei biocarburanti fiamminghi. 

Dopo l’avvio della produzione di biocarburanti, la Ghent Bio-Energy Valley ha ampliato il proprio campo di attività a tutti i domini della bioeconomia. Un cambiamento che ha portato anche una trasformazione del nome prima, nel 2013, in Ghent Bioeconomy Valley e successivamente, nel 2016, in Flanders Bioeconomy Valley. Quest’ultima è un vero e proprio hub dell’innovazione biobased che ha come partner l’Università di Ghent, il Porto, la stessa città e l’Agenzia di sviluppo delle Fiandre orientali, e mette insieme centri di ricerca, investitori, Pmi e grandi imprese. L’obiettivo è favorire l’innovazione tecnologica in campo biobased, consentire una clusterizzazione delle diverse filiere della bioeconomia, fornire servizi specialistici ai propri membri e promuovere una corretta informazione sulla nuova economia che impiega le fonti biologiche come materia prima. 

Fiore all’occhiello della Flanders Bioeconomy Valley è il Bio Base Europe, di cui fanno parte il Bio Base Europe Pilot Plant e il Bio Base Europe Training Center, un centro di formazione, esibizione e network che promuove lo sviluppo di una bioeconomia sostenibile, offrendo alle imprese formazione specifica e connessioni strette con la domanda di mercato.

 

Bio Base Europe Pilot Plant

Situato nel porto di Ghent, per la realizzazione del Bio Base Europe Pilot Plant è stato ristrutturato un edificio già esistente. Si tratta di una piattaforma pilota aperta, capace di accogliere sotto lo stesso tetto l’intera catena di valore, dalle risorse rinnovabili al prodotto. Dotata di attrezzature per pre-trattamento delle biomasse, fermentazione, biocatalisi, chimica verde e processi a valle, la struttura è composta da tre grandi aree, con laboratori e uno spazio per la manutenzione. La prima area pilota è dedicata al pre-trattamento e alla biocatalisi: vi si trovano diversi reattori con dimensioni fino a 8 metri cubi; il secondo settore è dedicato alla biotecnologia industriale, con fermentatori fino a 15 metri cubi; la terza area contiene reattori chimici e attrezzature di estrazione con dimensioni fino a 5 metri cubi. I diversi moduli sono estremamente flessibili e possono essere collegati per realizzare in modo diretto molteplici linee di produzione. La finalità di questo impianto è ambiziosa: diventare un centro di riferimento a servizio delle imprese per testare i bioprodotti made in EU. Oggi il Bio Base Europe Pilot Plant, che è operativo dal 2011, è considerato un punto di avanguardia per le biotecnologie industriali, anche in virtù del riconoscimento ufficiale ricevuto dalla Commissione europea. Nel corso degli anni, grazie al supporto finanziario del Porto di Ghent, della Provincia delle Fiandre orientali, del governo fiammingo, dei Paesi Bassi e dell’Unione europea, nell’impianto pilota di Bio Base Europe sono stati investiti oltre 25 milioni di euro.

 

La ricerca biotecnologica

Le Fiandre sono anche uno dei principali mercati europei per le biotecnologie. Nel 2015 il mercato biotech belga capitalizzava 17 miliardi di euro, il 15% del totale europeo. L’1% di tutti i brevetti mondiali per il biotech industriale è di proprietà belga. Mentre l’economia biobased è cresciuta dal 2008 al 2014 del 28%.

Rappresentanti d’eccellenza della ricerca fiamminga sono VIB, l’Istituto per le biotecnologie che occupa 1470 scienziati di 60 nazionalità differenti, e VITO, l’Istituto per la Ricerca Tecnologica che occupa oltre 750 scienziati di 20 nazionalità differenti. Non mancano gli impianti pilota per trasformare la ricerca in nuovi prodotti da portare sul mercato: oltre al già citato BBEPP, a Melle è stato costruito il FoodPilot grazie a ILVO, l’Istituto per la ricerca agricola e ittica e Flanders’ FOOD, la piattaforma per l’innovazione dell’industria alimentare finanziata all’80% dal governo fiammingo. Si tratta di un centro di analisi, applicativo e dimostrativo che converte la biomassa – incluse nuove piante dedicate – in prodotti alimentari e non alimentari. 

Frutto della collaborazione con i Paesi Bassi nel campo della ricerca è Biorizon, un centro di ricerca condiviso con un focus sullo sviluppo tecnologico per la produzione di bulkaromatici biobased (BTX) e di aromatici biobased funzionalizzati per materiali performanti, prodotti chimici e rivestimenti. Biorizon, che utilizza la metodologia dell’open innovation, mira ad anticipare la crescente carenza di aromatici da parte dell’industria petrolchimica e coltiva l’ambizione di rendere più verde l’industria chimica belga. Fondatori di Biorizon, che fa parte del cluster olandese Biobased Delta, sono VITO, i centri di ricerca olandesi TNO, ECN (Energy Research Center of the Netherlands) e l’incubatore Green Chemistry Campus localizzato nel sito belga per le plastiche innovative di Sabic, il colosso chimico che ha il proprio quartier generale a Riad, in Arabia Saudita.

 

Il BIG-Cluster

La collaborazione transfrontaliera è alla base dell’azione fiamminga nel campo della bioeconomia. Del resto, Fiandre, Olanda e Renania rappresentano il maggiore cluster chimico europeo. Per questo motivo proprio alcuni attori della bioeconomia dei Paesi Bassi, della Regione delle Fiandre e di quella tedesca della Renania settentrionale-Vestfalia hanno fondato nel 2014 BIG-Cluster, un mega-cluster che punta a fare da cabina di regia per le iniziative sulla bioeconomia attuali e future, con tre leader: FISCH (FlandersInnovationHub for SustainableChemistry) per le Fiandre, il cluster delle biotecnologie industriali Clib2021 per la Renania settentrionale-Vestfalia e la fondazione BE-Basic per i Paesi Bassi. Grazie al suo eccellente posizionamento nei quattro pilastri della competitività – istituzioni, infrastrutture, macroeconomia e istruzione – il mega cluster, conosciuto anche come Anversa-Rotterdam-Reno-Ruhr (ARRR), è da decenni una potenza nell’innovazione industriale nel settore della chimica e oggi punta a mantenere i livelli di crescita economica e di occupazione grazie a una riconversione basata sull’impiego delle fonti rinnovabili. 

 

Le imprese

A testimoniare il grande interesse e impegno della chimica belga nel campo della bioeconomia è il gruppo Solvay, oggi uno dei più importanti player nel settore della chimica da materie prime rinnovabili. La società che nel 2016 ha registrato ricavi netti per 10,9 miliardi di euro sta puntando con forza a costruire un modello di chimica sostenibile per affrontare le sfide ambientali globali. Già oggi vanta un portafoglio con numerosi prodotti di origine biologica, sotto forma di polimeri e materiali, tensioattivi, solventi, monomeri e aromi.

“Stiamo innovando per creare prodotti e processi eco-efficienti grazie alla nostra esperienza nella chimica organica, nella catalisi e nella biotecnologia”, ha dichiarato Sergio Mastroianni, Initiative Leader di Solvay Research and Innovation, lo scorso aprile in occasione dell’evento PlantBased Summit che si è tenuto a Lille (Francia). “I nostri ricercatori in tutto il mondo – ha detto – si concentrano sullo sviluppo dei prodotti con funzionalità senza precedenti da materie prime rinnovabili, in particolare dalle piante”.

“Cerchiamo di sfruttare le caratteristiche specifiche delle biorisorse, dalle quali creiamo nuovi usi per i nostri clienti con la massima efficienza dei costi, riducendo l’impronta ambientale dei loro prodotti”, ha rimarcato nella stessa occasione François Monnet, direttore Chimica rinnovabile di Solvay.

Accanto a un colosso come Solvay si trovano realtà più piccole, come Synvina, frutto di una joint venture tra l’olandese Avantium e il gruppo chimico tedesco Basf. La nuova società, che ha il quartier generale ad Amsterdam, localizzerà ad Anversa, in un ex stabilimento Basf, il proprio impianto per la produzione di 50mila tonnellate annue di acido furandicarbossilico (FDCA) da fonti rinnovabili. Il FDCA è un intermedio chimico essenziale per la produzione di PEF (polietilenefuranoato) e quindi di bioplastiche. 

 

La Vallonia non sta ferma a guardare

Se le Fiandre guidano la bioeconomia belga, la Vallonia non sta comunque ferma a guardare. Nella regione più meridionale del Belgio, a Wenze, si trova il maggiore impianto nazionale per la produzione di bioetanolo di proprietà di BioWanze, una società controllata da CropEnergies AG, che a sua volta fa parte del gruppo tedesco Südzucker. 

Nel 2013 è stata lanciata l’iniziativa CoqVert, una partnership pubblico-privata tra il cluster Green Win, la società per l’attrazione degli investimenti in Vallonia AWEX-ForeignInvestment e Val Biom, l’associazione per la valorizzazione non alimentare della biomassa, in collaborazione con EssensciaVallonia, la federazione dell’industria chimica e delle scienze della vita. 

Attraverso questo progetto, i partner hanno voluto dare una spinta significativa allo sviluppo di una bioeconomia forte e competitiva in Vallonia, incoraggiando nuovi progetti in un settore ritenuto vitale come quello della chimica verde. Nello specifico, l’iniziativa CoqVert ha lo scopo di favorire l’utilizzo di biomasse da risorse non alimentari, come sottoprodotti, residui e rifiuti. Per questo motivo le bioraffinerie di seconda generazione sono al centro di un piano di sviluppo del settore nel lungo periodo. Ma non solo: tra le misure intraprese vi è anche il sostegno a progetti di ricerca e investimento e di formazione. 

“La bioeconomia – sostengono i partner di CoqVert – deve essere parte integrante della politica industriale della Vallonia, data l’abbondante presenza di biomassa non alimentare, le competenze scientifiche di rilievo internazionale nel campo dell’agricoltura, della silvicoltura, della chimica (verde) e dei materiali.”

Il potenziale per lanciare progetti di ricerca innovativi e ambiziosi a supporto della bioeconomia esiste nel più ampio piano di supporto all’economia verde.

Nel 2015 il governo vallone ha lanciato il Plan Marshall 4.0, un piano quinquennale con un budget di 2,9 miliardi di euro che ha individuato cinque aree prioritarie di sviluppo. Tra queste sono presenti la Ricerca e l’innovazione e l’Energia e l’Economia circolare. 

“Un percorso ‘verde’ – lamentano gli attori valloni della bioeconomia – è in corso in tutte le regioni limitrofe: Fiandre, Paesi Bassi e Francia hanno adottato una strategia centralizzata a supporto della bioeconomia”. La Vallonia non vuole restare indietro.

 

 

Vision 2050. A long-termstrategy for Flanderswww.vlaanderen.be/int/europese-unie/en/news/vision-2050-long-term-strategy-flanders

Bio Base Europe Pilot Plant, www.bbeu.org

Biorizon, www.biorizon.eu

 


  

Intervista a Ludo Diels, Project Leader alla VITO

di M. B.

 

La chiave è l’interazione

 

“Le Fiandre hanno l’industria chimica. La Vallonia ha il potenziale delle biomasse e anche alcuni utilizzatori finali interessanti. Quindi, di fatto, c’è una buona complementarietà.” Ludo Diels, Project Leader alla VITO, un’organizzazione indipendente europea leader nella ricerca e nella tecnologia nei settori della tecnologia pulita e dello sviluppo sostenibile che ha sede a Mol (Anversa), parla con Materia Rinnovabile.

 

Quali sono i punti forti e quelli deboli della bioeconomia belga?

“Il principale punto di forza risiede nel collegamento con l’industria chimica. Il Belgio è insieme all’Olanda e alla Germania il più grande cluster chimico d’Europa e tra i primi quattro più grandi cluster al mondo.

L’industria chimica è la più grande industria delle Fiandre e rende forte questa economia. La seconda industria è quella alimentare (minore volume di affari, maggiore occupazione) e anche questa è fortemente collegata alla bioeconomia.

Inoltre il Belgio possiede una potente rete logistica che supporta la regione ARRR (Anversa-Rotterdam-Reno-Ruhr) e può contare su un vivace settore dell’innovazione basato su università, RTO (Research and Technology Organisation), impianti pilota di incubazione di vegetali ecc.

Le Fiandre sono anche state la culla della biotecnologia vegetale e sono l’unico posto in Europa dove ancora esistono attività industriali di biotecnologia vegetale (la maggior parte si sono spostate in USA). Sono il centro dell’economia circolare e della gestione dei rifiuti e hanno diverse aziende che lavorano sulle biomasse ante litteram che si occupano principalmente di sostanze chimiche ad alto valore aggiunto (come Omnichem-Ajinomoto, Oleon, TFC, Lawter).

La principale debolezza sta nella limitata disponibilità di biomasse, sebbene attualmente si stiano osservando flussi secondari che avranno un potenziale. Inoltre il Belgio non ha molte vere bioraffinerie complete: una di queste è la Biowanze. Ma possiede alcuni piccoli impianti per la produzione di bioetanolo e biodiesel.”

 

Quali sono le principali aziende chimiche presenti in Belgio?

“Oltre a quelle specifiche che ho già nominato, ilBelgio ha tutte le grandi aziende chimiche (Covestro, BASF, Evonik, Ineos, Borealis, Lanxess ecc.) che in qualche modo sono in relazione con la bioeconomia. Ci sono anche molte aziende chimiche che si occupano di sostanze chimiche ad alto valore aggiunto (EOC-group, Kaneka, Sumitomo, Allnex) e altre sul lato degli utilizzatori finali della catena di valore, come Derbigum, Beaulieu, Unilin.”

 

Potrebbe spiegarci qual è il ruolo della VITO nell’economia belga?

“Direi prima di tutto che trasferisce i risultati della ricerca accademica all’applicazione per l’industria (approccio generico). Si concentra sulla chimica sostenibile mediante il passaggio a materie prime rinnovabili (biomasse e CO2) e implementando l’intensificazione dei processi. Come Vito riteniamo che l’introduzione della bioeconomia richieda tecnologie più efficienti per fare un passo avanti. La risposta a questo fatto è l’intensificazione dei processi (in particolare integrando tecnologie di conversione e separazione).

Giochiamo un ruolo strategico nell’organizzare e gestire una chimica sostenibile nelle Fiandre (con un forte ruolo nel network Catalisti) e, in questo modo, VITO obbliga al passaggio al livello successivo della bioeconomia. Siamo presenti nelle attività interregionali (Biorizon, BIG-Cluster, Vanguard) ed Europee (ruolo attivo in PPPs BBI e SPIRE) e anche nelle strategie mondiali (Strategia Bioeconomica tra Europa e India).”

 

Il Belgio non ha ancora una strategia nazionale, come non la ha la Vallonia. Mentre le Fiandre hanno una strategia e, soprattutto, hanno importanti attori industriali. Quanto sarebbe importante avere una strategia nazionale e come la bioeconomia belga è influenzata dal divario tra Fiandre e Vallonia?

“Le Fiandre hanno l’industria chimica, la Vallonia ha il potenziale delle biomasse e anche alcuni utilizzatori finali interessanti. Quindi, di fatto, c’è una buona complementarietà. Questo viene già menzionato nella strategia delle Fiandre e anche la Vallonia riconosce questa situazione win-win. Forse non abbiamo bisogno di una strategia belga, ma occorre almeno un approccio integrato. Lo si potrà fare quando la Vallonia avrà una sua strategia. Solo quando esistono due strategie ufficiali può essere ufficialmente creato un collegamento tra di esse.”

 

Quanto è importante la relazione con l’Olanda per la bioeconomia belga?

“Le Fiandre operano in grande collaborazione con l’Olanda attraverso l’ARRR e condividendo una specializzazione intelligente nellabioeconomia. Un buon esempio è Biorizon, il centro di ricerca condiviso sulle fragranze biobased. Un altro è il BioBase Europe Pilot Plant di Ghent collegato al Tracking Centre di Terneuzen.”

 

Come viene percepita la bioeconomia da parte dell’opinione pubblica belga?

“Credo che la percezione non sia molto diversa rispetto ad altri paesi. L’opinione pubblica non è ben consapevole del potenziale per la propria economia e il proprio welfare. In molti casi l’industria chimica viene vista come sporca e i benefici economici vengono sottostimati, anche dal mondo politico. Inoltre, discussioni come ‘cibo vs carburante’, ‘manipolazione genetica’, ‘utilizzo del territorio’, necessitano di una revisione e di dibattito pubblico e politico. La paura di piccoli svantaggi costringe l’opinione pubblica a vivere nell’economia del business-as-usual fondata sul petrolio.”

 

Quali sono le misure vigenti in Belgio per sostenere lo sviluppo della bioeconomia? E cosa andrebbe implementato a breve termine?

“Nelle Fiandre la bioeconomia è ora parte della strategia per l’economia circolare. Inoltre, la chimica sostenibile è uno dei cinque cluster punta di diamante del governo fiammingo per lo sviluppo di future attività industriali. Per sfruttare appieno tutto questo, l’interazione tra i settori va migliorata (chimica e materiali, chimica e cibo). Lo stesso vale per l’interazione a livello nazionale (collaborazione con la Vallonia) e internazionale (collaborazione con Olanda e Germania e diverse altre regioni) e tutto questo in funzione di una specializzazione intelligente.”

 

 

vito.be/en

 


  

Intervista a Monika Sormann, dipartimento di Economia, Scienza e Innovazione (EWI) del governo fiammingo

di M. B.

 

Ai bioprodotti serve un contesto equo

 

“Prima di tutto non possiamo parlare di una bioeconomia belga. In Belgio le diverse autorità – i governi federali, regionali e cittadini – hanno un alto livello di autonomia. Per esempio la competenza sulle politiche per l’innovazione, per l’agricoltura, per la ricerca appartiene quasi esclusivamente alle regioni o alle comunitภmentre quando è necessario un punto di vista belga a livello europeo e internazionale, le autorità ricorrono per il consenso a un sistema di deliberazione ben sviluppato” A dirlo – in questa intervista esclusiva per Materia Rinnovabile – è Monika Sormann, consigliere sulle politiche per la bioeconomia nel dipartimento di Economia, Scienza e Innovazione (EWI) del governo fiammingo. Con lei parliamo di bioeconomia in Belgio e in Europa.

“C’è sicuramente bisogno – afferma – di una struttura normativa che incentivi l’uso di materie prime rinnovabili per la produzione di materiali e di una successiva promozione dei prodotti biobased.”

 

Quali sono secondo lei i punti di forza della bioeconomia belga?

“I principali punti di forza della bioeconomia nelle Fiandre sono stati definiti nell’Industrial Biotechnology Study del KET e in studi commissionati dal governo fiammingo nel 2012 e nel 2016 riguardanti l’industria biobased nelle Fiandre. Ovvero: l’eccellenza nella ricerca nelle università e negli istituti di ricerca, come il gruppo VIB che si occupa di biotecnologie vegetali e lieviti, e Vito per energia e materiali. In aggiunta ci sono centri di ricerca specifici per il settore dei tessuti e della plastica, importanti utilizzatori di grandi quantità di polimeri biobased e prodotti chimici ad alto contenuto tecnologico. Le Fiandre possono contare su forti settori industriali come quello chimico, l’agroalimentare, il tessile e il cartario; su tre porti marini, una fitta rete di strade, ferrovie e canali navigabili e una buona operatività in rete: le Fiandre sono situate centralmente tra Francia, Olanda e Germania, tre regioni forti nell’economia biobased; sulla disponibilità di risorse grazie a un settore agroalimentare molto efficiente e a un alto livello di raccolta differenziata e utilizzo dei rifiuti; sul Biobased Europe Pilot Plant, la Flanders BioBased Valley, sulla piattaforma CINBIOS (per la biotecnologia industriale e l’economia biobased, ndR), e su un cluster per la Chimica Sostenibile. Una nuova politica per il rafforzamento della Smart Specialisation nelle Fiandre ha portato a cluster di eccellenza come Catalisti (chimica sostenibile) collegato alla bioeconomia e Flander’sFood.

Abbiamo anche un gruppo di lavoro trasversale sulle politiche relative alla bioeconomia e un piano d’azione e una strategia per le Fiandre (2013); inoltre una strategia per l’economia circolare del 2016 comprende assegnazioni circolari negli appalti pubblici per accrescere la consapevolezza dei consumatori e sviluppare nuove catene di valore usando i rifiuti come risorsa in vista della riduzione dell’impronta di CO2.”

 

E le debolezze?

“Le principali debolezze sono la scarsa visibilità politica della bioeconomia nelle Fiandre, il fatto che i finanziamenti per Ricerca e Innovazione siano perlopiù piuttosto generici e aperti a tutti i settori; e che i fondi disponibili per valorizzare i risultati delle ricerche attraverso attività pilota o dimostrative (per i più alti TRL, Technology Readiness Level) non sono sufficienti per potenziare questo mercato emergente. Inoltre, c’è bisogno di un contesto equo in cui confrontare i biocarburanti con materiali e sostanze chimiche, e gli stessi biocarburanti con i carburanti fossili, a livello regionale ed europeo.”

 

Qual è il ruolo del Biobase Europe Pilot Plant (BBEPP) nell’economia belga?

“Il BBEPP è stato fondato con l’obiettivo di colmare il vuoto tra la ricerca e la commercializzazione di prodotti biobased. I principali valori sono la sua indipendenza e l’accessibilità. Ha avviato delle partnership con molte importanti aziende e istituti di ricerca nelle Fiandre e in tutta Europa. Economicamente, l’impianto pilota vanta un giro di affari annuo di 5 milioni di euro e ha circa 50 dipendenti. Il BBEPP crea anche occupazione nell’indotto. Nato con i fondi ERDF nel 2009 ha usato gli investimenti pubblici come leva per partire e guadagnare da investimenti privati e da progetti finanziati dall’Ue. Ha sostenuto con successo lo sviluppo della commercializzazione di nuovi processi biobased.”

 

In particolare, può spiegarci qual è il ruolo dell’impianto pilota nel potenziare la bioeconomia e attrarre investimenti dall’estero?

“L’implementazione delle innovazioni biobased è uno sconquasso per le attuali catene di valore, con alti rischi tecnologici, operativi e di mercato.

Gli impianti pilota ad accesso libero come il BBEPP contribuiscono a ridurre considerevolmente il rischio tecnologico per gli innovatori, rendendo disponibile una tecnologia di livello adeguato alle necessità senza che gli innovatori debbano spendere milioni di euro. Il lavoro svolto negli impianti pilota contribuisce a costruire il set di dati necessario a convincere i management, gli investitori o le agenzie di finanziamento a rendere possibili passi successivi.

Inoltre il BBEPP aiuta gli innovatori a trovare i partner giusti per completare la loro catena di valore o fornisce assistenza nell’individuazione di esperti che supportino gli imprenditori riguardo agli aspetti non tecnologici come regolamentazione, IPR, LCA, sviluppo della pianificazione del business ecc.”

 

Il porto di Ghent e il porto di Anversa sono due dei più importanti elementi della bioeconomia belga. Quanto è strategico il sistema logistico nel favorire lo sviluppo dell’economia biobased?

“Entrambi i porti giocano un ruolo importante, ciascuno a modo suo. L’accesso al trasporto marittimo e fluviale delle merci sia dal mare che verso l’interno dell’Europa attraverso canali e fiumi e infrastrutture stradali e ferroviarie ben sviluppate è fondamentale. Il porto di Anversa ospita uno dei più grandi cluster petrolchimici del mondo.

L’industria chimica rappresenta uno dei settori economici più importanti delle Fiandre e del Belgio e ha un ruolo significativoin molte catene di valore biobased. Inoltre, il settore richiede un maggiore uso di materie prime e intermedie rinnovabili nei suoi processi. Anversa ha un’enorme capacità di stoccaggio per i container e circa 300 km di condutture, alcune delle quali possono anche essere usate per prodotti biobased. L’industria chimica punta a diventare più sostenibile, e la collaborazione internazionale con l’Olanda e il Nord Reno-Vestfalia gioca un ruolo importante (Big-Cluster, iniziativa Vanguard ecc.) Recentemente è nata una joint venture tra BASF e Avantium per la produzione e la vendita del polimero biobased FDCA.

Il BBEPP è situato nel porto di Ghent, come anche uno dei più grandi siti per la produzione integrata di biocarburanti in Europa, il cluster di bioraffinerie di Rodenhuizedok, nato da una partnership pubblico-privato nel 2005. Ghent ha scelto di dedicare un ampio spazio alle aziende che vogliono investire nella bioeconomia. Le biomasse vengono consegnate e stoccate in grande quantità per sviluppare zuccheri. Un paio di mesi fa, la Arcelor Mittal si è impegnata a investire nella conversione dei gas C1 in biocarburanti e forse in altri prodotti chimici insieme a LanzaTech.”

 

Quanto sarebbe importante avere una strategia nazionale e in che modo la bioeconomia belga viene influenzata dal divario tra Fiandre e Vallonia?

“In Vallonia Greenwin (il Cluster dell’Innovazione Vallone, ndR) gioca un ruolo importante nella creazione di una bioeconomia.

Il fatto che non ci sia una strategia nazionale non è necessariamente un ostacolo alla collaborazione tra regioni. Poiché non ci sono politiche nazionali per i progetti di ricerca e innovazione in cui la collaborazione di partner delle Fiandre e della Vallonia è obbligatoria, i ricercatori vengono utilizzati per collaborare a progetti dei programmi di finanziamento europei.”

 

Quali misure sono state adottate in Belgio per sostenere lo sviluppo della bioeconomia? E cosa pensa che andrebbe implementato a breve termine? Sia in Belgio che nell’Unione Europea.

“Le misure vigenti nelle Fiandre sono le nuove politiche sui cluster; Catalisti e Flander’sFood sono due cluster di eccellenza legati alla bioeconomia e l’economia circolare basata sul precedente programma di gestione dei materiali ora si è focalizzata anche su biomasse, acqua ed energia. La maggior parte delle misure per il finanziamento di Ricerca e Innovazione sono generiche, ma c’è il supporto alla cooperazione nei programmi dell’Ue, per esempio INTERREG, ERAnet, JPI, Vanguard Initiative, con un programma pilota sulla bioeconomia. Molte misure, come quelle sull’energia sostenibile, sono ideate a livello dell’Ue e adottate nei paesi membri.

Nelle politiche dell’Ue dovrebbero essere previste sinergie più strette tra la bioeconomia (e la sua strategia) e altre politiche europee come regolamentazione dei flussi di rifiuti, CAP, Economia Circolare.

Abbiamo bisogno di finanziamenti più efficaci per gli investimenti in infrastrutture a TRL superiore per colmare il divario innovativo e supportare in tutto il paese dei progetti in impianti pilota.

C’è sicuramente bisogno di una struttura normativa che incentivi l’uso di materie prime rinnovabili per la produzione di materiali e di una successiva promozione dei prodotti biobased. Così questi prodotti potrebbero essere sovvenzionati come le bioenergie, per esempio, sulla base dei loro benefici in termini di emissioni di gas serra, o potrebbero essere inclusi in un programma di ‘appalto pubblico sostenibile’, investimenti obbligatori in azioni e finanziamento del debito nella bioinnovazione, e gli investimenti pilota renderebbero concrete le opportunità di mercato.”  

 

 

www.ewi-vlaanderen.be/en